Capitolo 6
POV DI AVA
Qualcuno bussò alla porta della mia camera.
“Ava…posso entrare?” Chiese Celeste.
Corsi verso la porta e l’abbracciai forte.
Lei mi gettò le braccia al collo e mi strinse a sua volta.
“Andrà tutto bene…tranquilla” Disse cercando di calmarmi.
“Mi hanno forzato a sposare un assassino…Tu non capisci.” Dissi singhiozzando.
“Lo so…ma devi essere forte.”
Celeste mi guardò negli occhi e sorrise dolcemente mentre mi accarezzava il viso e mi asciugava le lacrime.
“Ho paura Celeste…ho sentito cose orribili su di lui.” Sussurrai con poca voce.
Non era ciò che avevo sentito che mi spaventava, ma ciò che avevo visto anni fa. Tremavo ancora pensando a quella notte, inoltre la sua reputazione e quella della sua famiglia erano orribili.
Sapevo che aveva due padri, non erano dei semplici uomini ma dei veri e propri demoni che torturavano la donna che avevano sposato. Rabbrividii al solo pensiero. Erano malvagi e pericolosi, uomini senza pietà, mentre di Manuel si diceva che fosse peggio dei suoi padri.
Era spietato e veniva chiamato con i peggiori dei nomi come “il taglia testa” o “il figlio dei diavoli”.
Nel mondo degli affarti era diventato estremamente potente, un vero sciacallo e non aveva pietà per nessuno, neanche per le donne.
Qualcuno avrebbe detto soprattutto per le donne. La sua perversione era nota a tutti e lui di certo non lo nascondeva. Alcune avevano detto che era un dominatore e che gli piaceva il sesso violento.
Rabbrividii pensando che adesso ero sua moglie.
“Ha tentato di sparare a mio fratello e adesso me lo fanno sposare…e se cercasse di uccidermi?...Inoltre non sai cosa mi ha chiesto mio padre...” Presi una pausa prima di continuare.
"Vuole che spii Manuel White..."
"Cosa?" Urlò Celeste allargando gli occhi.
"Come può chiederti una cosa del genere? Ava, non farlo, è un suicidio."
L’idea di morire forse sarebbe stata la soluzione migliore. Iniziai di nuovo a piangere non riuscendo a trattenere le mie lacrime mentre pensavo alla mia misera situazione.
“Ava…” Disse la mia amica guardandomi negli occhi.
“So che hai paura, ma credo che da oggi in poi tu debba la tua lealtà a tuo marito, non metterti contro di lui…"
Scossi la testa non sapendo cosa fare. Temevo mio padre tanto quanto Manuel White.
"Hey, sei una ragazza forte…io ci sarò sempre per te.” Mormorò Celeste con un debole sorriso.
"Non sono sicura di farcela..." Mormorai abbassando gli occhi.
Lei mi strinse le mani, e prima che potesse parlare la sua espressione cambiò mentre cercava le parole per dirmi qualcosa.
“Vorrei essere in grado di tirarti fuori da questa situazione…ma lo sai che nessuno può farlo. Il mio unico consiglio è quello di ubbidire. Lo sai cos'è successo a Nadia, vero? Uomini come Manuel White vanno sempre assecondati…fai quello che ti chiede e sono sicura che andrà tutto bene.”
Assecondarlo in tutto? Ubbidire come un cane?
Tirai forte le mani dalle sue e guardai Celeste con gli occhi pieni di delusione. Non potevo credere a quello che mi aveva appena suggerito.
“Celeste…come posso assecondare quello che chiede? Hai idea di quello che fa alle donne?…Quell’uomo è sadico e perverso, gli piace il sesso di gruppo ed è violento…ho paura di quello che potrebbe farmi o chiedere di farmi fare…devo trovare una soluzione, forse scappare.” Dissi scagliandomi verso di lei.
Ero arrabbiata e delusa, cercavo un appoggio non una spinta verso il buco nero.
“Scappare? Ma sei impazzita? Se ti scoprissero potrebbero rinchiuderti in casa per il resto della tua vita...o peggio ancora al CRDC.”
