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Capitolo 2: La festa

Il sabato arrivò in un baleno e Kiara sospirò pesantemente. La festa si teneva a casa di un compagno di classe di Amélie, un certo James. Non l’aveva mai visto, ma era stato così gentile da elargire l’invito alle amiche di sua cugina. Come minimo aveva promesso al ragazzo di portare delle femmine alla festa e questo aveva accettato all’istante. Naturalmente il pacchetto comprendeva Kiara, in quanto avrebbe tenuto d’occhio le ragazze. Era sempre così: ad ogni evento o festa in cui partecipava Amélie, invitata sempre da spasimanti ed ammiratori, Kiara svolgeva il ruolo di supervisore. I suoi zii richiedevano espressamente che ci fosse la sua presenza, affinché fossero tranquilli, ma anche per dare modo alla nipote di divertirsi. Così credevano. Al contrario, lei odiava con tutto il cuore i festini e tutte quelle circostanze che comportavano l’interazione con persone di cui ignorava bellamente l’esistenza. Preferiva di gran lunga rimanere a casa a leggere. Invece le toccava assistere a tutte quelle socializzazioni forzate. Il più delle volte cercava di isolarsi e rintanarsi in qualche stanza che non fosse già occupata da coppiette intente ad esplorarsi reciprocamente.

Il vestito era bellissimo e le stava bene. Fasciava il seno troppo grande e copriva le cosce troppo grosse. Sua zia entrò in camera e la guardò nello specchio.

- Tesoro, stai benissimo. -

Kiara trasalì e si voltò di scatto.

- L’ho scelto io, sai? -

- P-pensavo l’avesse preso lo zio. -

Glenda le sorrise furbescamente.

- Certo. L’ha pagato lui, ma l’ho scelto io. Cosa credevi? Tuo zio non ha mica gusto, lo vesto io d’altronde. -

Scoppiarono a ridere insieme.

- Grazie zia, ti voglio bene. -

Per poco Glenda non si mise a piangere e corse ad abbracciarla.

- So quanto fate per me e ve ne sono eternamente grata, ma non voglio essere un peso. -

- Scherzi? Non sei un disturbo, sei mia nipote e praticamente una seconda figlia. Lo sai quanto sei importante per noi. -

Kiara ispirò il suo profumo, sapeva di cannella e argan.

- Su, finisci di prepararti che vi porta Marcus. -

- N-n

on dovevo guidare io? -

Sua zia la guardò con dolcezza.

- Dovete divertirvi e non devi fare da babysitter ad Amélie, quindi puoi bere, ma non troppo, mi raccomando! -

Risero di nuovo, poi la zia uscì dalla camera, accostando la porta. Kiara si infilò gli anfibi e controllò il trucco: leggero e naturale. Non le piaceva come sua cugina si pasticciava la faccia, era troppo rozzo e volgare. Un velo di mascara per fare risaltare gli occhi, una linea di eyeliner, una spolverata di phard e un po’ di rossetto rosa pallido. Scese le scale e aspettò che Amélie fosse pronta. Sua cugina ci metteva sempre una vita a prepararsi. Si sedette su una delle poltrone in sala e sfogliò con disinteresse una delle riviste poggiate sul tavolino di fianco a lei. Suo zio la raggiunse e le baciò la testa.

- Sei bellissima. -

Kiara arrossì, ma non fece in tempo a rispondere a suo zio che Amélie arrivò correndo.

- Sono pronta! - strillò come al solito.

Guardò Kiara e per poco non si strozzò.

- E questo vestito? - chiese con sdegno.

Kiara guardò suo zio e lo vide scrollare le spalle.

- Beh, l’ho comprato per l’occasione. Non eri tu a dire di spendere i soldi del lavoro per i vestiti e per non farti sfigurare? -

- Certo, ma non mi aspettavo una cosa del genere. E se poi mi metti in ombra? -

Glenda intervenne per ammorbidire gli animi.

- Siete entrambe bellissime, su andate e divertitevi. -

Marcus prese l’auto e le accompagnò alla festa. Passarono a prendere Annabelle e Camille. Si assomigliavano parecchio, benché fossero solo amiche. Camille aveva i capelli lunghi e mossi, biondo cenere e gli occhi color nocciola, mentre Annabelle aveva i capelli lunghi e lisci, biondo scuro e gli occhi verdi marroni. Erano alte, fisico lineare e pochi grilli per la testa. Si vestivano quasi sempre coordinate. Indossavano un tubino nero, l’unica differenza era la larghezza delle bretelle e lo scollo, uno a cuore e l’altro a V. Ci vollero una decina di minuti abbondanti per arrivare a destinazione. Amélie parlò per tutto il tempo con le sue due amiche e ignorò totalmente Kiara, che era seduta davanti accanto al posto di guida. Appena Marcus parcheggiò, le tre uscirono immediatamente senza nemmeno ringraziare.

