Capitolo 5
POV DI AVA
Fissando mio padre lo guardai incredula, mi aveva appena condannata a morte.
Il mio viso si era ormai dipinto di rosso, le lacrime avevano irritato i miei occhi e il naso mi colava come un neonato.
In piedi, davanti alla sua scrivania, piangevo come non avevo mai pianto in tutta la mia vita, tenevo gli occhi bassi e stringevo forte l’orlo della mia maglia tra le mani.
“Papà ti prego…” Dissi singhiozzando.
“Non voglio sposarmi…non con quell’assassino…” Supplicai tra le lacrime.
FLASHBACK
Avevo poco più di 10 anni quando mi svegliai nel cuore della notte.
Strani rumori provenivano dallo studio di mio padre.
Mi avvicinai alla porta appena aperta.
Qualcuno stava chiedendo pietà.
Un uomo era con le mani legate ed implorava in ginocchio.
Avevo sempre saputo degli affari sporchi di mio padre, lui non lo aveva mai nascosto.
La nostra villa era sempre piena di uomini armati e non si era mai preoccupato di coprire la sue azioni.
Mio padre era un uomo malvagio e possessivo e a causa del suo carattere ero cresciuta in una gabbia d’oro, potevo avere tutto, tranne quello che desideravo, la libertà.
Sobbalzai quando vidi mio padre camminare nella stanza. Sembrava tranquillo e rilassato.
Sentivo che parlava con altri uomini, ma non riuscivo a vederli.
Improvvisamente tre sagome si spostarono e si misero davanti all’uomo in ginocchio.
Erano due grandi uomini, più alti di mio padre. Con loro c’era un ragazzo, credo avesse avuto non più di 17 o 18 anni.
“Vi prego…Signor White…non uccidetemi…” L’uomo implorava.
“Forza Manuel…fallo fuori”
Uno dei due diavoli diede una pistola al ragazzo, e lui senza esitare gli sparò alla testa.
Il colpo partì, ma non ci fu nessun suono e l’uomo cadde a terra con un buco in fronte.
“Haaa” Urlai forte scappando via.
Quella notte chiusi a chiave la porta della mia camera e piansi tremando di paura.
FINE FLASHBACK
“Ne abbiamo già parlato, Ava...L’accordo è concluso…Adesso firma.” Disse mio padre con tono severo.
Non potevo crderci, una vita spesa a provare ad essere la figlia perfetta, compiacerlo, facendo tutto quello che voleva e obbedire ad ogni sua richiesta, solo per poi costringermi a sposare un criminale.
Avevo sacrificato ogni cosa per renderlo orgolioso di me, ogni mia azione, ogni mio gesto o decisione era in funzione di mio padre e l'unica cosa che chiedevo era la sua attenzione e approvazione.
"Come puoi farmi questo? Credevo che avessi un futuro nei tuoi affari..." Chiesi tra le lacrime.
"Smettila! Da quando sei diventa così capricciosa...?" Chiese irritato prima di abbassare lo sguardo sulla sua scrivania e tirar fuori una sigaretta dal pacchetto e accenderla.
Strinsi i denti cercando di trattenere il tremolio delle mie labbra e indurire la mia espressione, mio padre detestava le lacrime, soprattuto le mie.
"Questo è quello che intendevo dire...comportati da donna." Aggiunse con un sorriso maschino.
"Adesso da brava figlia farai quello che ti è stato detto...sposerai Manuel White e sarai una brava moglie tranquilla ed ubbidiente. Sono convinto che all'inizio ti sorveglierà e finché non ti sarai guadagnata la sua fiducia ti limiterai solo a passarmi le informazioni che ti chiederò, mi sono spiegato?!" Chiese mente fumava.
Non solo mi stava offrendo in sposa ad un criminale, ma voleva che fossi la sua spia.
“Ti prego...” Cercai di trattenere le lacrime, ma una rigò il mio viso senza permesso. Odiavo piangere, odiavo mostrarmi così debole, ma quello che mio padre stava chiedendo era troppo.
Guardai verso Stella cercando un appoggio per la mia causa. La donna mi guardò con occhi tristi, ma non disse nulla. Non potevo biasimarla. Stella era la seconda moglie di mio padre, come me era stata costretta non solo a sposare papà ma anche a crescere la figlia della sua defunta moglie.
