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Capitolo 6

«Tieni presente che se sei davvero un maniaco, la mia amica sa dove sono e con chi. Ha anche il tuo numero», rispose lei con una minaccia scherzosa.

Alla fine si allontanò dal taxi. Un altro secondo di esitazione e mi porse la mano.

«Va bene, se alla fine dovessi essere davvero un maniaco, ti prometto che non avrai nulla di cui lamentarti», ribattei con aria imperturbabile, stringendo forte la sua mano nella mia, per poi portarla alle labbra e baciarla.

La ragazza ebbe un leggerissimo sussulto. E sorrise di nuovo.

«Non si sa mai chi si dà un passaggio e chi tra quelli che si incontrano è davvero un maniaco», rispose spensierata.

Mi venne voglia di chiederle di diventare la mia maniaca personale. E perché no, in fondo? Attirai la ragazza a me e le sussurrai all'orecchio:

«E cosa mi faresti se fossi un maniaco? O... lo faresti?

Francamente? Sì. Rischioso? Sicuramente. Ma non riuscivo più a trattenere i miei impulsi. E lei... mi provocava continuamente.

«Mmm...», rifletté la mia nuova conoscenza. «Se te lo dicessi, non sarebbe più così intrigante».

«Davvero?» feci l'innocente. «In tal caso, voglio saperlo al più presto», dichiarai già mentre mi allontanavo trascinandola con me. «Ma tieni presente che sono contrario a qualsiasi tipo di legame! A meno che non sia io a legarti...»

E subito immaginò come sarebbe successo. Per poco non inciampò nel cordolo.

«Non capisci niente di maniacalità», disse lei scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

«E tu sì che ci capisci?» ribattei con un sorrisetto. «Beh, allora illumina anche me. Chissà, magari alla nostra prossima riunione potrei sorprenderti anch'io».

In quel momento arrivammo al parcheggio vicino alla caffetteria, tirai fuori dalla tasca la chiave intelligente, sbloccai l'auto e accesi il motore. Una Lexus NX di un blu intenso lampeggiò con i fari non lontano da noi. Mi diressi verso di essa. Prima aiutai la mia compagna a salire nell'abitacolo spazioso, che alla mia domanda non rispose, e solo dopo mi sedetti anch'io.

«Allora, dove andiamo?», chiesi, mettendomi al volante del crossover.

«Ehm...», balbettò la mia passeggera. «A casa. Accidenti... Lungomare, quarantadue!», rise della sua svista.

«Sei una tipa difficile, eh?» osservai con nonchalance.

Mi tolsi gli occhiali e li appoggiai sul cruscotto, poi mi immisi nella strada, inserendomi nel flusso di auto che sembravano sempre avere fretta di arrivare da qualche parte. E cercai con tutte le mie forze di non pensare al fatto che la sua casa non era poi così lontana da quella in cui avevo vissuto un tempo. E in cui, per quanto avevo scoperto, ora viveva mio fratello.

«In che senso?», si stupì la bionda, girandosi verso di me.

«Nel vero senso della parola. Ad essere sincero, non avrei mai pensato che tu fossi dell'alta società», mormorai più tra me e me che per lei.

Ed era vero. Non assomigliava affatto alla "gioventù dorata". Per niente. O forse era solo quello che volevo vedere in lei? Dopotutto, non ci conoscevamo quasi per niente. Non sapevo nemmeno il suo nome. E non ero più sicuro di volerlo sapere.

Mmm...

Sei anni fa sono scappato di casa proprio per liberarmi dall'atmosfera soffocante di un destino imposto, per poter scegliere da solo come costruire il mio destino. Ma eccomi qui, di nuovo, e la ragazza che mi piace appartiene proprio a quell'élite dove non ho amici, salvo rare eccezioni, per non parlare di qualcosa di più. In compenso, i nemici e gli invidiosi abbondano.

«Ah, ecco cosa intendi», disse la bionda con aria triste, intuendo correttamente i miei pensieri sul quartiere che aveva menzionato.

«Non ti piace questa schiavitù, vero?», sorrisi con aria complice.

«Si può dire così», disse lei con indifferenza, voltandosi verso il finestrino.

«Dai, non è poi così male», mi affrettai a tranquillizzarla. «In compenso puoi pagarti da sola il caffè e non impoverire i marines!».

«Questo sì», disse voltandosi verso di me con uno sguardo penetrante e critico. «Argomento valido», annuii con finta serietà. «Anche se, a giudicare dalla tua macchina, sei ben lontano dall'essere davvero povero. Potresti offrire da bere ad almeno un altro centinaio di persone come me».

«La macchina non è mia, è di un mio conoscente. L'ho presa in prestito finché non mi compro una mia. Ma hai ragione, sono uno sposo invidiabile. Vuoi sposarmi? Ti prometto che guadagnerò e pagherò tutti i tuoi capricci da solo, come piace a te», la stuzzicai.

Mi piaceva il suo sorriso. Mi rendeva più luminoso, più caldo dentro.

«Mmm...» mi squadrò con un altro sguardo valutativo. «Invidioso, dici?» sorrise. «Quindi devo anche mettermi in fila?»

«Vedi una fila accanto a me?» ribattei con un sorrisetto, guardando significativamente l'abitacolo vuoto dell'auto e riportando tutta la mia attenzione sulla strada.

«Forse si sono nascosti nel bagagliaio?» disse la bionda allegra.

«Ci mancherebbe, ti nascondo lì dentro, poi ti porto all'anagrafe e ti sposo con la forza, cosa faresti?».

«Godermela?» chiese lei in tono provocatorio. «Con te non ci si annoia mai», sorrise dolcemente, mentre le guance le si coloravano di nuovo di rosso.

E a quanto pare, una ragazza timida è molto sexy!

«Allora ti piacciono le avventure?» chiesi per formalità.

«Forse», sorrise maliziosamente la biondina. «Non l'ho ancora capito», aggiunse più piano.

Non distolse lo sguardo da me. Al contrario. Cominciò a guardarmi in modo molto più esplicito e senza nascondersi, mordendosi pensierosa il labbro inferiore.

Accidenti! È solo uno sguardo e mi sto comportando come un ragazzino innamorato!

Sentivo il sangue addensarsi fino a diventare denso come un budino. Era un paragone stupido, ma non riuscivo a trovare un altro modo per descrivere quello stato di totale paralisi. Era come se il tempo stesso avesse rallentato.

«Allora bisogna capire», risposi, senza sentire la mia voce a causa del cuore che batteva forte nel petto, e svoltai nella direzione opposta rispetto agli edifici che cercavamo.

Alla fine, era stata lei a volere l'avventura!

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