Libreria
Italiano
CapitolI
Impostazioni

CAPITOLO 1

Stefania conobbe il signor Mun Yonseo, il produttore dei SEAL e amministratore delegato della loro etichetta, la Bread Music, a Busan, in Corea del Sud. Tutto era cominciato però con Tun, uno dei sei fantastici SEAL. Tun aveva contattato Stefania a febbraio, tramite messaggio diretto su Instagram, dopo un bel commento di auguri e lodi che Stefania gli aveva inviato per il suo compleanno. La compostezza, la saggezza, l’amorevolezza di Stefania erano come una tisana di malva per Tun, che desiderava nella sua vita persone calme e adulte, che lo aiutassero ad avere una visione più a lungo termine sulla vita. La giovane celebrità cominciò a confidare i suoi stati d’animo a Stefania quasi quotidianamente, e una volta le fece anche salutare la madre e la sorella, che erano andate a trovarlo a Seul. Quel dolcissimo ragazzo non si fermò lì. Espresse il desiderio di incontrarla di persona e la invitò a uno dei loro concerti nella città di Busan, alla fine di luglio. Le offrì un posto nella tribuna VIP e una vacanza di un mese in Corea. Stefania era ovviamente emozionatissima e cominciò anche a prendere lezioni di coreano, benché fra loro parlassero abitualmente in inglese.

Partì dall’aeroporto di Fiumicino e atterrò a Incheon, dopo un volo di undici ore in classe business. Da Incheon prese un aereo per Busan e alle 18 si buttava sul letto, nella suite che Tun le aveva prenotato. Sapeva che non c’era alcuna possibilità di incontrarlo nei giorni antecedenti il concerto, ed erano anche un paio di giorni che lui non la contattava. Quindi si fece una doccia, ordinò uno spuntino in camera, e uscì nella pazza notte di Busan come se avesse di nuovo trent’anni. Dopo tante ore al chiuso desiderava solo l’aria aperta; passeggiò a lungo, guardando le vetrine e il passeggio di tanta bella gente, le piazze, i viali, il lungomare, il porto… Dovunque campeggiavano grandi cartelloni con gli auguri per l’imminente compleanno di Porpoise, un altro dei SEAL, originario proprio di Busan. Chissà quante volte l’idol aveva passeggiato per quelle strade, da bambino e da ragazzino, senza sapere che, un giorno, sarebbe diventato uno dei grandi SEAL, e tutta la città lo avrebbe onorato. Stefania sapeva che la famiglia di Porpoise avrebbe dato una grande festa nella tenuta di campagna, per il compleanno e per il concerto, e Tun aveva invitato anche lei.

Due giorni dopo, Stefania si presentò ai cancelli VIP dello stadio; c’erano ancora non molte persone nella tribuna. Poco dopo arrivarono i familiari di Tun. Stefania salutò la madre e la sorella e fece la conoscenza con il padre e la sorella minore. Erano gentilissimi. Man mano che giungevano i parenti dei ragazzi, la madre di Tun glieli presentava. Sembravano tutti molto emozionati, molto compunti, e Stefania si meravigliò, perché pensava che oramai avrebbero dovuto essere avvezzi a vedere i propri figli in quello scenario fantastico. Dieci minuti prima dello spettacolo arrivò il signor Mun Yonseo, e il suo posto era proprio accanto a Stefania. Fortunatamente i sedili erano larghi, perché Stefania occupava molto spazio e anche l’altro non era propriamente magro. Anche lui sembrava incredibilmente mesto! Scambiarono qualche parola in inglese, lui era molto cortese. Stefania cercava di non pensare che era un miliardario e un genio dell’imprenditoria discografica, mentre lei era una casalinga con quattro soldi e viveva in una catapecchia. Comunque aveva occhi molto brillanti.

Il concerto fu grandioso. Stefania più volte dovette trattenere le lacrime. Gioiva e ringraziava mentalmente di continuo, con un groppo alla gola. Quando i ragazzi salutarono, nella tribuna piangevano tutti. Stefania si asciugò le lacrime, sentendosi totalmente stupida e fuori posto. Salutò ognuno con tanti inchini, senza ricordarsi neanche chi avesse di fronte, perché non riusciva mai a memorizzare volti e nomi. Quelle persone le sembravano tutte uguali, e tutte le donne dimostravano venticinque anni. Tranne lei, naturalmente. Inoltre parlavano tutti tra loro in coreano. Ma Kim Yeomin, la mamma di Tun, e Choi Nagi, la mamma di Porpoise, furono così gentili da rivolgerle la parola in inglese, per dirle che la aspettavano il giorno dopo nella tenuta di campagna.

Stefania tornò in albergo frastornata. Tutta l’eccitazione dei giorni precedenti era svanita e si sentiva svuotata ed esausta. Non riusciva a capire perché le fosse rimasta addosso quella sensazione inquietante di fine dei tempi. Tutte quelle persone… non erano felici, non capiva perché. Non voleva piangere, quindi mise le cuffiette e ballò un po’, per ricordarsi che la vita è bella. Più che altro, camminava saltellando avanti e indietro. Poi si fece una doccia e ordinò una cena abbondante. La vita era bella, in effetti.

