Capitolo 3: vecchiette invadenti
Pov’s Sherille
Dopo due orette ho arrestato la mia corsa e mi sono accomodata a gambe sovrapposte su un muretto opposto al mare. Ammiro lo spettacolo mozzafiato che mi si para dinanzi e mi riporta alla memoria un ricordo di estrema importanza: io e mia madre quando evadevamo da quella casa degli orrori e ci convogliavamo verso il litorale. Rammento la piacevole sensazione di tuffare i piedi nudi nella calda e morbida renella, il profumo della salsedine che inalavo e il vento mi scarmigliava i lunghi capelli ricci. La calda e soave voce della mia mamma mi rilassava, le sue candide, magrissime e affusolate dita vezzeggiavano il mio viso, così asciutto e scarno. Serro gli occhi, per pregustarmi il dolciastro turbinio dei ricordi..
C'è la mamma. Va tutto bene. Mio padre è scantonato. Sono viva. Lei mi afferra tra le sue braccia e ballonzoliamo per la cucina. "Sherille tu diventerai qualcuno di importante sei sprecata per questo posto, mia principessa ribelle come i suoi capelli" mi sussurra baciandomi il naso, la cucina inizia a girare e il ricordo sfuma in una nuvola grigiastra. nuovamente in riva, ho quattro anni e il mio spirito guida mi sta istruendo nell’arte del nuoto... Ridiamo, sprizzandoci a vicenda come una vera e propria famiglia felice... Peccato che non è mai stato così...Avvertiamo un fischio che ci fa voltare in contemporanea: il sibilo proviene da un’auto e all’interno scorgiamo mio padre con il suo solito piglio da ubriaco e tossicomane che sbraccia incitandoci ad entrare nella vettura. "Sherille continueremo la prossima volta, va bene, amore?" mi ripone un amorevole bacio sulla fronte e in risposta, io, le riservo un dolce riso... All'improvviso la scena si dilegua in qualche antro remoto della mia psiche.
A soli cinque anni, il buio era il mio migliore amico e salvatore, lui mi accoglieva tra le sue braccia portentose e spesso mi ritrovavo a desiderare che, il mostro tanto temuto dagli altri bambini, mi inghiottisse ponendo fine alle mie sofferenze... Da quando schiudevo gli occhi alle prime luci dell’alba provavo paura, non per me,ma per la mamma: la tensione, quando lui faceva ritorno nella nostra minuta dimora , la sua andatura scoordinata mi provocava la tachicardia, il battito accelera esponenzialmente mentre ambivo in un infarto... La mia sagoma riflessa sul terreno nelle ore antimeridiane era la mia migliore e fedele amica tant’è che le avevo dato un nome: Solitudine...
La mia infanzia è stata orribile, non che il resto sia stato migliore, ma in qualche modo si deve pur andare avanti no?
Mi ritrovavo troppo spesso a benedire Solitudine per essere sempre tornata, per non avermi mai abbandonata e del non avermi mai allontanata come facevano gli altri bambini.
La notte mentre Solitudine rincasava, guardavo fisso il soffitto, ammuffito, del mio stanzino che i miei genitori erano soliti chiamare cameretta e mormoravo: "Dio... La mamma dice che esisti... Che ci ami... Allora perché non mi prendi come tuo angelo e lasci la mia vita a qualcuno che la vuole veramente."
Lo ripetevo tutte le notti fino al giorno in cui ho capito che Lui non ti ascolta e mai ti ascolterà: potrai struggerti e singhiozzare ma Lui sarà lì ad osservati, a scrutare come la vita annienti una bambina. Totalmente indifferente analizzerà le atroci azioni che hanno in seguito provocato le cicatrici Ferite,che disprezzo con tutta me stessa e fanno malgrado parte del mio passato. Ecco a voi il magnificente Dio misericordioso non altro che un negligente citato dagli uomini per il semplice bisogno di credere in qualcosa… Il mio passato mi ha portato a odiare il mare, il costume, la spiaggia, tutto a causa delle vistose cicatrici che mi sono rimaste tatuate sulla pelle.. .
Viene inibita la consecuzione del mio stato di narcosi a causa del sopraggiungere di una mano, pallida, sulla spalla, per il disorientamento provato in precedenza, balzo dal rimescolamento voltandomi verso il proprietario dell’organo tattile. I suoi occhi… sono così ravvisabili ma al momento non riesco a ricondurli a nessun nome o viso. Senza proferire parola si accomoda al mio fianco, il suo corpo torreggia sul mio, provocandomi un tenue disagio.
