Libreria
Italiano
CapitolI
Impostazioni

Capitolo 5

Mi sorpresi a guardarla con ammirazione. Guardavo i suoi occhi verdi e non riuscivo a distogliere lo sguardo. E no, niente fantasie romantiche. Nella mia testa balenarono le immagini più oscene di lei che mi guardava allo stesso modo, in ginocchio, mentre io le infilavo con piacere il mio cazzo in bocca. E lei gemeva così piano quando lo spingevo particolarmente in profondità.

«Qualcosa di più appartato», dissi a voce appena più alta della sua.

E la mia voce era vergognosamente rauca, tradendomi completamente. Per fortuna, la ragazza sembrava non aver notato nulla. E anche se l'avesse notato, non ci avrebbe dato peso. Chissà come avrebbe reagito se mi fossi alzato dal tavolo in quel momento? Difficilmente i jeans sarebbero riusciti a nascondere completamente la mia reazione nei suoi confronti.

«E quanto è appartato?» sorrise.

Mi sembrò che l'aria mi fosse stata tolta dal petto. Il sorriso le aveva trasformato i lineamenti in modo troppo evidente. Era già troppo carina, e con quelle fossette sulle guance paffute... mi sentii un vero pervertito. Ma questo mi aiutò a riprendere il controllo e a scacciare i desideri inutili.

«Abbastanza da permettermi di sedurti senza temere che qualcuno ci disturbi», disse lui, raddrizzandosi.

«Allora sei sicuramente un maniaco», sentenziò lei.

Non tolse i gomiti dal tavolo. Solo uno, quando gettò indietro i capelli sciolti. Premette la guancia contro il palmo della mano, inclinando leggermente la testa e guardandomi con evidente curiosità.

«Quanti anni hai?», le chiesi invece di rispondere, inclinando anch'io la testa di lato.

«Ventidue», rispose. «Non sei riuscito a capirlo dalla taglia della mia biancheria intima e dal mio taccuino?», aggiunse con tono sarcastico.

«Allora non sei un maniaco».

«Allora sono quasi pronta per aggiungere al mio cappuccino anche una fetta di cheesecake», disse la ragazza. «Con caramello, per favore», disse rivolgendosi alla cameriera che era tornata con la sua ordinazione.

La cameriera posò la tazza con la bevanda calda e annuì comprensiva, dirigendosi verso il dessert.

«E tu? Quanto?» mi chiese di nuovo la mia interlocutrice, concentrandosi su di me. «Ho visto una foto sul ponte della nave».

«Ventotto. Di questi, sei anni dedicati al servizio nella marina militare. Ho anche una laurea in economia. Qualcos'altro?» sorrisi bonariamente.

«Mmm...» rifletté lei. «E lì, nella marina militare, insegnano a tutti voi a determinare le forme femminili dai vestiti?» Si tolse il cappotto e si mise più comoda sulla sedia.

Involontariamente, il mio sguardo si posò sul seno nascosto da un maglione sottile. Il tessuto rosa non era troppo aderente, ma questo non impedì alla mia immaginazione di disegnare un'immagine corrispondente. Avrei voluto chiederle di spogliarsi. Per assicurarmi di avere ragione.

«No, l'ho imparato ai tempi dell'università. Consideralo un mio feticcio personale. Quindi la marina non c'entra niente», disse strizzando gli occhi maliziosamente. «Anche se adesso ci sono così tante imbottiture nei vostri reggiseni che a volte, dopo averli tolti, viene voglia di scappare dalla ragazza verso il nord più estremo», sospirai con finta tristezza.

La ragazza aggrottò la fronte. Tuttavia, un secondo dopo, la sua risata squillante si diffuse in tutto il caffè.

«Poveri ragazzi», disse tra le risate. «È dura per gli uomini al giorno d'oggi».

«Beh, il seno va ancora bene», risi anch'io. «Uno dei nostri ragazzi una volta si è imbattuto in una ragazza appetitosa, e lei non solo aveva il vostro push-up, ma anche delle imbottiture sul sedere per farlo sembrare più rotondo. Ha continuato a evitarla per diverse settimane».

Ora rideva apertamente.

«E come si fa ad amare qualcuno non per il suo aspetto fisico?», non si calmò subito. «Io, per esempio, non ho niente di speciale. Ma forse sono una strega con un carattere difficile? Ti stregherò e sarà la fine per te!», rise di nuovo.

Come se per farlo avesse davvero bisogno di fare qualcosa. Con uno sguardo e un sorriso può attirare chiunque. Se ha colpito persino me, che sembrerei impossibile da stupire.

«Pff... che anima, quando dopo lunghi giorni di lavoro si desidera solo una cosa?», scherzai ad alta voce.

«Ma certo», disse la mia compagna smettendo di sorridere. «Ci mette un po' troppo per prendere il cheesecake», mormorò alzandosi e dirigendosi verso il bancone del bar, dove c'era una parte dedicata ai dolci.

