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Capitolo 7

POV DI AVA

Svegliandomi presto aprii gli occhi per guardarmi intorno, ero sola vero?

Tirai un sospiro di sollievo vedendo che mio mairto non era venuto a visitarmi.

Gettai lo sguardo fuori dalla finestra osservando la bellissima mattina di maggio.

Come avevo previsto, la mia stanza si illuminò velocemente, il verde del grande giardino e il colore dei fiori erano stupendi e potevo già assaporare l'estate.

Tirandomi su a sedere sul letto pensai alla mia prossima mossa.

E adesso? Nessuno mi aveva lasciato le istruzioni su cosa fare. Se mio marito credeva che avrei atteso in silenzio nella mia stanza, si sbagliava.

Avevo l'agenda piena e fare la brava moglie ubbidiente non rientrava nei miei piani; inoltre all'università mi aspettava un'intensa giornata e non potevo restare a casa ad aspettare. Questo matrimonio forzato non mi avrebbe impedito di vivere la mia vita.

Continuando a fissare un punto nel vuoto, mi chiedevo perché il mio cosiddetto marito non si era fatto vivo?! Non che mi stessi lamentando, anzi ne ero felice, ma pensando a tutto quello che avevo sentito su Manuel, mi aspettavo un'accoglienza diversa.

Scossi la testa pensando che forse mi stavo dando troppa importanza, e se mio marito avesse i miei stessi sentimenti?

Non avevo messo in conto che forse anche Manuel non voleva sposarsi.

Chissà, o forse semplicemnte ai suoi occhi ero insignificante e probabilmente non aveva intenzione di perdere tempo con una ragazza come me.

Qualunque fosse il motivo, a me non importava, non avevo nessun interesse a conoscerlo di persona, la sua reputazione mi bastava.

Mentre decidevo cosa fare guardai la mia ageda scolastica, cavolo! Ero già in ritardo.

Mi preparai velocemente e decisi di uscire.

Aprii lentamente la porta, gettando la testa fuori sul corridoio mi guardai intorno.

Con mia sorpresa non c’erano guardie o bodyguards a controllare la mia camera.

Mmm...strano. Qualcosa iniziò a frullare nella mia testa. Mi stava mettendo alla prova o a mio marito non interessava davvero nulla di me? Possibile che anche lui rifiutasse questo matrimonio? Se così fosse, mi avrebbe lasciata andare via se glielo avessi chiesto?

Dovevo saperne di più, ma come? Non conoscevo niente di Manuel White, tranne che era un uomo pericoloso e potente, ma dovevo trovare un modo per scoprire le sue intenzioni.

L'idea di lasciare questa situazione non fece altro che alimentare il mio desiderio di libertà e incoragiarmi a trovare una soluzione, forse se entrambi volevamo essere liberi potevamo trovare un modo per raggirare il contratto.

Non dovevo lasciarmi spaventare, la soluzione migliore era affrontare tutto con coraggio; in fondo ero una Russof e non avrei dovuto soccombere così facilmente.

Feci un grosso respiro e mi diressi verso il grande salone dove incontrai subito Lilia.

“Buongiorno Signora…Vuole fare colazione?” Chiese dolcemente.

Gettai un'occhiata sulla tavola imbandita, alla sola vista mi venne l'acquolina in bocca. Dio che fame, ma non potevo ingozzarmi, non di prima mattina.

“No grazie…non faccio mai colazione.” Rifiutai con rimorso.

La mia condizione fisica non era delle migliori, le mie abitudini alimentare erano un disastro. Non mangiavo molto e alcune volte facevo il digiuno, ma a queste si alternavano giorni in cui mi ingozzavo e poi vomitavo. Purtroppo avevo un pessimo rapporto con il cibo e il mio stress non faceva altro che peggiorare la situazione.

Da adolescente oltre a quello che mi diceva mio padre, ero anche il bersaglio preferito dei bulli, a scuola mi prendevano in giro per il mio peso, e a causa di ciò, avevo sviluppato una terribile autostima, mi vedevo brutta e grassa.

Cercando di rispecchiare i canoni di bellezza standard, avevo trovato un metodo atroce ma efficace per perdere velocemente perso, vomitare.

