CAPITOLO 2
Passavo le mie giornate da marito, chiuso in un ufficio per portare avanti le mie aziende del sesso, per poi tornare a casa e baciare l'unica donna che abbia mai avuto veramente ogni singola parte di me. Rebecca era stata sempre presente, mi aveva sostenuto, mi era stata accanto anche dopo che io l'avevo picchiata e fatta andare in ospedale. Non mi perdonerò mai per questo, non lo farà mai neanche lei. Però ero riuscito a sposarla, a farla mia, e anche se dopo quella notte di passione, la prima da sposati, ce n'erano state altre, quella la ricorderò per sempre perché è stata la più bella; la nostra storia era iniziata in una casa del sesso ed era finita il giorno del matrimonio, perché quel giorno per me, la mia villa, si era trasformata nella casa dell'amore.
Non credevo possibile ritrovare la voglia di amare, e avevo sempre pensato che anche se lei non mi avesse mai fatto del male, glielo avrei fatto io non avendo più voglia di lei, non volevo toccarla perché era stata marchiata da mio padre, perché se l'avessi toccata l'avrei respinta come facevo con ogni cosa bella e poi, nonostante ella portasse in grembo il figlio di un abuso, fatto da mio padre, io la presi e la feci mia, e fu in quel preciso istante che cominciai a capire che mai avrei lasciato quella donna in balia di un altro uomo, soprattutto mai avrei permesso che lei non scegliesse me. C'erano voluti anni, prove d'amore sufficienti a farla ricredere, regali, la distanza, e poi quel giorno, che invece di un sì, aveva risposto un per sempre. Diversa, sempre, da chiunque, si incastrava perfettamente con ogni parte di me e come potevo fare a nascondere a me stesso l'amore che provavo?
Non mi faceva paura nulla al suo fianco, ma lei vicino al mio, di fianco, sapevo che non sarebbe mai stata tranquilla o felice al massimo, era quello che pensavo dato il mio lavoro, i nemici che mi ero creato e anche se a lei dicevo che andava tutto bene, c'era qualcosa che dentro di me mi faceva disperare perché sentivo di stare mentendo ancora. Avevo cancellato la persona che ero, anche se gestivo comunque e come avevo sempre fatto, delle case del sesso, ma io, Seth Dominic McCartney, quanto a lungo avrei potuto rimanere la persona che ero diventato? Mi piacevo, ero migliore, ma chi nasce tondo di certo non può morire quadrato. Quanto a lungo avrei mantenuto le mie promesse fatte davanti a quei meravigliosi occhi? Certo mi sarei impegnato, ma se l'avessi fatta soffrire ancora? Se non potevo darle quello che voleva? E se un giorno sarebbe svanito tutto?
Chiederle di sposarmi era stata una scelta di bisogno, avevo bisogno che lei stesse nella mia casa, che lei la sentisse sua, avevo bisogno di lei la mattina, avevo bisogno di sentirla respirare, gemere ad ogni mio tocco, parlarle e confidarle quello che pensavo, e quando ho avuto tutte queste cose, non sentivo il bisogno di altro nella mia vita se non di lei; tutto troppo bello e perfetto per crederci così tanto, e questo cominciava ad essere un problema per me. Renderla felice era tutto ciò che volevo, la mia disperazione più grande era vederla accanto ad un uomo che di felicità non ne sapeva neanche il minimo significato. L'amavo più di me stesso, e l'amore a volte rende succubi, rende ciechi e lei era cieca dinanzi a me; avrei potuto dirle che un sasso veniva dalla luna, e lei lo avrebbe creduto, e c'era una cosa che lei non sapeva, che mai le avrei raccontato, uno dei miei segreti più reconditi, il segreto che probabilmente, avrebbe posto fine alla nostra storia, segreto che oltre me non sapeva nessuno se non mio padre. Non lo aveva neanche accennato quando al processo, lo accusai davanti a tutto il mondo, sapevo che non aveva prove contro di me, era la sua parola contro la mia, parola che non poteva essere messa in discussione dopo che contro di lui c'erano prove sufficienti a condannarlo per la vita.
Era quello il peso che avrei dovuto portarmi dietro per tutta la vita, guardare la donna più bella ed intelligente che avessi mai conosciuto e sentire che per lei ero tutto, tutto ciò che aveva sognato da bambina, magari un principe azzurro diverso, ma l'amore che provava per me era immenso. Come avrei potuto non sentirmi così male nel pensare che nascondevo proprio a lei l'errore dei miei anni passati? Eppure se le avessi detto anche quello, sapevo che non mi avrebbe lasciato, ma dirglielo avrebbe significato che una parte di lei, che volevo con me, non sarebbe mai tornata, e se già in fondo al suo cuore, per me provava anche odio, con quella rivelazione avrei portato il suo amore ad un livello minimo e non lo volevo; ero egoista, e pensavo che se per quei lunghi sei anni avevo saputo mantenere zitta la mia coscienza allora avrei saputo fare altrettanto per altrettanti anni, oppure per tutta la vita ma la situazione si era complicata quando il giorno del mio matrimonio, avevo dovuto mentire davanti a Dio e davanti a lei, dicendole che mai e poi mai, avrei mentito ancora. Ecco, non ero mai stato uno di quelli che sapevano dire le cose con naturalezza, ad ogni parola davo un peso ed una misura, non le avevo neanche detto che quel giorno, passando a trovarla al convento, sapere che lei aveva riconosciuto la mia voce e per questo aveva ricominciato a vivere, avevano fatto di me l'uomo più felice al mondo.
