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Il primo appuntamento

“D’accordo, sono pronta! Raccontami le novità”.

Kaede conosceva un sacco di gente. Non c’era stato un secondo della sua vita in cui non era stato popolare, e questo aveva comportato frequentare un ampio giro di persone. Ma, poteva anche dire di chiamarne amici solo una piccolissima parte e, quella in assoluto a cui voleva davvero bene, di cui si fidava ciecamente perché lo aveva mandato a fanculo un numero impressionante di volte, era la ragazza dai capelli blu che in quel momento lo fissava. Aveva conosciuto Angie alle superiori ma non avevano frequentato la stessa classe perché lei aveva un anno in più. Gli era piaciuta da subito visto che gli aveva sempre detto tutto quello che pensava in faccia, senza mezze misure o prendendola da lontano, e in un mondo in cui la maggior parte delle persone cercava di essere gentile con lui per avere qualcosa in cambio, la sua sincerità era stata un tocca sana. Avevano litigato furiosamente per questo, ma ciò non aveva fatto altro che rendere la loro amicizia più autentica.

“Probabilmente mi dirai che ho fatto una cazzata” esordì il ragazzo sapendo benissimo che lo avrebbe insultato per la storia del ricatto e del finto boyfriend. In cuor suo sapeva che era una stupidaggine, e ovviamente lei glielo avrebbe fatto notare con il minor tatto possibile, per questo l’aveva invitata a prendere un caffè. In un luogo pubblico si sarebbe contenuta un po’.

“Sputa il rospo. Ovviamente lo è se hai tanta paura a raccontare. Non ti vedevo così nervoso nel dirmi qualcosa dai tempi in cui sei andato a letto con la sorella di Nicole”.

Dio quella faccenda! Se la ricordava ancora…

“Beh, la storia in questo caso è diversa ma l’azzardo, potremmo dire, è simile”.

“Andare a letto con la sorella della tua ragazza è stato un livello parecchio estremo e, attualmente, a meno che non mi sia sfuggito qualcosa, sei single da un pezzo”.

“Ecco, appunto, hai centrato l’argomento”, disse sempre più imbarazzato, raccontando da prima dell’aggressione di Neanderthal e poi di come lo avesse ricattato.

“Kaede, ero sinceramente convinta di essere la persona al mondo più negata ad avere una relazione, ma ora devo ricredermi. Tu mi batti di gran lunga”.

“Beh, io non sto andando a letto con un uomo sposato”.

Angie aveva una relazione da quasi un anno con un suo professore accasato, con tanto di moglie e figli. Non sapeva se ne fosse davvero innamorata perché non ne parlava mai, ma il fatto che la cosa si stesse trascinando così a lungo gli faceva sospettare che non fosse solo una questione di sesso.

“No, stai solo obbligando un ragazzo e, da quanto mi hai raccontato un ragazzo eterosessuale, a fare finta di essere il tuo boyfriend. E per di più se la storia del camuffamento è vera, uno che non ha tutte le rotelle a posto, oltre ad avere un insano istinto protettivo verso la sorella. Perdonami, ma se mi avessi detto di esserti scopato uno sposato sarebbe stato meglio”.

Detta così sembrava davvero un’assurdità. Come poteva pensare che Xander risultasse credibile se anche prenderlo sotto braccio lo faceva diventare pallido come un cadavere? Il giorno in cui si erano visti in facoltà e lui lo aveva presentato come il “suo ragazzo”, il gioco aveva retto perché le galline erano rimaste troppo sorprese per accorgersi del bluff. Con l’andare del tempo neppure loro ci avrebbero creduto se Neanderthal s’irrigidiva per una semplice occhiata. Però era tardi per tirarsi indietro.

“È per questo che ti sto chiedendo aiuto da cara amica quale sei”.

Angie sollevò gli occhi al cielo appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi aperti che le incorniciavano il viso.

“E di grazia, che cosa dovrei fare?”