Vomitavo ogni giorno e dopo ogni pasto. Dopo anni ero ormai diventata molto magra e probabilmente sotto peso, ma non mi interessa.

Mi preferivo così piuttosto che grassa.

Lasciandomi il banchetto alla spalle mi diressi verso la porta.

“Va da qualche parte?” Chiese Lilia con tono inquisitorio.

“Si…esco.”

“Non sono sicura che lei possa lasciare la casa…” Rispose con tono autoritario.

Aspetta, cosa? Mi era stato davvero vietato uscire? Perché? A mio marito non interessava di me, giusto?

"Non posso restare tutto il giono in casa, ho delle responsabilità." Dissi indurendo la voce.

"Signora, la prego, non faccia storie...le suggerisco di restare."

Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia sul petto.

"È un suggerimento o un ordine?"

“Il padrone non è in casa e starà via per un po'…sarebbe meglio se lei restasse qui…”

Oh, bene. Lui era fuori paese a fare chissà cosa ed io non potevo neanche andare all'università.

Mi dispaice, ma non ero tagliata per la vita da casalinga.

“Beh…io ho delle cose da fare e dei corsi da seguire, non starò qui ad aspettare il tuo padrone…”

Forse Lilia aveva confuso la mia ingenua apparenza per debolezza e non sapeva che in fondo dentro di me scorreva sangue Ruffof ed ero molto più forte e ribelle di quello che immaginava.

Con fare scortese non aspettai una sua risposta, girai le spalle e andai via.

Non mi piaceva comportarmi sgarbatamente, ma se avevo imparato qualcosa da mio padre era che il rispetto si otteneva solo mostrando il lato peggiore e aggressivo.

Quando misi piede fuori casa respirai rumorosamente. Dio, mi sentvo così bene e soddisfatta. Lilia non aveva cercato nuovamente di fermarmi, e con ciò avevo capito cosa fare d'ora in poi, se volevo ottenere qualcosa in questo mondo criminale dovevo impormi sulle mie decisioni.

Sorrisi a me stessa, mi sentivo così orgogliosa. Tutto sarebbe andato bene, mi bastava solo iniziare, il resto sarebbe venuto da sé, e anche con Manuel sapevo che potevo parlargli e farlo raginare.

Impiegai oltre 10 minuti per arrivare al grande cancello d’ingresso, Dio, quanta casa era enorme ed il giardino era immeno.

Quando mi avvicinai, alcuni uomini erano di guardia.

"Aprite!" Dissi seria facendo cenno con la mano.

Uno di loro mi guardò e prima che potesse dire qualcosa lo zittii.

“Sono la Signora di questa casa, ti ho detto di aprire.” Dissi con tono autoritario.

Lui mi guardò confuso e poi mi chiese.

“Vuole che le chiami l’autista?”

“No grazie…prenderò un taxi” Mormorai tenendo la voce solida.

Ce l’hai fatta Ava! Sorrisi a me stessa per il mio successo.

Lasciando la villa, il mio cellulare squillò, era mio padre.

"Papà..." Chiami il suo nome speranzosa. Una parte di me sperava che mi riportasse indietro, ma sapevo che non l’avrebbe mai fatto.

"Chiudi il becco! Hai scoperto qualcosa?"

Aprii e chiusi le palpadre. Mio padre non mi aveva nemmeno chiesto come stavo, non si era nemmeno interessato di sapere se mio marito mi aveva fatto del male o meno.

"Sei entrata nelle grazie di Manuel? Sei riusciuto a sedurlo?" Sputò nuovamente.

Aprii e chiusi la bocca sbarrando gli occhi. Mi aveva davvero chiesto se avevo sedotto mio marito? Disgustoso! Scossi la testa mentre stringevo le labbra evitando di non piangere.

"No, papà, non mi è permesso andare in giro per casa..." Mi limitai a dire.

"Maledizione Ava! Trova un fottuto modo per farlo!"

E senza aggiungere altro riaggaciò.

Restai a guardare il vuoto mentre le lacrime venivano giù silenziosamente. A mio padre non interessava altro che i suoi affari ed io ero diventata una di essi.

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