Pur non essendo mia madre, la donna aveva fatto di tutto per mostrarmi il suo affetto ed io a mia volta, avevo fatto lo stesso.
Entrambe eravamo l'una il sostegno dell'altra perché tra le tante cose che ci accomunavano, condividevamo il disperato desiderio di attenzione di una sola persona, Damian Russof, un uomo ricco e potente, e come tale temuto da molti.
“Stella per favore…non fatemi questo…voglio laurearmi e viaggiare, sono troppo giovane per sposarmi.” Dissi disperata.
Mio padre si alzò bruscante sbattendo la mani sulla scrivania.
“Adesso basta…Non ti ho cresciuta per farti diventare una donna d’affari…" Sputò con rabbia, poi prese un'altra boccata e continuò, ma questa volta cambiando tono. Sospirando rumorosamente, come generalmente faceva prima di convincermi a fare qualcosa, abbassò il timbro di voce di qualche ottava facendo uscire le parole quasi come se fossero dolci.
"Mia bellissima Ava, non ti sto chiedendo di lasciare gli affari, anzi continuerai a gestire gli account e non solo, avrei un'importante missione, quella di scoprire i punti deboli di Manuel While... Farai quello che ti ha detto papà?... Vuoi rendermi orgolioso di te, vero?” Chiese con occhi quasi disperati.
"La nostra famiglia ha bisogno del tuo aiuto..."
Strinsi le labbra tra i denti sentendo l'enorme responsabilità che mi era stata affidata. Si, volevo rendere felice mio padre e salvarlo dal disastro economico, ma a quale prezzo?! Questo andava oltre ogni sua richiesta. Per lui avevo ribaltato mia vita, avevo cambiato indirizzo scolascito passando da arte a finanza, non frequetevo ragazzi, almeno non in quel senso, non mi mettevo nei guai e soprattutto avevo cercato di essere perfetta e bella come desiderava lui.
Per mio padre l'apparenza era tutto, specialmente per una donna. Crescendo, il mio aspetto non sembrava appagare i desideri di mio padre, anzi il fatto che gli ricordassi mia madre lo irritava.
Non ricordavo molto di lei, ma da alcune foto trovate in cantina avevo notato che dopo aver dato alla luce me e mio fratello, la sua forma era cambiata e questo papà lo detestava.
Alla sua morte, aveva sposato Stella una donna molto più giovane e bella, e quando da adolescente iniziai ad avere problemi di peso, iniziarono i suoi abusi verbali sottolineando più volte che fossi grassa e stupida come la mamma.
Perdere peso e laurearmi nel campo finanziario erano solo alcune delle cose per dimostrare a mio padre che valevo molto di più di quello che credeva, ma questa volta la sua richiesta aveva superato ogni limite.
"Papà per favore, farò tutto quello che vuoi, ma non questo..."
"Ava, non c'é nient'altro che desideri...devi sposare Manuel White e rivelarmi i punti deboli dei suoi affari, vuoi che ci rovini? È questo quello che vuoi? Vedere tuo padre e la tua famiglia schiacciati da quell'uomo?"
"No, ma deve esserci un'altra soluzione..." Dissi stringendo forte le labbra.
"Basta! Non ne posso più di questa conversazione...devi sposare quel fottuto bastardo...a meno che..."
Lo guardai con orrore conoscendo quella minaccia.
"A meno che tu non voglia andare al CRDC..."
"NO" Urlai sbarrando gli occhi.
No, il CRDC no! Quel posto era un inferno.
Il Centro Riabilitativo per i Disturbi del Comportamento era conosciuto anche come riformatorio delle donne.
Gestito da medici senza scurpoli e sostenuto dagli uomoni più ricchi e potenti del paese, era in realtà un centro psichiatrico che usava metodi poco ortodossi per rieducare mogli e figlie ribelli.
Anche Nadia, la cugina della mia miglior amica Celeste era stata spedita lì, e da quello che avevo sentito la ragazza era tornata a casa praticamente sotto shock incapace di parlare e reagire.
"Allora?" Chiese alzando un sopraccilgio.
