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Memorie 3

Jacob passò il resto della serata in un angolo del giardino da solo. Aveva visto la ragazza andare via e salire su un’auto, probabilmente di un parente che era venuto a prendere lei e le altre ragazze. Si sedette sulla panca a dondolo. Prese una sigaretta dalla tasca della giacca e l’accese. Inspirò profondamente. Espirò emettendo un piccolo cerchio di fumo.

- Jacob, è tutto a posto? – Steven lo guardò e si sedette di fianco a lui.

Jacob annuì.

- Senti ma, la ragazza mora… -

- Ah quella bomba sexy con cui stavi parlando? –

- Se così si può definire… -

- Dev’essere una compagna di classe di James. L’ha invitata lui e lei ha detto che avrebbe portato anche le sue amiche. Le hai viste? –

Jacob scosse la testa.

- Non ci ho fatto caso. –

- Ma come! Quelle due che sembravano sorelle. – Vincent si inserì nella conversazione e si sedette dall’altro lato.

- Invece la ragazza robusta… - provò a chiedere Steven.

- Non è robusta. – obiettò Jacob con veemenza.

- Comunque, lei mi sembrava familiare. –

- Sì, perché è la ragazza dalle tette grosse del caffè. – Thomas era comparso all’improvviso, sbucando dal dietro.

Jacob imprecò per lo spavento e gli finì della cenere sui jeans. Si alzò di scatto per togliersela. Era ancora accesa.

- Sei un coglione. – disse a denti stretti Vincent, riferendosi a Thomas.

- Thomas, hai bisogno di un pugno o di una ramanzina? – chiese Jacob – a te la scelta. –

- Chiedo perdono. - Thomas alzò le mani in segno di resa.

Jacob era sempre incline, purtroppo, alla violenza, che fosse fisica o verbale. Meglio se entrambe.

- Ragazzi, mi sa che vado. – Jacob dissimulò uno sbadiglio.

- No, ma come! – protestò Steven.

- Domattina torno a casa, ricordi? –

- Ah, già. – sbuffò Thomas.

- Ma penso tornerò nei prossimi giorni. Ho una cosa da fare. –

- Allora ti aspettiamo. – lo salutò Vincent.

Gli diedero una pacca sulla spalla e si batterono i pugni a vicenda.

- Salutatemi James e ditegli che la festa è stata fantastica. – Jacob si allontanò, voltando loro le spalle.

- Sì, come no. – ghignò Thomas.

- Sta già scappando. – ridacchiò Steven.

- Vi sento. – Jacob alzò il dito medio, continuando a camminare.

***

Tornò in hotel col taxi. Lo preferiva per gli spostamenti brevi, mentre il viaggio di andata e ritorno, che durava la bellezza di circa due ore, preferiva farlo guidando la sua jeep nera. Ringraziò l’autista e gli lasciò una mancia considerevole. Quando i viaggi erano pagati da suo padre ne approfittava sempre per elargire mance sostanziose. Non erano soldi suoi e dal momento che per molti dipendenti costituiva una principale fonte di guadagno personale, cercava per quanto possibile di aiutare il prossimo. Raggiunse la porta della suite e si tolse immediatamente le scarpe. Non gli piaceva la sensazione di indossare qualcosa che era stato a contatto diretto con l’asfalto che veniva calpestato da centinaia di persone al giorno. Non era germofobico, ma cercava di ridurre le intromissioni di batteri dall’esterno. Si infilò, per la terza volta, in doccia. L’indomani mattina non avrebbe avuto tempo e preferiva di gran lunga dormire di più e prepararsi la sera prima. L’acqua bollente lo accolse come una coccola e la sua mente tornò al bacio con Kiara. Si leccò il labbro inferiore e ripensò a quella sensazione. Era successo tutto così in fretta. L’aveva fatto d’impulso, senza pensare. Era stata una reazione istantanea al contatto con la pelle di lei. La sua guancia era soffice al tatto. La spruzzata di lentiggini che le decoravano il naso l’avevano resa reale e, a suo parere, perfetta. Vedendo lo sgomento negli occhi di lei però si era ridestato immediatamente ed era fuggito, senza darle spiegazione alcuna. Sono un cretino, si sfregò gli occhi con vigore e avvertì il rigonfiamento al basso ventre. Pensò intensamente a Kiara. La sola idea di posare le labbra su quelle di lei, morbide e carnose, gli diede la spinta per disfarsi di quel bisogno biologico. Immaginò come potesse essere la sensazione di infilarle le mani sotto la maglia e stringere la sua pelle. E più fantasticava, più il suo membro duro aveva bisogno di essere sfregato. Raggiunse l’apice del piacere nel momento in cui nella sua mente si stagliò la figura nuda di Kiara che gli stava sopra e lo cavalcava furiosamente. Chissà se sarebbe successo. E se sì, quando.

Uscì dalla doccia madido di sudore. Si asciugò velocemente e memore dell’esperienza di qualche giorno precedente, si infilò sotto le coperte, rigorosamente solo coi boxer.

DA FINIRE

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