Il giorno dopo Stefania arrivò a mezzogiorno nella tenuta della famiglia di Porpoise. Era pieno di gente e continuavano ad arrivare. Alcune persone la salutarono, evidentemente le aveva conosciuti il giorno prima. Il signor Mun le fece un cenno di saluto, mentre sorseggiava qualcosa e parlava con qualcuno. Finalmente Tun corse ad abbracciarla. Finalmente si incontravano di persona! Erano entrambi così felici! Tun era dolcissimo, come lei già sapeva, ancora di più dal vivo. Le presentò subito Muriel, di cui le aveva tanto parlato: era la sua fidanzata, una modella. La loro relazione non era ancora pubblica. Le presentò gli altri SEAL, che dopo trenta secondi e cinque inchini tornarono a chiacchierare con i loro coetanei.

Stefania cercò di darsi un contegno, ricordando che aveva cinquant’anni, compiuti il giorno prima. Salutò tutti affabilmente con un sorriso neutro; cercava di non fissare troppo le persone. Già da tempo aveva scritto un proprio personale protocollo di comportamento da tenere con i SEAL e con quella gente altolocata in generale. Non sorridere troppo. Non ridere in modo sgangherato. Non parlare ad alta voce. Cercare di mantenere un ferreo controllo delle espressioni facciali, per non fare sguardi strani, inquietanti o ridicoli. Muoversi lentamente e non dare in esclamazioni. Non guardare il soffitto o nel vuoto o i mobili o gli oggetti. Non toccare nessuno. Non chiedere niente a nessuno. Non raccontare aneddoti su niente. Gesticolare moderatamente. Non esprimere entusiasmi eccessivi. Non fare commenti idioti e non richiesti.

La cosa più difficile di tutte era non guardare quei giovani uomini estasiata, con gli occhi sgranati e la bocca aperta e asciutta, e non scorrere con gli occhi i loro corpi da capogiro. Non abbassare mai lo sguardo verso la parte bassa del corpo, neanche da dietro, come se non esistesse. Non guardarli. Non guardarli. Non guardarli.

Salutò di nuovo il signor Mun, che la guardò distrattamente, come un insetto di passaggio. C’erano anche tanti altri ragazzi e ragazze che Tun le presentò, ed erano tutti bellissimi. Poi arrivò il turno degli adulti che ancora non aveva conosciuto, perlopiù produttori. Cominciò a dolerle il collo per tutti quegli inchini. Dopo dieci minuti in cui tentava di dialogare sia guardando l’interlocutore sia non guardandolo, senza soffermarsi nemmeno sul naso, sulla bocca, sulle orecchie o sul resto del corpo, gli occhi cominciarono a incrociarlesi. Venne risucchiata in una stanza piena di signore loquaci; si sedette ad ascoltare e a sorridere, senza capire nulla. Mentre la conversazione procedeva in quell’universo parallelo, Stefania cominciò a realizzare che si trovava a pochi metri dai SEAL. Ma era come se stesse in Italia, perché non poteva realmente raggiungerli e fare conversazione con loro, né ridere con loro, né parlare di tutte le cose che sapeva di loro, conoscendoli a menadito e, probabilmente, ricordando molti aneddoti che loro stessi avevano dimenticato. Perché lei in realtà aveva l’età delle loro madri; non avrebbe potuto festeggiare con loro più di quanto avrebbe potuto con dei giovani italiani in Italia. E stava passando quella fantastica giornata con i suoi adorati SEAL, in una stanza piena di donne che, anche se avessero parlato italiano, probabilmente i loro discorsi non l’avrebbero minimamente interessata. Probabilmente stavano parlando di cucina, di figli, di mariti e di come levare le macchie dal parquet. O forse di abiti, di gioielli, di accessori e delle loro amiche altrettanto ricche. Oppure di politica e di economia. Magari erano professioniste e parlavano della loro specializzazione; ma ugualmente lei non avrebbe potuto dire nulla, perché non aveva mai lavorato. A pensarci, anche se avessero parlato di letteratura, cinema e teatro, probabilmente non sarebbe stata in grado di partecipare alla conversazione, dal momento che la sua curiosità intellettuale era spenta da molti anni.

L’effetto delle trenta gocce di valeriana che aveva preso prima di uscire cominciarono a svanire, e non sapeva se avrebbe potuto lasciare la stanza senza dare nell’occhio. Chiese dov’era il bagno; lì mandò giù una pasticca di valeriana. Poi uscì da una portafinestra e si mise a gironzolare nel parco, facendo esattamente la figura che avrebbe voluto evitare, cioè quella di una persona strana che passeggia da sola guardando i fiori da vicino.

Scarica subito l'app per ricevere il premio
Scansiona il codice QR per scaricare l'app Hinovel.