“Ho intenzione di portarlo all’Insomnia per prima cosa”. Era la discoteca in cui ormai andava abitualmente insieme ai suoi amici e dove conosceva praticamente tutti. Proprio per questo, spesso si era trovato circondato da degli scocciatori che gli impedivano di passare una serata divertente con tipe che senza alcun ritegno gli si strusciavano addosso sulla pista da ballo, o persino lo buttavano sui divanetti senza troppi convenevoli. Ovviamente ne aveva approfittato ma voleva essere libero di divertirsi senza avere qualcuno addosso. Portare Xander lì come primo appuntamento gli sembrava un’ottima idea, tanto più che si trattava di ballare e basta, cosa che un qualsiasi ragazzo della loro età faceva normalmente.

“Penso che se con noi ci sarà anche una ragazza magari si sentirà meno a disagio” spiegò Kaede per convincere l’amica. “Ti chiedo solo questo piccolissimo favore, cosa ti costa venire a ballare con me? Sarà uguale a tutte le altre sere in cui ci andiamo insieme?”

“Certo, fare da candela è proprio il sogno della mia vita!”

“Oddio, ma lo hai capito che non sarà un vero appuntamento? Lo porto lì, lo faccio vedere un po’ in giro sperando che quello non mi prenda a pugni, per questo mi servirai tu, e poi ce ne andiamo, tutto qui.”

“Ma non sarebbe stato meglio reclutare qualcuno che ti trova almeno un po’ piacevole? Qualcuno di quei bei ragazzi dell’agenzia di modelli che ti sbavano dietro?”

Kaede scosse la testa perché sapeva che l’amica aveva perfettamente ragione.

“Almeno sono sicuro che finita questa faccenda non vorrà più niente da me”. Non voleva fare la vittima ma la storia gli aveva insegnato che proprio chi sembrava più gentile e innamorato spesso ha un doppio fine.

Quella frase fece sospirare Angie che lo fissò con i suoi severi occhi blu.

“Quand’è che ti passerà? È trascorso un anno! Hai incontrato un pezzo di merda, ok, ma sai quanti ne ho incontrati io nella vita?”

“Peccato che mi fossi innamorato di quel pezzo di merda” ribatté con una punta di rabbia Kaede. Era stato non solo il suo primo amore ma anche il suo primo ragazzo. Non che non ci fosse stato mai nulla prima di Artur, qualche bacio e cose così, ma non era mai stato a letto con un uomo, la sua esperienza si era limitata all’altro sesso.

“D’accordo, d’accordo, non continuerò a dirti che stai sprecando il tuo tempo e che se fossi in te mi cercherei una storia vera, non un poveretto costretto a fingere per un ricatto. Ma senti, ne vale la pena? È carino?”

Kaede ripensò agli occhi di Xander, a quella sfumatura di un indistinguibile verde e nocciola, alla sua pelle color caramello, alle labbra piene che gli ricordavano una gustosa castagna, e a quel polso così sottile tra le sue mani.

“Beh, diciamo che è appena un po’ lo è” mentì.

Il fatto di dover preparare un grosso esame non impediva a Xander di pensare costantemente a quando il suo cellulare avrebbe squillato e lui si sarebbe dovuto presentare a quel primo, fastidiosissimo, umiliante appuntamento. Aveva la testa china sui libri ma la mente vagava al pensiero di cosa quell’orribile ragazzo avrebbe pensato per metterlo in imbarazzo. Quando gli si era gettato addosso davanti a tutti era rimasto letteralmente impietrito dalla sorpresa e, cosa ben peggiore, aveva potuto rivedere la sua faccia pallida e scioccata il giorno dopo su Facebook. Era stata Sam a fargli vedere le foto che alcune di quelle ragazze urlanti avevano postato, così felici di mostrare al mondo le news della vita privata del loro beniamino. Xander si era preso un po’ di tempo per leggere i commenti e, tra pochi insulti e tanti messaggi disperati per non essere riuscite ad accalappiarsi Kaede, molte erano state contente della nuova coppia. Più che felici era meglio dire esaltate. Sam aveva ragione, quelle erano pazze!

