Capitolo 3: La borsa di studio
Passarono alcuni giorni e Kiara continuò ad interrogarsi sul motivo di quel bacio. Svolgeva le sue attività come un automa. Andava a scuola, studiava, poi nel weekend lavorava al caffè. Un giorno al rientro da scuola si fermò a salutare la nonna, ma si accorse che non era sola. Due signori erano in salotto con lei e stavano prendendo un tè coi biscotti.
- Ecco la mia nipotina. -
I due uomini si alzarono in piedi e si presentarono, tendendole la mano.
- Salve, siamo della Cosyana Company, rappresentiamo il C.E.O Richard Harris. Ci occupiamo di infrastrutture edili e stradali. -
Kiara li guardò senza capire. Jacob uscì dalla porta del bagno e accennò un sorriso, sollevando le sopracciglia. Aveva una felpa grigia asparago, un paio di jeans scoloriti e delle Timberland color avorio.
- Tesoro, questi due signori sono venuti a parlarmi e a chiedermi di te. Tra poco arrivano anche Marcus e Glenda. -
Infatti, gli zii non tardarono ad arrivare, portando con loro anche Amélie. Non appena vide Jacob, gli corse in contro, buttandogli le braccia al collo. Jacob se la scrollò di dosso, cercando di non risultare sgarbato. Gli zii presero posto al tavolo e ascoltarono cosa i due signori avevano da dire.
- E perciò vorremmo proporre alla signorina Chandler una borsa di studio per l’università di architettura della California. -
Kiara sbiancò. No, non è possibile. Era un sogno che si avverava, ma non poteva permetterselo. Guardò i suoi zii, anch’essi rimasti senza parole. Prima che potessero dire qualcosa, li anticipò.
- N-non posso, è troppo. N-non posso permettermelo. - disse stringendo i pugni.
- Tesoro... - provò a dire sua zia.
- No, è troppo. - si alzò e andò verso l’ingresso.
Si appoggiò al mobile e alzò la testa. Fece dei bei respiri profondi per riprendere fiato e riordinare i pensieri che sovraffollavano la sua mente.
- Signori, se permettete una parola. - iniziò Jacob cercando gli sguardi dei presenti.
- Mio padre ogni anno si occupa di fornire borse di studio, sa essere molto magnanimo e gli ho chiesto se avessi potuto decidere io a chi darla. Non è stato molto collaborativo, ma siccome prenderò il suo posto nell’azienda di famiglia, dovrà pur farmi qualche favore o no? -
Ci furono dei risolini di approvazione e i due uomini sorrisero benevolmente a quel giovane così promettente.
- E io? - chiese Amélie.
Jacob la fissò gelido.
- Tu cosa? -
- A me niente? Voglio dire - disse guardando i suoi genitori - sappiamo benissimo che sono la migliore e che Kiara non ha alcuna dote particolare. Perché tanta premura? -
Jacob sogghignò e rispose senza mezzi termini.
- Proprio perché tu sei così brava, non hai bisogno di una borsa di studio. Me l’hai detto tu stessa, ricordi? - le fece l’occhiolino, alludendo alla festa.
Amélie sbuffò e provò a replicare.
- Sì, ma di certo non la rifiuterei, se me la offrissero. - replicò con stizza, buttando i capelli alle spalle.
- Amélie - Jacob la fissò intensamente.
- Ho avuto accesso ad una sola borsa di studio e la do a Kiara, perché se la merita e credo nelle sue capacità. -
- Ma se neanche vi conoscete! -
Lui scosse la testa, celando un ghigno feroce.
- Tranquilla, la conosco molto meglio di chiunque altro. -
Marcus e Glenda lo guardarono senza capire, ma Jacob si era già alzato, voltando loro le spalle. Kiara li aveva ascoltati da dietro le tende della sala e Jacob sbucò facendole prendere un colpo.
- Sant’oddio. -
Jacob le rivolse un sorriso dolce e le accarezzò una guancia.
- Allora non eri andata via. -
- D-dicevi sul serio? - l’espressione di Kiara era contratta da una smorfia di disappunto.
- A che cosa ti riferisci? -
- A tutto. Alla borsa di studio, al fatto che ho delle capacità. Tu dici di conoscermi, ma io non ho idea di chi tu sia. -
Il sorriso di Jacob divenne malizioso.
- Ho fatto delle ricerche e mi sono informato. Disegni davvero bene. - tirò fuori il cellulare e le mostrò le foto che aveva fatto.