“Giornata no?” domanda il ragazzo, ad ogni sua parola, cenno e smorfia mi lascia una sensazione di averlo già conosciuto, fino a quando uno sprazzo di ragione illumina la mia memoria, trascinando dall’oblio un cognome: Ivan’kov, stirpe di mafiosi, i più brutali per l’esattezza. Notando il mio piglio zibaldone tra parapiglia e sgomento, si rizza in piedi seguendo il mio esempio “Non sono io, spesso mi confondono con Ioann Ivan’kov, ma in realtà sono un semplice ragazzo di periferia dell’est che si è aggiudicato un viaggio culturale” il suo tono confidenziale e il suo piglio armonioso e bonario non ha nulla a che vedere con la famiglia mafiosa, solita a conservare sia un tono stoico sia un cipiglio perenne.
Pov’s Ioann
Stamane avevo la necessità di eseguire un'escursione per la città di Melbourne. Mentre passeggiavo con la mia solita andatura rapida, noto, in lontananza, una ragazza, accomodata a gambe incrociate su un muretto dinanzi al mare. Approssimandomi a quel muretto a causa della mia passeggiata, scruto il suo volto ed esso mi riporta alla mente la stravagante ragazza di ieri. Arresto i miei passi, e con la curiosità di rinvenire qualcosa su di lei mi accosto al suo corpo. Ella sgrana gli occhi percependo una presenza e con tranquillità iniziamo a dialogare.
Ad interrompere il nostro colloquiare, è il mio telefono che squilla, bruscamente, comportando un mutismo da parte di Sherille, mi pare che chiama così. Accetto la chiamata appena noto il mittente: Aleksey.
“Kuda ty propal, idiot?” (=Dove sei finito, idiota?)
“YA na nizkoy stene razgovarivayu s devushkoy, a tochneye s devushkoy” (=Sono su un muretto a colloquiare con una ragazza o meglio la ragazza”
“Prezhde chem on stanet detskim pitaniyem, on shchelkayet v otele, kotoryy nam nuzhno pokinut'” (=Prima che diventi un omogeneizzato per bambini, scatta in hotel, dobbiamo ripartire”.
Dopo la sua avvisaglia saluto la ragazza e mi dirigo nella destinazione ingiunta da Aleksey.
Pov’s Sherille
E’ trascorso un anno dal viaggio in Australia e la solita monotonia, di cui non mi pento, è tornata.
Sono le otto del mattino, la mia sveglia trilla, brutalmente, sbrindellando un dolce sogno. Se avessi l’opportunità di poter selezionare una legge, sicuramente sarebbe quella di abolire questi oggetti progettati dal demonio cristiano. Mi rizzo, inducendo le mie gambe a trasportarmi fino all’armadio. Una volta giunta, inizia la mia opera di vaglio. Prediligendo abiti comodi, mi abbiglio rapidamente e con una quantità esigua di trucco, il mio ‘outfit’ è ultimato. Artiglio, celermente,la borsa, gli occhiali e il nuovo telefono, acquistato dal reo che ha scagliato il vecchio giù per una scogliera australiana. . Esco serrando a chiave l’uscio del mio appartamento, per poi pervenire dinanzi all’enorme palazzina, dove risiede la signora Daphneis. Trillo al suo citofono e in meno di un secondo, il suo viso paffuto fa capolino fuori dalla finestra."Oh cara, come stai?" domanda con il suo solito fare garbato,"Tutto bene signora, lei ha bisogno di fare compere? Sto per giungere al supermarket ed è meglio non affaticare il suo debole cuore" come risposta positiva alla domanda mi dedica un caldo sorriso.
Lei è una vedova ottantenne, e risiedendo in un paese abbandonato dalla mano di Dio, è una ficcanaso pettegola, ma a differenza delle altre acide, lei è dolcissima fin troppo per siffatto paese. Dalla finestra mi cala un foglio dove è annotato ogni guisa da comperare, seguo, poi con le altre dame quando la signora Daphneis ammicca: “Sei una ragazza d’oro, come fai a non essere ancora maritata.” Quest'affermazione mi infastidisce abbastanza’: pare che desiderino ardentemente vedermi sposata a diciannove anni con dieci bambini intorno.
"Perché non ho bisogno di un uomo o di una donna per realizzarmi, ci sono io e basta" rispondo piccata.
"Ma insomma io voglio tenere i tuoi minuti pargoli mentre vai a lavoro, torturare le loro guanciotte e lì vizierò come se fossi io la loro nonna." Io per i bambini provo una repulsione e un’inquietudine paradossale: quei piccoli esserini che respirano si muovono e sorridono...
"Un’unica regola persiste nella mia misera vita: No ai bambini” ribatto sorridendo sorniona.