Cosa avrebbe dato per tirarsi fuori da quella maledetta faccenda. Tornare alla sua vecchia vita, al suo pile informe in cui poteva nascondersi, ai suoi occhiali che gli coprivano metà faccia, e persino alle chat con ragazze bruttine che credevano che lui fosse il meglio a cui potevano ambire. Ragazze! Non un tizio dalla pelle candida e dalle braccia muscolose che, dopo avergli sussurrato all’orecchio lo aveva preso sotto braccio attirandolo a se, senza alcun preavviso! Nessuna ragazza era mai stata tanto sfacciata da invadere il suo spazio personale, se mai l’iniziativa era sempre venuta da Xander. Lui era il maschio, era lui a provarci mentre quel tipo dagli occhi a mandorla così neri da togliere il fiato, non ci aveva pensato due volte a trattarlo come una ragazzina.

Scosse la testa disperato portandosi le mani tra i capelli. Si sentiva malissimo ma non voleva che Kaede scoprisse quanto l’essere trattato in quel modo lo turbasse.

In quel momento squillò il telefono e con sollievo vide che il numero che compariva sul display non era quello del suo ricattatore, poiché non era salvato nella rubrica.

“Il Signor Xander Martin?” domandò una voce di donna sconosciuta dall’altra parte del telefono.

“Sì, sono io. Con chi parlo?”

“Buongiorno, la chiamo dall’ufficio legale Smith & Soci che rappresenta Dorothy Blame. Avremmo bisogno di fissare un appuntamento con lei per alcune firme per quanto riguarda i subentri legali a suo padre”.

All’udire quel nome il suo cuore perse un battito e qualunque fossero i problemi che lo affliggevano solo un secondo prima, si dissolsero come il fumo di una sigaretta nell’aria.

“Deve parlare con mio nonno per le questioni legali, io non ne so nulla”.

“Ho bisogno di una sua firma in quanto unico erede per rinnovare la delega sulle spese della casa che suo padre aveva lasciato alla signora Blame”.

“Non è capace di pagarsele da sola!” ringhiò Xander.

Dall’altra parte trascorsero pochi secondi di silenzio mentre sentiva il cuore così accelerato da fargli male nel petto.

“Suo padre si è sempre fatto carico di quelle spese, erano nell’accordo di separazione”, continuò la donna un po’ infastidita. “In quanto erede lei deve proseguire nell’ottemperare al pagamento, ma ho bisogno di una sua firma per autorizzare i bonifici”.

L’idea di dare qualcosa a quella donna, persino dei soldi che a lui non servivano, gli fece venire voglia di urlare. Non voleva avere più niente a che fare con lei… semplicemente non voleva pensare a lei o immaginare che esistesse. Cercare di cancellarla dalla mente implicava però non farle la guerra, altrimenti se ci fossero state delle beghe legali avrebbe dovuto rivederla e questo sarebbe stato davvero intollerabile.

“Trovo incredibile che quella donna dopo tanti anni abbia ancora bisogno dei soldi della mia famiglia”.

“Le ricordo che è stato suo padre…”

“Sì, sì, certo, era un uomo molto generoso. Ne parlerò con mio nonno e poi le farò sapere la mia decisione. Ma se dovessi accettare non voglio assolutamente che lei sia presente alla firma dell’atto”.

“D’accordo signor Martin, le prometto che la mia cliente non ci sarà, ma la sollecito a provvedere in fretta. Buona giornata”.

Quando la chiamata finì Xander si sentiva così scombussolato e arrabbiato che, senza neppure infilarsi una tuta da allenamento si ritrovò in strada a correre. Il tempo era tremendo, faceva freddo e cadeva una pioggerellina sottile che ben presto inzuppò la felpa da casa, l’unica cosa che aveva addosso, senza che il ragazzo se ne accorgesse. Cominciò da subito a darci dentro, correndo con tutta la forza che aveva, cercando di sentire il dolore dello sfinimento il prima possibile, quel dolore che avrebbe cancellato il nome che continuava a rimbalzare nella sua mente. Ma il senso di vuoto e di frustrazione non accennavano a diminuire anche quando ogni muscolo del suo corpo sembrava incendiarsi per lo sforzo e i polmoni scoppiare per la mancanza di ossigeno.