Rabbrividii solo all'idea. Respirando profondamente mi sedetti sul letto, tirai le gambe al petto stingendole forte, Celeste aveva ragione.
“Non voglio perdere la verginità con un mostro…” Mormorai.
Celeste si sedette accanto a me e mi accarezzò la schiena.
Chiusi gli occhi e iniziai di nuovo piangere.
Mi sentivo impotente, ma avrei fatto sicuramente qualcosa al momento giusto.
****
Tutte le mie cose, i vestiti, le scarpe, il materiale scolastico, i colori e tele erano stati impacchettati e consegnati nella mia nuova casa.
Guardai la mia stanza vuota ancora qualche secondo.
Non avrei mai pensato che un giorno sarei andata via di casa in questo modo.
Quando pensavo al matrimonio, immaginavo le scene più belle, un abito bianco, una grande festa e soprattutto un uomo che amavo; invece mi ritrovavo ad aver firmato un contratto in lacrime, e venivo spostata da una casa all’altra come un soprammobile e come se non bastasse il mio sposo era un criminale pericoloso.
“Comportati bene e non farmi vergognare Ava…e soprattutto tieni la tua bocca chiusa e non pensare neanche per un secondo di fare qualcosa di stupido come scappare, perché ti assicuro che ti riporterò indietro e credemi non ti piacerà…ti avverto Ava se fai saltare il mio piano giuro che te ne farò pentire…” Disse papà con tono minaccioso.
Anziché augurarmi buona fortuna, mio padre per l’ennesima volta mi aveva minacciata.
Deglutii nervosa e annuii.
"Obbedisci a tuo mairto, e prima di agire pensa alle conseguenze...Ricorda tutte le clausuale e rispetta l'accordo."
Si, quel dannato contratto non solo era la mia condanna, ma se non avessi rispettatto le clausule avrei potuto dannerggiare la mia famiglia gettandola sul astrico.
*****
Ron, uno degli uomini di mio padre aprì la portiera.
“Forza Ava…tuo padre mi ha detto di portarti da Manuel White…”
Quanto mi irritava quell’uomo.
Entrai e mi sedetti di fianco a lui sul sedile posteriore.
Mi sentivo a disagio, non mi era mai piaciuta la sua presenza in casa, figuriamoci stare in auto sola con lui e per di più così a stretto contatto.
Ho sempre pensato che fosse un uomo viscido. Lo avevo beccato a guardare Stella con occhi lussuriosi più di una volta, e quando poi sono cresciuta ha iniziato a fare lo stesso anche con me.
Non ha mai fatto niente oltre che a spogliarci con gli occhi, ma questo non lo rendeva meno disgustoso.
“Questo vestito ti sta bene…” Disse mentre appoggiava una mano sul ginocchio. Rabbrividii al suo tocco e tirai velocemente la gamba spostandomi più vicino al finestrino.
Lui mi guardò e poi sorrise con un ghigno che fare accapponare la mia pelle.
“Mi raccomando…se vuoi vivere, piega la testa davanti a tuo marito. Manuel White è un uomo pericoloso a cui piacciono donne obbedienti e sottomesse…se fossi in te darei ascolto a tuo padre...” Disse ridendo.
Rabbrividii pensando al mio piano di fuga. Come avrei fatto a liberarmi di mio padre e mio marito?!
Il viaggio in macchina fu snervante.
Piansi tutto il tempo e avevo mal di testa.
“Non piangere tesoro…stasera sarà la tua prima notte di nozze, a tuo marito non piacerà vedere i tuoi occhi rossi…”
Al solo pensiero per quello che aveva detto mi mancò l’aria.
I consigli di quel verme schifoso mi davano su i nervi, non avevo bisogno di sentire le sue stronzate.
Non volevo andare a letto con mio marito, mi disgustava solo l’idea.
Non risposi alla sua provocazione e continuai a piangere silenziosamente.
Negli ultimi due giorni avevo pianto così tanto che quasi non riuscivo a credere quante lacrime avessi versato.