- Mi raccomando, so che siete delle ragazze in gamba, ma state attente e prenditi cura di Amélie, per favore. - supplicò lo zio.

Kiara appoggiò per qualche istante la mano su quella di lui.

- C-certo zio, non preoccuparti. - provò a rassicurarlo, stringendogli la mano poggiata sulla leva del cambio.

Uscì, lo salutò mentre faceva retromarcia e lo vide andare via. Kiara inspirò ed entrò nella casa. Apparteneva ad un compagno di scuola che aveva organizzato la festa in assenza dei genitori. Le aprì la porta un ragazzo biondo con gli occhi scuri.

- James giusto? – borbottò a bassa voce.

- No, sono Vincent. Un suo amico. -

Si scambiarono un saluto veloce.

- Dai entra, non stare sulla soglia. -

Kiara si diresse verso il giardino interno. C’era una grande piscina e tutti gli invitati era intorno ad essa con calici e bicchieri rossi in mano. Si avvicinò al tavolo delle bevande e prese un bicchiere, riempiendolo con del succo di frutta. Si guardò intorno e vide sua cugina che era insieme ad Annabelle e Camille, prese da una conversazione con alcuni ragazzi che le guardavano con sguardo adorante. Tutti adoravano sua cugina, era un dato di fatto. Non si accorse però che un ragazzo le si era avvicinato e stava dietro di lei.

- Ci rivediamo. - esordì Jacob.

Kiara si voltò e rimase a bocca aperta. Questa volta aveva una camicia bianca, immacolata, con qualche bottone slacciato. Catenina al collo, jeans chiari, sempre strappati, vans old skool, braccialetti al polso e bicchiere rosso in mano. Notò che aveva degli anelli sulle dita di varie larghezze. Spuntavano anche dei segni neri dal colletto della camicia, probabilmente dei tatuaggi.

- Un ciao sarebbe gradito. - Jacob la guardava divertito.

- C-ciao. - rispose balbettando.

Si lisciò il vestito, stirando pieghe inesistenti. Jacob la fissò negli occhi fino a farla arrossire. Kiara abbassò lo sguardo e si morse un labbro.

- Sei molto bella, sai? -

A quelle parole, Kiara non poté non sollevare gli occhi e lo guardò. Si scontrò con due occhi verdi e scintillanti, pieni e ipnotizzanti. Era la prima volta che lo vedeva da vicino e osservò il suo volto. Aveva la mandibola squadrata, naso dritto, zigomi alti, sopracciglia folte, ciglia lunghe e spesse, labbra carnose e invitanti. Si accorse che aveva un sacco di piercing: labbro inferiore, setto nasale, sopracciglio destro, per non parlare di tutti gli anellini scintillanti che contornavano le orecchie. Rimase incantata a guardarlo e Jacob corrugò la fronte.

- Qualcosa non va? - domandò con fermezza.

Denti grandi, bianchi e dritti. In una parola: perfetti.

Kiara non seppe rispondere e fece un passo indietro, ma Jacob le prese un braccio e la attirò a sé.

- Guarda che così cadi in piscina. - le fece notare.

- S-scusami, sono davvero imbranata. - Kiara si trovò ad un millimetro dal suo collo.

- Bene bene. E lui chi sarebbe? -

Amélie si era avvicinata a loro con le solite oche che la seguivano ovunque andasse.

Kiara si staccò da Jacob.

- È un ragazzo che è venuto al caffè una volta. -

- Ma non mi dire. - la guardò Amélie sibillina, tradendo una rabbia senza nome.

Amélie prese Kiara da parte.

- Lui è mio, okay? Stai alla larga. - sibilò con voce serpentina.

Kiara sorrise tristemente ed annuì. Li lasciò soli e se ne andò. Per tutta la serata li osservò mentre parlavano, Amélie faceva la gattamorta e Jacob si passava la mano tra i capelli con nervosismo. Vennero raggiunti da un altro ragazzo, che Kiara riconobbe come quello che le aveva rivolto quel commento volgare al caffè qualche giorno prima. Per il nervosismo continuò a bere del succo di frutta che aveva nel bicchiere. Era sempre così: se trovava un ragazzo disposto a parlarle, sua cugina glielo portava via sempre. Senza eccezioni, anche se fossero stati bruttini o insignificanti. Aveva bisogno di sentirsi superiore e quello era il suo modo per affermare il suo potere, ovvero che lei riusciva in tutto e soprattutto dove Kiara falliva. Si accorse di aver finito il succo e si avvicinò al tavolo per riempirlo ed annegarci i dispiaceri.

- Certo che tua cugina è davvero una grandissima chiacchierona. -

Kiara sentì la voce di Jacob. Era di fianco a lei e la fissava intensamente.

- Già, immagino ti abbia già illustrato tutti i suoi viaggi, le sue vacanze da sogno, i suoi mille progetti per il futuro. - sbuffò, buttando gli occhi al cielo.

- E tu? Che cosa mi racconti di te? -

Kiara ingoiò a vuoto.