Completamente esausto incespicò verso un muretto mentre lo stomaco cominciava a contrarsi e tutto ciò che aveva mangiato a pranzo finiva sul marciapiede. Non sapeva se le lacrime che ora gli bagnavano gli occhi erano dovute allo sforzo, alla pioggia o semplicemente al dolore che non accennava a diminuire. Sarebbe mai finito? Avrebbe mai trovato qualcuno o qualcosa capace di attenuare almeno un pochino quella voragine che sentiva dentro? Quel mostro nero che era nato quando lui era solo un bambino e che lo aveva fatto diventare quello che era oggi?

Il nome di Dorothy Blame era inciso nella sua anima come la peggiore delle maledizioni, ma quello allo stesso tempo era anche il nome di sua madre.

Dopo quella notizia l’idea del primo appuntamento era diventata meno terrorizzante fino a quando Xander non aveva ricevuto il messaggio che la prima apparizione pubblica come “ragazzo di Kaede” sarebbe stata, niente meno, che in una discoteca. Sembrava che quello stronzo ci mettesse tutto l’impegno possibile per metterlo disagio. Avrebbe dovuto ballare! Aveva provato qualche volta ad andare in discoteca con alcune ragazze conosciute in chat, ma il suo pile non andava d’accordo con un ambiente in cui tutti erano in maglietta e sudavano come pazzi.

Dio, come poteva pensare solo lontanamente di ballare vicino al suo aguzzino, mentre quello gli si strusciava addosso per far credere alla gente che stavano insieme? Kaede gli aveva anche detto che non sarebbero stati da soli, ma li avrebbe accompagnati la sua amica che sapeva già tutto del bluff. Quando lo aveva chiamato ed evidentemente si era accorto del suo stato di panico, aveva cercato di rassicurarlo in qualche modo, dicendo che sarebbe stata una cosa veloce, quattro salti in pista in mezzo a tanta altra gente e poi a casa. Ma come poteva sapere quel diavolo dagli occhi a mandorla che tutta quella faccenda per lui era un supplizio?

Sam ovviamente non aveva colto la gravità della situazione ma, anzi, era talmente eccitata che sembrava dover andarci lei all’appuntamento. Sapeva già tutto del locale in cui l’avrebbe portato Kaede, l’Insomnia che diceva essere il più trendy del momento, dove andavano tutti gli universitari “fighi”. Xander cercò di non indagare su come facesse a sapere dove andavano a divertirsi gli universitari e, da come la vedeva su di giri per la sua avventura, decise anche di soprassedere sulla telefonata dell’avvocato di Dorothy. Meno si nominava quella donna meglio sarebbero stati tutti quanti. Quando aveva parlato con il nonno lui lo aveva rassicurato come sempre. Una parte della sua mente però era martellata dall’idea di non poter evitare di rivederla. Erano anni che non si incontravano e, anche se non riusciva ad ammetterlo neppure a se stesso, una piccolissima parte di lui, forse quella più masochista, avrebbe voluto incontrarla. Era invecchiata? Aveva i capelli bianchi? Era sciatta? Sposata? Aveva altri figli? Era stata abbandonata? Quella sarebbe stata senza dubbio la risposta migliore.

Kaede gli aveva detto che si sarebbero incontrati in un locale in centro prima di dare il via alla falsa serata. Per fortuna quanto Xander arrivò vide il suo presunto boyfriend ad aspettarlo già seduto ad un tavolino, intento a ridacchiare con una ragazza molto carina dai capelli di un blu brillante. Almeno non aveva la cattiva abitudine di arrivare in ritardo, pensò, prendendo posto proprio di fronte a lui, e buttando fuori quello che era un misto tra un saluto e un insulto.

“Buongiorno principessa, come sempre di ottimo umore” disse Kaede mentre il suo sorriso spaccone si trasformava in una smorfia.

“Se avessi voluto vedermi di buon umore non mi avresti chiesto di fare questa cosa”, sbuffò mentre il suo sguardo veniva catturato dagli occhi del ragazzo che aveva di fronte, messi in risalto da una sapiente matita nera che li contornava rendendoli persino più esotici del solito.

“Stiamo per andare a ballare Neanderthal, non ti sto portando al patibolo! Prendila con più leggerezza santocielo”.