“Signora White…Siamo arrivati.” Disse l’autista.
Prima di aprire la portiera guardai fuori dal finestrino. Rimasi scioccata nel vedere l’enorme villa. Casa mia era grande, ma non c’era paragone con questa.
Quanto diavolo era ricco Manuel White?
Scesi dall’auto e lanciai un'occhiata infastidita all’autista.
“Mi chiamo Ava Russof… Non sono la Signora White…Non chiamarmi mai più così.” Dissi accigliata.
Ron mi afferrò subito il polso.
“Bada a come parli principessa, questa non è casa tua…Tieni la bocca chiusa se non vuoi che qualcuno ti tagli la lingua…”
Tirai subito il braccio e gli lanciai un'occhiata.
Odiavo quel nome, odiavo quell’uomo e odiavo tutta questa situazione.
Lasciando Ron alle spalle iniziai a camminare verso il grande palazzo.
La porta si aprì e tutti i domestici in fila furono pronti a darmi il benvenuto.
Una donna, non molto anziana probabilmente attorno alla cinquantina mi accolse con un gran sorriso.
“Signora White…Mi chiamo Lilia, sono la governante… Benvenuta nella sua nuova casa…”
La donna sembrava gentile, ma non fui in grado di ricambiare lo stesso sorriso.
“Grazie… E per favore non usi più quel nome…Ava o Signorina Russof sarebbe meglio.” Dissi senza sembrare troppo rude.
Non era da me questo comportamento freddo, ma davvero non potevo sopportare di essere associata a quel criminale.
Lilia intuì subito il mio disdegno e annuì.
“Da questa parte…Le mostro la sua stanza.”
A quelle parole mi fermai ed il mio viso divenne improvvisamente pallido. La mia stanza? Non volevo condividere la stanza con il demonio.
“Va tutto bene Signora?” Chiese preoccupata.
“Ho....Ho bisogno di tempo…Non posso condividere la stanza con il Signor White.” Dissi quasi tremando.
Lei sorrise.
“Non si preoccupi…Lei non condividerà la stanza con il Signore…Al padrone piace dormire da solo…La sua stanza è al piano terra mentre quella del signore è al primo piano.” Disse sorridendo.
Tirai un sospiro di sollievo ed improvvisamente il sangue iniziò a fluire regolarmente nel mio corpo ed il mio pallore svanì velocemente.
Mi sentii subito meglio. Quella era la più bella notizia degli ultimi giorni.
Avevamo non solo camere separate, ma anche su due piani diversi.
"Questa è la cucina e questa la sala da pranzo..." Indicò Lilia.
"Le è permesso usare il salatto interno, quello esterno, la cucina, la sala da pranzo, il giardino, la piscina, la palestra e la sala cinema, le quali sono tutte a piano terra, mentre le è severamente vietato salire al piano di sopra."
Senza dire nulla annuii. Sapevo che mio padre voleva che spiassi mio marito, ma a quanto pare l'uomo non era così sprovveduto, se papà credeva che potessi rubare informazioni ad un criminale del genere si sbagliava di grosso.
Dopo aver superato la cucina e alcune altre porte, attraversammo un lungo corridoio.
“Questa è la sua stanza.” Disse Lilia aprendo la porta.
Era davvero molto bella e spaziosa. C’era una grande porta di vetro che dava direttamente sul giardino.
Pensai di poter sistemare il cavalletto e la tela lì vicino immaginando come la luce avrebbe illuminato la stanza.
Adoravo dipingere nonostante mio padre mi avesse costretto a laurearmi in economia. Non mi erano mai piaciuti i numeri, ma a quanto pare avevo un talento nella gestione delle finanze. A breve avrei concluso i miei studi e arrivata alla fine del master, immaginavo che avrei preso le redini delle aziende, ma mio padre a quanto pare aveva piani diversi per me.
Tutti i miei effetti personali furono trasferiti quasi subito. Avrei voluto spacchettare tutto, ma ero troppo stanca, feci solo una doccia e poi andai a letto senza neanche cenare.