- Che cosa vorresti fare, oltre a lavorare in un bar, intendo. - Jacob la fissava in attesa di una risposta.

La stava prendendo in giro o era davvero serio? Kiara si torse le mani e si morse un labbro, indecisa se confidarsi o meno.

- M-mi piacerebbe diventare architetto. - disse a voce bassissima.

- Che cosa? - Jacob le si avvicinò pericolosamente.

Kiara provò a ripetere ciò che aveva detto, ma Jacob era troppo vicino, con l’orecchio teso e vicino alle labbra di lei.

- Ho detto che mi piacerebbe diventare architetto. -

Jacob sgranò gli occhi.

- Davvero? -

- S-sì. - Kiara inclinò la testa lateralmente e questo piacque a Jacob, che le prese una ciocca di capelli tra le mani.

- I miei sono morti in un incidente stradale e mi piacerebbe poter progettare meglio l’infrastruttura stradale. -

A quelle parole Jacob si fece scuro in volto e non disse nulla.

- S-scusami, non so perché te ne ho parlato. -

Jacob le accarezzò il viso e poggiò le sue labbra su quelle di Kiara. Per un attimo Kiara perse la cognizione dello spazio e del tempo, scordandosi di chiudere gli occhi. Jacob si ritrasse di scatto. Kiara tentò di dire qualcosa, ma il ragazzo si voltò dall’altra parte e si perse in mezzo alla folla. Provò a cercarlo, ma andò a sbattere contro sua cugina. La fermò, guardandola in cagnesco e stringendole il braccio con violenza.

- Che cosa hai fatto? - chiese minacciosa.

- N-niente, te lo giuro. - provò a scusarsi Kiara.

- Ah sì? E perché Jacob mi ha ignorata dopo che ti ha voltato le spalle? -

Kiara non seppe cosa rispondere.

- Mi ha ignorata, capisci? Non mi ha nemmeno guardata. -

A quelle parole Kiara non riuscì più controllarsi.

- Amélie, i-il mondo non gira sempre intorno a te. -

- Che cosa hai detto? - tuonò lei.

Kiara alzò il mento in segno di sfida.

- H-ho detto che non sei al centro del mondo, esistono anche gli altri. Esisto anch’io. - disse digrignando i denti.

Amélie spalancò gli occhi sconvolta. Era la prima volta che Kiara si rivolgeva così a lei in modo aggressivo, che non seppe cosa dire. Kiara la ignorò e se ne andò, lasciandola lì in mezzo alla festa. Si allontanò abbastanza da non vedere più altra gente, ma a sufficienza da sentire la musica che usciva dalle casse. Si sedette sul marciapiede e guardò il cellulare. Erano quasi le undici e mezza, ancora mezz’ora e lo zio sarebbe venuto a prenderle. Il coprifuoco era a mezzanotte. Tornò nel posto in cui le aveva lasciate con l’auto e aspettò. Vide arrivare alcune vetture, probabilmente qualche genitore che si apprestava a recuperare il proprio figlio. Alcuni ragazzi uscirono dalla casa e si diressero verso la fila di veicoli in attesa. Sua cugina e le amiche uscirono e si approntarono a salire in auto. Kiara si alzò, andando anche lei verso l’auto dello zio e la figura di Jacob entrò nel suo campo visivo. Era appoggiato al muretto di una casa con una sigaretta tra le dita. I loro sguardi si incrociarono per un brevissimo istate, poi Kiara salì, sbattendo la portiera. Camille e Annabelle continuarono a parlare tra di loro, ma né Amélie né Kiara dissero nulla. Marcus evitò di proferire parola, temendo che la situazione potesse degenerare. Quando arrivarono a casa, lo zio fece cenno a Kiara di aspettarlo in salotto. Si mise a sedere su una sedia appoggiando un gomito sul tavolo.

- Che cos’è successo? - chiese lo zio con apprensione.

- N-nulla, ci siamo divertite. -

Marcus la scrutò cercando di captare i suoi pensieri.

- Se c’è qualcosa che non va, puoi parlarne, lo sai vero? -

Kiara abbozzò un mezzo sorriso.

- C-certo, grazie. -

Si alzò e si avviò verso camera sua. Oltrepassò suo zio senza aggiungere altro, che rimase immobile e pensieroso.

Kiara si spogliò e si struccò. Si mise a letto, cercando invano di prendere sonno. Il pensiero del bacio tra lei e Jacob le aveva lasciato una strana sensazione. Era il suo primo bacio e averlo dato ad un mezzo sconosciuto la faceva fremere di rabbia, ma dall’altro lato era contenta. Sentì dentro di sé che probabilmente avrebbe significato qualcosa anche per lui. Ma il dubbio rimaneva: perché l’aveva baciata? In fondo non si conoscevano nemmeno. Probabilmente era un don Giovanni conscio della propria bellezza e la usava per adescare delle prede facili come lei. Che stupida che era stata.

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