“Leggerezza? Tu sei pazzo! Credi che io possa…”

“Se non sapessi che è tutto un bluff penserei che voi due state insieme davvero per come battibeccate”, s’intromise la ragazza porgendogli la mano. “Piacere, io sono Angie”.

Xander gliela afferrò irritato da quell’osservazione. Aveva un ché di Betty Boop nel suo look, un misto tra anni ’30 e un manga. Le strinse la mano cercando di sorridere anche se era così nervoso che quello che venne fuori, probabilmente dovette sembrare una mezza paresi.

“Dio Kaede, cos’è che avevi detto? Un po’ carino?” disse lei afferrandogli con delicatezza il mento. “Pelle ambrata, corporatura esile, occhi grandi. Assomiglia terribilmente a qualcuno di nostra conoscenza.”

“Non dire cazzete” ribatté il moro ma con meno spavalderia rispetto a un secondo prima.

“Beh, almeno sarà chiaro a tutti che ti piace e non fingi” sghignazzò la ragazza lasciandolo andare. “Trovare qualcuno che è tale e quale al tuo ex è stata proprio un’idea brillante”.

Il viso di Keade, di solito di una delicata sfumatura pallida si accese di rosso.

“Non assomiglia per niente ad Art” gridò, tanto che alcune persone del locale si voltarono verso di loro.

Angie rise così tanto da quell’uscita dell’amico che dovette tenersi la pancia e appoggiare la fronte sul tavolo. Xander non sapeva che cosa diavolo era successo, ma dallo stato in cui vedeva il suo aguzzino tutt’altro che misurato e padrone di sé come appariva di solito, iniziava a provare una grande simpatia per quella ragazza.

“Scusa se non ti ho messo a tua agio” disse lei appena finì di ridere, “ma prendere per il culo mister perfettino qui e una delle cose che mi diverte di più nella vita. Lo so che lo vorresti strozzare, ma se lo conosci un po’ è facilissimo farlo impazzire e non ti devi neanche scomodare per prenderlo a pugni”.

“Volti le spalle al tuo migliore amico per il primo che passa?”

“Non è il primo che passa? Sbaglio o è il tuo ragazzo?” rise ancora Angie ormai alle lacrime.

Questa volta anche Xander la seguì, perché quell’idea così assurda che fino ad ora lo aveva fatto solo infuriare, finalmente si stava rivelando per ciò che era, ovvero una storia ridicola.

“Va bene, va bene, avete fatto amicizia, sono contento che vi siate divertiti. E Neanderthal, sei decisamente più carino quando ridi che quando fai il grugno”, lo stuzzicò Kaede toccando il solito tasto che sapeva l’avrebbe messo a disagio.

Finito il primo drink della serata i tre presero la macchina di Angie che parcheggiò poco lontano dall’entrata del locale, grazie a un particolare lasciapassare. Che fossero degli habitué di quel posto fu immediatamente chiaro dal fatto che ancor prima di entrare avevano salutato entrambi almeno una ventina di persone. Kaede non aveva fatto alcun gesto particolare verso di lui, eppure si sentiva osservato da tutti, come se nell’aria galleggiassero domande sul rapporto che li legava. Poi, quando finalmente entrarono fu investito dal calore dell’ambiente e dalla musica assordante tipica delle discoteche. Il locale era già pienissimo e dopo aver lasciato i cappotti andarono verso un tavolino ancora libero.

“Siamo dei vip” gli sussurrò all’orecchio Angie. “L’agenzia di Kaede lascia sempre qualche tavolo free per i suoi modelli in accordo con il locale”.

Ottimo, questa era proprio l’informazione che gli mancava per sentirsi ancora più sotto pressione. Lui si sarebbe seduto in un posto riservato ai modelli di un’agenzia, davvero grandioso!

“Vado a prendere qualcosa da bere, voi che volete?” domandò ad entrambi il moro.

Xander scosse la testa, non avrebbe bevuto niente. Non beveva mai e quella sera voleva mantenere il pieno controllo di sé.