«Non sono romantico, vero?», osservai quando tornò, indovinando facilmente il motivo del suo cambiamento d'umore. «Non ho avuto modo di impararlo, che ci posso fare?», dissi con un gesto delle mani. «Da ventidue anni servo la patria senza risparmiarmi. E all'università... non ci pensavo nemmeno», le sorrisi con sincerità. «Non c'era nessuno che potesse insegnarmi questa scienza».

«L'onestà è una buona cosa», mi guardò con aria seria. «Molto meglio che quando gli uomini prima ti raccontano frottole e poi sei tu a doverne pagare le conseguenze».

— Anche molte donne amano ingannare. Qui dipende dalla fortuna — concordai con lei a modo mio.

«Potresti anche andare in convento», disse con un ghigno, mettendo mano al suo cheesecake.

«Ma no!», mi dissi, rifiutando categoricamente un passo del genere. «Non ho ancora fatto nemmeno un figlio! Che convento?».

«Maschile. Quale altro?» chiese la bionda spalancando gli occhi e girando la forchetta. «E comunque parlavo di me. Non di te», disse con un occhiolino, e inghiottì con gusto un pezzo di dessert.

Cosa avevo detto riguardo alla mia erezione?

Non era affatto duro!

Deglutì involontariamente insieme a lei e si affrettò a voltarsi verso la finestra, dietro la quale era diventato visibilmente buio. Per strada camminavano donne, uomini, bambini, animali, passavano macchine, nevicava, i lampioni erano accesi... Pensava a tutto tranne che alla donna seduta di fronte a lui.

Doveva andarsene prima di fare qualche stupidaggine.

A quanto pare, non ero l'unico a pensarla così.

«Devo andare. La mia matrigna è già arrabbiata perché non sono andata dove voleva lei, ma qui», sospirò la ragazza.

«Sì, anch'io, in fondo», le diedi ragione. «Ti accompagno?».

Ho fatto la domanda e subito dopo mi sono dato mentalmente uno schiaffo. Solo un attimo prima pensavo di andarmene, e ora sto cercando di trattenerla con me.

Ma che idiota!

Ma era piacevole chiacchierare con la biondina, nonostante la sua età. Era da tempo che non ne incontravo una così. Semplice e aperta. Senza pretese, nonostante il suo aspetto e la sua importanza. Autentica, forse. O forse vedevo solo ciò che non c'era.

«Prenderò un taxi. Abito lontano da qui», sorrise la mia interlocutrice, prendendo il cappotto e mettendoselo sulle spalle. «Se è solo per il taxi», aggiunse un po' imbarazzata, raddrizzandosi e lasciando alcune banconote sul tavolo.

Io mi limitai a sospirare. Ma non discutetti. Gettai la mia parte accanto a lei e, gettandomi il cappotto sulle spalle senza abbottonarlo, mi diressi verso l'uscita, senza dimenticare di prendere le nostre borse.

«O anche questo ti obbligherà a qualcosa?», si fermò a metà strada e precisò per sicurezza, indicando il carico.

Non si sa mai...

La risposta fu un altro sorriso.

Non disse nulla.

Neanch'io insistetti oltre, mi limitai a tenere aperta la porta per farla passare, ricevendo in cambio un altro sorriso imbarazzato. Ero tentato di chiederle con chi frequentasse davvero, perché gesti così normali le provocassero reazioni così strane. Ma anche in questo caso rimasi in silenzio, decidendo di non mettere la ragazza più in imbarazzo del necessario. Solo quando arrivammo al taxi, mentre le porgevo la borsa, le chiesi di nuovo:

«Vuoi che ti accompagno?»

I suoi occhi verdi riflettevano la sua confusione. Guardò pensierosa prima l'auto in attesa e l'autista, poi me. Era chiaramente indecisa, ma non riusciva a decidere. Sorrisi involontariamente e scossi la testa.

«Va bene, prendi il taxi. Ma poi fammi sapere quando arrivi a casa, ok? Così so che è tutto a posto», decisi di cedere e non insistere, scacciando da me un leggero senso di delusione.

In fondo volevo davvero trattenere la ragazza, ma non potevo mica costringerla! Era così timida. Avrebbe potuto pensare che fossi davvero un maniaco.

«Va bene», annuì lei.

Ma non salì in macchina. Rimase lì a guardarmi, con la testa china, mordendosi il labbro inferiore e stringendo tra le mani le cinghie della borsa. E io non riuscii a trattenermi. Le avvicinai la mano e le accarezzai la guancia, soffermandomi leggermente su una fossetta appena visibile, poi feci scivolare le dita sulle labbra, sfiorandole quelle inferiori. Pensavo forse in quel momento di poterla spaventare con le mie azioni? Assolutamente no. Tutto ciò che contava era quella bocca leggermente socchiusa e invitante, che avrei voluto baciare per sciogliere finalmente il nodo che mi stringeva lo stomaco dal momento del nostro primo incontro. E non resistetti.

«Dai, bambolina, te lo prometto, non ti obbligherò a niente», le sorrisi. «Ti do solo un passaggio e poi me ne vado. Un appuntamento romantico, va bene, non ti chiamerò nemmeno», aggiunsi in tono provocatorio, quasi sottovoce.

Scarica subito l'app per ricevere il premio
Scansiona il codice QR per scaricare l'app Hinovel.