Erano tutti i progetti che Kiara aveva presentato durante gli anni delle superiori. Aveva sempre partecipato a tutte le selezioni come miglior progetto dell’anno, ma senza mai vincere il primo premio. L’aveva sempre vinto sua cugina. D’altronde era la migliore.
- E questi come hai fatto ad averli? -
- Non ci è voluto molto. È bastato fare il nome di mio padre e ho avuto accesso a tutti i documenti relativi ai disegni tecnici della tua scuola. -
- Ma che... -
- Mio padre, come avrai sentito prima, è molto conosciuto e per le scuole superiori è un onore avere a che fare con lui o comunque avere studenti che in futuro verranno accolte nelle università patrocinate da lui. -
- N-non ho mai vinto, ha sempre vinto mia cugina. - Kiara si torse le mani nervosamente.
- Questo non è vero. Eri tu. Hai sempre vinto tu. -
Kiara scosse la testa, negando l’evidenza.
- Guarda le linee. E i tratti. Questa è la tua mano. La riconoscerei ovunque. -
- È solo un disegno. -
- Un disegno che hai fatto tu. -
Era stata smascherata da uno sconosciuto e questo le bruciò dentro.
- E anche se fosse, c-cosa cambia? Tanto ha vinto lei. -
- Ha vinto grazie a te. - Jacob non mollava l’osso.
- E chissà in quante altre cose ti sei sostituita a tua cugina per lasciarle il podio. Per questo, te lo dico un’altra volta, meriti la borsa di studio. Certo, i tuoi progetti sono ancora imperfetti, ma sono sicuro che con l’allenamento costante e un’università adatta, saprai tirare fuori il meglio di te. -
Jacob tornò in sala.
- Bene signori, noi qua abbiamo finito. -
Presero i cappotti e uscirono. Kiara raggiunse i suoi zii e Amélie esplose.
- Non è giusto. Non te la meriti. – inveì con rabbia sua cugina, paonazza in volto.
- Ragazze... - intervenne Marcus.
- H-ha ragione lei, non me la merito. Infatti, la darò a te. - Kiara guardò la cugina e provò a sorridere, ma il sorriso era senza entusiasmo e privo di qualsiasi sentimento.
- Davvero? - gli occhi di Amélie brillarono per la sorpresa.
- Assolutamente no. - Glenda fissò la figlia negli occhi.
- Hanno espressamente chiesto di Kiara e sarà il caso di capire il perché e cosa è successo. -
Amélie mise il broncio e incrociò le braccia al petto, chiudendosi in un silenzio che non accettava il rifiuto.
- Kiara, tesoro, vai pure a casa, noi abbiamo bisogno di parlare un po’. -
Marcus indicò l’uscita e Kiara si alzò senza obiettare. Tornò a casa, soppesando ogni parola che Jacob aveva detto. Salì le scale in una specie di trans. Arrivata davanti alla sua camera, entrò. Si sedette sul letto e sospirò. Non dovette attendere molto prima che Amélie entrasse da lei urlando.
- È tutta colpa tua! Ora mamma e papà non mi daranno più un centesimo! -
- Di cosa parli? -
- Di cosa parlo? Mi prendi in giro? Ho dovuto dire che in realtà sei tu quella che mi faceva i compiti, mi aiutava nelle verifiche e vinceva i premi a nome mio. Almeno il titolo da reginetta dell’anno lo vincevo grazie alla mia bellezza, non alla tua. -
Kiara annuì mestamente.
- Ci parlo io con gli zii e risolvo tutto. -
- Voglio quella borsa di studio. -
- Cosa te ne fai di una borsa di studio per un’università che nemmeno ti interessa? - Kiara la scrutò per vedere la sua reazione.
- Voglio Jacob e se la borsa di studio mi darà l’opportunità di stare con lui, a maggior ragione. -
Kiara ammirava la determinazione di sua cugina, anche se era per futili motivi.
- Sei sicura che lui ti voglia? Prima non mi è sembrato molto... -
- Stai zitta! È ovvio che gli piaccio, ma con te tra i piedi è impossibile. Non so perché sia così interessato a te. Non sei nemmeno bella. -
Era vero. Non aveva un bel fisico, anche se le dicevano che di faccia era carina, ma il corpo rovinava tutto. Aveva pensato di iscriversi in palestra, ma non era mai stata convinta fino in fondo. Aveva provato anche con le diete, ma i morsi della fame le regalavano tutti i chili che riusciva a perdere faticosamente. Alla fine ci aveva rinunciato e aveva deciso che se qualcuno avesse dovuto amarla, l’avrebbe amata per quello che era, pacchetto completo. Non si piaceva, ma forse a qualcuno sarebbe piaciuta lo stesso, con tutte le sue preoccupazioni, incertezze e ansie.
