Capitolo 7
Percorremmo l’ultimo tratto e subito una musica assordante raggiunse le mie orecchie.
“Siamo arrivati” disse, e in meno di un minuto varcammo l’entrata di un locale davvero interessante.
Sulla pista da ballo coppie di uomini ballavano disinibiti, la luce soffusa accarezzava i volti di giovani avvinghiati sui divanetti intenti a baciarsi senza ritegno.
“Cristo!” mormorai incredulo.
“Siamo al Pride, il locale gay più in voga di Phoenix.”
È incredibile.”
“Già, te l’ho detto, siamo scaltri da queste parti, ma non rinunciamo a vivere la nostra natura.”
Mi prese la mano e mi condusse in uno dei tavolini appositamente prenotati.
“La camera è nell’ala sopra, possiamo ballare fino a sfinirci se vuoi, poi andremo a scopare.”
Lo guardai sognante e mi apprestai a fare l’esperienza più travolgente della mia vita.
Ballammo per ore avvinghiati l’uno all’altro, sentivo il calore del suo corpo invadermi fino al midollo, ogni tanto sfiorava le mie labbra gentilmente come a ritardare quel bacio prepotente tanto agognato “Calmati”, sussurrava nel mio orecchio, “Non è ancora il momento” ripeteva fino a sfinirmi.
Il suo corteggiamento era gentile, l’uomo dominatore e autoritario si era trasformato in un essere forte e autorevole, la sua maschera era stata calata e io compresi che Shone aveva voluto mostrarsi per quello che era.
“Da quanto vieni qui?” chiesi invitandolo a sedere.
“Da sempre.”
“Eddy ti appoggia?”
“Sì.”
La domanda premette, volevo sapere tutto di lui, tutto!
“Perché? Chi è lui per te?”
Shone sospirò poi decise di confidarsi.
“Mi raccolse in un parcheggio quando avevo vent’anni. Era venuto a Phoenix per affari e per caso mi vide riverso sul piazzale. Mi avevano pestato a sangue, allora non ero scaltro ed ero molto, molto stupido. Mi soccorse, mi portò con sé e curò le mie ferite, soprattutto quelle dentro, quelle invisibili, quelle che non avrei mai detto a nessuno. Mi diede un lavoro e mi propose di restare al Ranch. Accettai e lui mi trattò come un figlio, un figlio che aveva sempre desiderato avere. Eddy mi restituì una dignità, m’insegnò ad essere scaltro e a vivere la mia natura quando la possibilità di farlo era nell’aria. Misi la maschera e seguii tutti i suoi consigli. Lui mi amò subito come un padre e accettò tutto di me, la mia natura gay non fu mai un problema per lui, l’amore era amore qualsiasi fosse il modo in cui avevo deciso di viverlo.”
Rimasi incantato dalla semplicità delle sue parole, e pensai a tutti gli Eddy che si nascondevano dietro ai volti di uomini comuni, che accettavano senza limiti l’idea che l’amore potesse anche manifestarsi in tutte le sfumature più svariate.
“Sei sorpreso?”, chiese scuotendomi, “No, solo estasiato” replicai avvicinandomi al suo volto.
“Ti voglio Shone, ti voglio adesso” sussurrai al suo orecchio.
“Va bene, andiamo” disse arpionandomi la mano.
Salimmo una rampa e prima di entrare mi prese con violenza e mi baciò con impeto e passione imprigionandomi contro al muro.
Ricambiai il bacio divenendo aggressivo, la sua audacia era in grado di portare la mia eccitazione alle stelle.
Entrammo nella stanza, solo il tempo di chiudere la porta poi fu dietro di me.
Iniziò a baciarmi sul collo premendo il bacino sul mio sedere.
Sentivo il suo membro gonfio e turgido sfregare le mie natiche.
Mi liberai dalla sua presa e lo toccai bramoso.
Gli strappai la camicia di dosso e lui in riposta mi sbatté sul letto.
Sentivo il cuore pompare, mentre la testa era in preda ad un vortice mai provato prima.
Si spogliò e liberò il suo membro.
“Solo una scopata James, poi ti lascerò andare.”
Fu l’estasi per me, la passione della carne e il sesso tanto desiderato.
Da quando avevo posato il mio sguardo su di lui, avevo sognato di averlo, di averlo dentro di me, e ora estasiato dall’impeto delle emozioni che mi avevano stravolto, realizzai che quel sogno si era trasformato in una meravigliosa realtà, che stava iniziando a stordirmi.