"Sherille, insomma: io ho partorito dieci figli! A proposito un mio nipote vorrebbe fare la tua conoscenza ha dichiarato apertamente la sua ossessione per te". Ed ecco che subito provano a farmi fidanzare con un loro nipote: riescono a raggiungere livelli esponenziali di petulanza tanto da farmi supplicare l’universo di mandarmi qualcuno che mi faccia eclissare da questo paese pettegolo . Agguanto le altre liste della spesa con tanto di dedica dai nipoti, e sospirando pesantemente, mi dirigo verso l'alimentari.
Pov’s Aleksey
Pervengo in un paesino o meglio i miei fratelli mi hanno obbligato a giungere in questo posto sperduto e eclissato dalla mente di qualunque divinità anticipandomi solamente che ci fosse un evento imperdibile per me. Esco dalla macchina, non particolarmente convinto, e la prima cosa che noto è una ragazza... Riccia... Occhiali... Lei!
La riccia, la mia ossessione negli ultimi dodici mesi l'ho bramata così tanto, da ricercare solo il suo sguardo fra le persone.. Ha le mani ricolme di buste, e mentre cammina con un passo deciso, gli si avvicina un ragazzo: "Ei Sherille". In risposta lei ruota gli occhi. “ama proprio fare conversazione” medito analizzando, da lontano, la scena.
"Le buste sono ponderose, dalle a me" ritenta, nel vano tentativo di fare il gentleman ma a quanto pare non sconvolge quella testolina strabordante di pensieri ; difatti scuote semplicemente la testa emettendo un lieve sospiro e continuando imperterrita per la sua strada.
"Le buste sono troppo pesanti per una ragazza". Lei a quella frase, come se fosse Cerbero in persona, arresta la sua andatura celere e lo scruta con un cipiglio severo. Fortunatamente gli sguardi non possono fulminare altrimenti di costui non sarebbe rimasta neanche la cenere.
"Se entro due secondi non evapori dalla mia vista, , ti giungerà da parte mia un calcio così forte, nel luogo tanto tenuto in considerazione da voi uomini, che inizierai a dubitare della tua sessualità. E osa nuovamente a proferire quella frase e saggerai la terra del cimitero"
La mia pancia viene percossa da una repentina risata che comporta le lacrime agli occhi. Continua a camminare per poco e in seguito lascia una delle buste davanti ad una porta.
"Oh, Sherille, ti sei imbattuta nel il mio undicesimo nipote” latra, dalla finestra una donna dai capelli rossi sulla sessantina mentre.
Sherille le rivolge uno sguardo cordiale "Quanti altri nipoti ha?" domanda speranzosa.
"Oh era l'ultimo della tua età... Mi rassegnerò all'idea che non avrò come nuora una ragazza splendida come te." Risponde con un ghigno infastidito sul volto anziano.
La riccia gioisce trionfante a quell’affermazione. Poi emigra i verso un'altra palazzina a mollare altre buste.
"Sherille ancora libera?" domanda vagheggiando un'altra signora. “Perché tutti vogliono vederla sposata?” Medito a causa di tutte quelle domande.
"Come l'aria signora Finn, arrivederci" risponde Sherille liquidandola celermente e proseguendo per la sua strada fin quando non incrocia un uomo sulla settantina che si priva del cappello dal capo, rivolgendogli un garbato inchino, nel tempo in cui ella percorre il vicolo. "Buongiorno anche a lei Signor Finn" lo saluta lei arridendo cordialmente, senza soffermarsi più del dovuto sulla sua persona. La sua voce è così soave.
Dopo alcuni minuti finalmente posa l'ultima busta della spesa. "Allora, quando arrivano i miei nipotini, ci sono tanti bei giovanotti e l'unico che noto immettersi in casa tua è Riccardo" domanda esigente un'altra signora affacciata alla finestra. “Vorrei avere la pazienza della riccia” commento a bassa voce la scena. "Quante altre volte dovrò ripeterlo signora? Io odio i bambini in quanto mi incutono terrore! Detesto anche il genere maschile dunque il mio futuro è chiaro: morirò zitella ma pur sempre libera come il vento e nessuno oserà impormi cosa dovrò farne della mia vita!” Bercia irosa ed infastidita dalle continue chiacchiere che aleggiano nel vicolo.
Ho atteso questa reazione da una buona mezz'oretta e devo ammettere che il carattere lo ha quando lo vuol tirare fuori.
"Ora signora Daphneis se posso, mi dirigo a lavoro che sono già in estrema mora, arrivederci" Conclude decisa, ma l’unica cosa che riesco a meditare è come farla mia. “Libera come l'aria certo... credici Sherille. Sarai mia ora.”. Sussurro senza scollare gli occhi dalla sua figura.