“Stai tranquillo piccolo” gli sussurrò Angie una volta seduti sui divanetti, “Kaede non ti mangia mica. Anche se mi diverto a prenderlo per il culo è un autentico gentiluomo, non devi essere così nervoso. Pensa solo che gli serve il tuo bel faccino per allontanare qualche scocciatore. Rilassati, bevi qualcosa e lasciati un po’ andare”.

Facile a dirsi, pensò. Tutto lì dentro lo terrorizzava. Le persone naturalmente, tutti quei corpi in movimento premuti sulla pista da ballo. E poi la musica, le luci e quell’energia che sapeva di felicità, di festa, di trasgressione ma che per Xander risultava estranea se non paurosa. Erano ragazzi della sua età eppure gli sembravano alieni.

“Senti se vuoi ho delle gocce che prende sempre mia madre per calmarsi. Lei si riempie di tranquillanti e io qualche volta glieli rubo per fare un po’ di festa. Ti fanno solo rilassare e affrontare la serata nel mood giusto”.

“No!” urlò Xander mentre il cuore gli batteva più forte in gola. Quello non era il suo posto, si stava sentendo male. Doveva assolutamente calmarsi. “Magari bevo qualcosa di leggero”.

Lei parve sorprendersi un po’ per la sua reazione ma poi gli sorrise. “Ok, ci vado io al bar e tu mi aspetti qui. Vedo che il tuo finto ragazzo è già stato intercettato da qualcuno che non lo vuole mollare” sbuffò.

Xander vide Keade intento a parlare con due ragazze e sperò che per il resto della serata fosse occupato con qualcun altro. Meno male che c’era Angie, forse con lei sarebbe stato più tranquillo e quando la ragazza tornò al loro tavolo con due drink colorati pieni di frutta, decise di non farsi più problemi inutili.

“Super soft non ti preoccupare. Ma bevilo tutto, ok? Abbiamo già un sacco di occhi addosso”.

Si guardò attorno e solo ora vide che le due con cui stava parlando il moro lo fissavano intensamente.

“Non ti preoccupare per quelle streghe, sono le prime che Kaede vuole far girare al largo. Ma dove è andato? Probabilmente a diffondere in giro la lieta novella” ridacchiò la ragazza dai capelli blu.

Per distrarsi dall’essere al centro dell’attenzione, Xander buttò giù un sorso del suo cocktail. Infondo, anche se non era abituato a bere, quella era proprio un’emergenza e Angie aveva ragione, doveva assolutamente rilassarsi e prendere tutta quella faccenda con la giusta calma. In fondo era in un locale pubblico, che cosa poteva succedere di così grave?

Quando si avvicinò al bancone Kaede vide troppo tardi due tipe con cui, in un modo o nell’altro aveva avuto a che fare negli ultimi mesi. Si era divertito con loro senza mai andare fino in fondo, ma erano amiche e gli avevano dato il tormento una volta che si era stufato di frequentarle. Lo accerchiarono con quel modo di fare da vamp anni trenta che a lui dava sui nervi per quanto era fasullo, e una delle due gli si strusciò contro.

“Allora, che si dice straniero?” domandò con grande originalità.

“Scusa cara ma sono proprio occupato. Sono in compagnia come vedi”, disse indicando il tavolo in cui si trovavano Angie e Xander. Anche visto da lontano Neanderthal sembrava terrorizzato. Che diavolo aveva quel ragazzo che non andava? Kaede cominciava a credere di aver fatto la peggior scelta possibile quando aveva deciso di coinvolgerlo in quella storia eppure, nonostante fosse sconvolto non poteva far a meno di trovarlo terribilmente carino. Non era solo il suo aspetto fisico ma anche il modo in cui si mordicchiava le labbra, lo sguardo serio e composto, l’osservare la gente che ballava in torno a lui come si trattasse di una baraonda infernale. Sembrava così smarrito e piccolo da fargli sentire il desiderio di correre in suo aiuto per proteggerlo.

Scosse il capo e buttò giù tutto d’un fiato lo shottino che le ragazze gli avevano messo davanti. Ecco che ricominciava con la sindrome della crocerossina. Dio, doveva smetterla, si era già messo abbastanza nei guai con quella sua assurda mania di salvare bei ragazzi in pericolo.

“Chi è la tua compagnia?” domandò la ragazza alla sua sinistra.