- Hai ragione - disse scura in volto – non sono bella e valgo la metà di te, ma voglio provarci lo stesso. Che cos’ho da perdere? Al massimo fallirò come tutte le altre volte. -
Amélie si morse il labbro, provò a dire qualcosa, ma lo ricacciò indietro. Uscì dalla camera, chiudendo la porta dietro di sé. Kiara ispirò e diede un’occhiata alla brochure che le aveva lasciato Jacob. Aprì la cartella e un foglietto cadde ai suoi piedi. C’era scritto un numero di cellulare e una frase: “chiamami, Jacob”. Sorrise tra sé e sé e prese in mano il cellulare. Digitò velocemente il numero e attese. Dopo qualche squillo sentì la sua voce.
- Sì? –
Si sentiva un brusio in sottofondo.
Kiara balbettò qualcosa di incomprensibile.
- Kiara. - la voce di Jacob era calda e suadente, più roca e profonda di quando parlavano dal vivo.
- S-sì, sono io - farfugliò.
- Non ti sento bene, alza la voce. Avevi bisogno? –
- Ti ho disturbato? Se vuoi richiamo dopo… -
- No, tranquilla. – la interruppe – sto tornando a casa. La mia è stata una toccata e fuga. Sono in auto con i due gentiluomini di prima. –
Kiara ridacchiò, poi prese coraggio.
- H-ho trovato il tuo biglietto... - gli disse.
- E mi hai chiamato subito. Certo che non perdi tempo eh. -
- N-non è così! - provò a giustificarsi.
- Tranquilla, ti stavo solo prendendo in giro. -
Rimasero per qualche secondo in silenzio.
- C’è qualcosa che volevi chiedermi? -
- E-ecco, beh, mi chiedevo, ci sarai anche tu in quell’università? -
- Assolutamente no. - ribatté immediatamente lui.
Kiara non disse nulla.
- Kiara, ci sei ancora? -
- S-sì... È solo che mi chiedevo, se non ci sei, come mai hai chiesto proprio a me di venire? -
- Ah, speravi di avere un amico eh? - Jacob sorrise divertito.
- In realtà più che un amico, pensavo ad una guida. Qualcuno che conoscesse l’università, qualcuno con cui fare i corsi, studiare assieme, cose così. -
- In verità io sto già frequentando l’università. -
- Come scusa? - Kiara spalancò occhi e bocca e ringraziò che Jacob non fosse lì con lei a godersi quella vista spaventosa, davanti alla sua espressione scioccata.
- Kiara, ho ventun anni, sono già iscritto ad un’altra università in California. Sono vicine le nostre facoltà, quindi probabilmente ci incontreremo spesso. -
- Ah sì? E quale? -
- Sei curiosa eh? - Jacob era ancora più divertito.
- Guarda che quello che mi ha offerto la borsa di studio sei tu! -
- Ehi, stavo scherzando -
Kiara si calmò e lo ascoltò.
- Comunque, ingegneria edile architettonica. Una rottura. -
Da quello che aveva detto, avrebbe preso il posto del padre, quindi era scontato in realtà. Kiara si diede della stupida mentalmente. Come aveva fatto a non pensarci?
- Devo andare, ci sentiamo. - Jacob interruppe la chiamata in un lampo e Kiara rimase col cellulare all’orecchio, senza riuscire a salutarlo.
Era sempre così con lui. Non riusciva mai a salutarlo decentemente ogni volta che si congedavano. Kiara buttò il cellulare sul letto e si sedette sul ciglio. Contò mentalmente i mesi che la separavano dal diploma. Non erano tanti. Una sensazione di calore la pervase e si sentì bene. Era la stessa che provava quando parlava con Jacob. Era merito suo se lentamente, ma inesorabilmente, stava ritrovando quella spensieratezza che l’aveva accompagnata durante l’infanzia. Sorrise e pensò che il futuro avrebbe avuto sicuramente delle sorprese da rivelarle. Ed era pronta, anche se tutte le sorprese non portano gioia. Era consapevole di ciò, ma avrebbe affrontato tutto a testa alta. Ne era certa.