La guardavo dormire e mi sentivo un verme, lei aveva fatto di tutto per me, per mia sorella, aveva reso me una persona nuova e aveva ridato la gioia ad Hanna, che ora amava Drew, il fratello di Rebecca, e non aveva paura più di nulla. Ero contento che lei avesse portato tutto questo nella mia vita, ma era giusto che io la stessi portando nell'inferno più totale? Lei non lo sapeva, sapeva sì che nulla sarebbe stato facile nello sposare uno come me, ma non sapeva fino a che punto io riuscissi a farle del male, e più la nostra vita insieme continuava, più sentivo il peso di quel segreto recondito. Un giorno o l'altro, mi dicevo, un giorno o l'altro scoppierà tutto, le scoppierà in faccia quello che ero stato realmente prima di conoscerla, prima delle case del sesso, quando la mia mente aveva preso il possesso del mio corpo, quando ero uguale a mio padre e non sapevo come fermarmi. Prima ancora di Sophie. Un'altra storia, un altro passato, e Rebecca dormiva tranquilla affianco a me, desiderandomi proprio come io desideravo lei, ad ogni ora del giorno, ogni secondo, e non la desideravo solo carnalmente, ma in tutto ciò che sapeva essere, con l'unica differenza che lei si era smembrata per me, aveva raccontato ogni suo dettaglio all'uomo che secondo lei meritava tutto quell'amore, si era fatta viaggi mentali risalenti alla sua nascita pur di essere completamente sincera ed io no, io avevo tenuto nascosto ancora qualcosa.
Non era stata Sophie a rendermi meschino ed inerme alle donne, Sophie aveva solo dimostrato che non ero capace a dare amore, felicità, serenità, Sophie non viveva nel mondo della favole, sapeva chi ero, anche se non del tutto neanche lei, ma sapeva che ero cattivo, che sapevo essere violento, che mai avrebbe potuto dare la sua vita ad uno come me, ed inconsapevolmente, ero stato proprio io a far cadere nella trappola del mio vissuto, la bella moglie che mi aveva aspettato su una panchina per anni. La mia mente era contorta, non sapevo neanche io fino a che punto, ma lo era, e al peggio non c'è mai fine.
Lavorando poi conobbi una giovane ragazza, fu proprio in quel preciso istante che capii che un'altra bufera sarebbe entrata nella famiglia McCartney, le assomigliava troppo per non averci nulla a che fare, sebbene io non la ricordassi, sebbene io non avessi ricordi vivi di quella donna e l'avessi vista solo in foto, sapevo che quella ragazza aveva a che fare con me più di quanto potesse sapere.
Io: "Salve"
Serena: "Salve, signor McCartney, mi chiamo Serena Lopez, sono venuta qui da lei per chiederle un lavoro, di qualsiasi genere, s'intende"
Io: "Sei molto giovane"
Serena: "Bè ho ventitré anni, non molto giovane per quel tipo di lavoro che sta pensando, ho le mie esperienze, ma come le ho già detto, va benissimo qualsiasi tipo di ingaggio"
Io: "Assomigli molto a qualcuno di mia conoscenza"
Serena: "Forse ha conosciuto mio padre, è morto un anno fa, ma prima faceva affari, bè ecco, con il suo di padre"
Io: "Nulla di buono allora"
Serena: "Fino a prova contraria, il suo è in prigione, il mio è morto per cancro, ma allora...questo lavoro me lo dà oppure no?"
Io: "Wow! Farà da mia assistente personale, quella che è andata via due giorni fa è incinta e ne stavo proprio cercando un'altra, inizierà domani alle 7:00, crede di farcela?"
Serena: "Sono determinata signore, certo che ce la farò. A domani"
Così somigliava proprio a lei, tant'è che dovetti trovare un'altra sistemazione a Lucia per dare lavoro a Serena, così impressionato che dovetti subito fare qualcosa.
Io: "Valerio, fammi delle ricerche approfondite su Serena Lopez, l'ho appena assunta, ti mando il suo curriculum, fai in fretta, comincia da domani, quanto ti servirà?"
Valerio: "Ti chiamo non appena so qualcosa"
Quando tornai a casa Rebecca dormiva già, aveva freddo e aveva oltre il piumone una sorta di plaid sopra, trovato non si sa dove, e guardandola, sospirai e le diedi un bacio sulla fronte. Quella sera non dormii vicino a lei, e fu la prima di tante sere, sere nelle quali non sentivo di meritare tutto quell'amore che lei riusciva a darmi, sere di inferno, proprio quello che meritavo.