Davvero non riuscivo a credere che un padre potesse fare così tanto male alla propria figlia. Come faceva a non vedere la mia paura e disperazione?!
Avrei voluto urlagli in faccia che lo odiavo per quello che mi stava costringendo a fare, ma le mie gambe vacillarono e crollando sul pavimento mi raggomitolati a terra piangendo.
"Non fare la drammatica...ognuno ha il suo ruolo in questa famiglia, e questo è il tuo." Disse papà con il suo solito tono.
Restai sul pavimento a piangere mentre la cascata di lacrime non smetteva di scorrere dai miei grandi occhi verdi.
"Tuo fratello è stato quasi ammazzato da quell'uomo. Cosa ti sto chiedendo, eh?! Non vuoi vedere Manuel White distrutto?"
Mi strinsi di più a me stessa sentendomi un verme. La mia famiglia stava rischiando la vita ed io piangevo come una bambina perché non riuscivo ad eseguire un semplice ordine, ma io non ero come loro, avevo paura, paura di Manuel White.
“Damian…Ava è una bambina…” Mormorò Stella con la voce che le tremava.
“Nessuno ha chiesto la tua opinione, e poi Ava ha 25 anni e non è più una bambina…È più che pronta al grande passo...Adesso comportati da vera donna Russof, alzati!"
Il suo tono severo mi fece accapponare la pelle, lentamente si avvicinò e si fermò davanti al mio corpo tremante.
Guardandomi dall’alto, tirò una penna dalla tasca della sua giacca e me la pose.
“Firma di tua spontanea volontà Ava…altrimenti…” Non finì la frase.
Sapevo cosa voleva dire.
Mio padre era un uomo violento e questa volta non si sarebbe risparmiato nel colpirmi.
Alzai il viso rosso, la mia situazione non gli faceva pietà, anzi sembrava annoiato dal mio comportamento.
Allungai il braccio e presi la penna.
Con il dorso della mano mi asciugai le lacrime e tirai su con il naso.
Mi alzai e guardai verso i fogli.
Non ero lontana dalla scrivania, ma impiegai un'eternità per raggiungerla.
Trascinavo pesantemente il mio corpo, mi sentivo come se stessi andando al patibolo.
Mio padre allungò un foglio verso di me, era l’ultima pagina del mio contratto di matrimonio. Quel bastardo di Manuel White aveva già firmato.
Potevo vedere dalla sua firma che era un uomo che non esitava. Era chiara, pulita e lineare, a differenza mia, le mani mi tremavamo e non ero affatto sicura di quello che stavo facendo.
“Fai in fretta Ava…sono piuttosto impegnato oggi.” Disse mio padre sempre più impaziente.
Ci volle meno di un secondo per firmare la mia condanna.
Posai la penna sul tavolo, fissai il foglio per qualche secondo prima di poter realizzare a pieno che la mia vita non mi apparteneva più, senza accorgermene iniziai di nuovo a piangere.
“Congratulazioni tesoro…adesso sei la nuova Signora White… prepara la tue cose, domani ti trasferirai.” La voce allegra di mio padre era irritante, odiavo il suo atteggiamento.
Alzai lo sguardo, lo fissai con il rancore negli occhi ma non dissi nulla.
Non potevo credere a quello che mi aveva appena costretta.
“Hai fatto la cosa giusta, sorridi tesoro...adesso vai e rendimi orgoglioso di te e ricorda il nostro piano.” Disse ridendo.
Volevo urlargli la mia rabbia, ma come al solito ingoiai l'ennesimo boccone amaro e continuai a restare in silenzio con il volto duro.
"Ricorda il contratto prematrimoniale, gli affari, la tua famigla e la tua missione, mi fido di te."
Trattenendo le lacrime annuii e abbassando lo sguardo, mi girai e andai via.
Lasciandomi l'ufficio alle spalle corsi in cucina e come mio solito sfogai la frustrazione sul cibo ingerendo qualsiasi cosa fosse a portata di mano, pasta, carne, salumi, formaggi ed ogni tipo di dessert.
Dopo essermi abbuffata, il senso di colpa tornò a farmi visita e cominciai di nuovo a piangere.
Andando velocemente verso il bagno e dopo aver chiuso la porta a chiave, infilai due dita in gola e svuotai l’intero stomaco.