“Sarete liete di sapere che ho messo la testa a posto e che quello è il mio nuovo ragazzo”.

Quattro paia di occhi lo fissarono con un misto di incredulità e sgomento. Era così assurdo che finalmente avesse trovato qualcuno?

“Beh, buon per te” rispose la prima che gli aveva rifilato lo shot. “Magari ci vuoi presentare?”

Stava per liquidarle dicendo che lo avrebbe fatto in un altro momento, quando da dietro al balcone qualcuno lo strattonò e la faccia barbuta da hipster del gestore del locale si protese verso di lui fino ad arrivare nel suo orecchio.

“Lo so che non sono più affari tuoi ma ho bisogno di una mano di là. È una tua vecchia conoscenza e sei l’unico che riesce a farlo ragionare quando è fuori di testa”.

Lupus in fabula. Era lì da meno di cinque minuti pronto a sparare la bugia più grossa sulla sua vita sentimentale che la realtà lo faceva già precipitare con violenza sulla Terra. Avrebbe dovuto rispondere che se ne fregava, che aveva altro da fare, tornare al tavolo e godersi la sua serata fasulla. Ma non ce la faceva dannazione.

“D’accordo” rispose invece seguendo il barbuto in una delle salette private dell’Insomnia dove sapeva esattamente cosa aspettarsi. E infatti, come volevasi dimostrare, la più classica scena d’isteria, quasi fosse piombata delle telenovele messicane che sua nonna gli faceva vedere da piccolo, gli si presentò davanti. Su un divanetto stava seduto un uomo di mezza età, con la camicia slacciata e, da quanto poteva vedere Kaede, con la cintura dei pantaloni aperta, mentre a poca distanza, trattenuto da un buttafuori e con una bottiglia in mano, c’era Artur che urlava isterico. Anche l’uomo urlava, mentre un altro tizio del locale cercava di calmarlo anche se per lo meno non doveva tenerlo fermo.

Non serviva neppure che gli spiegassero la situazione perché l’aveva già vissuta diverse volte. Art faceva il carino con il tipo di turno, probabilmente qualcuno che lavorava nel campo della moda e che gli diceva che avrebbe potuto passargli qualche lavoro importante. Spesso si trattava di fotografi o talent scout, non che fosse importante. Comunque i due se ne andavano a parlare di “lavoro” in un posto appartato, ma quando il tipo allungava le mani perché era certo di ricevere qualcosa in cambio, Artur andava su tutte le furie e cominciava a dare di matto. Se il tipo non aveva bevuto troppo se ne andava con qualche insulto, ma se il parlare aveva comportato anche bere parecchio, l’andare in bianco diventava inaccettabile e allora succedeva un casino.

“Che diavolo ci fa lui qui” gridò il suo ex non appena si accorse di Kaede. Vederlo ogni volta gli faceva un male cane, perché nonostante tutto gli piaceva ancora.

“L’ho chiamato io per portarti fuori da qui ragazzino. Possibile che quando metti piede nel mio locale devono succedere casini!” rispose il proprietario facendo cenno al buttafuori di lasciarlo andare.

“Non è colpa mia se sono circondato da porci che vogliono mettermi le mani addosso. Sei tu che dovresti selezionare meglio la clientela”. A quelle parole l’uomo cominciò a gridare ancora più forte e Kaede con poca grazia prese Artur per un braccio trascinandolo via.

“Adesso ti chiamo un taxi e te ne vai a casa” gli disse a muso duro mentre quello alzava le spalle come se tutta quella situazione non lo toccasse più di tanto. Come aveva fatto a innamorarsi di uno stronzo simile? Non ne aveva la minima idea. Aveva fatto anche con lui lo stesso gioco, usandolo finché ne aveva avuto bisogno.

Lo trascinò in strada sentendo sempre di più rabbia e frustrazione montargli dentro. Perché non riusciva a dimenticare quello stronzo manipolatore con la faccia da angioletto? Lo vide accendersi una sigaretta e appoggiarsi a un lampione, mentre lo osservava con un mezzo sorriso terribilmente sensuale.

“Ti sembra divertente?” gli domandò. “Prima o poi qualcuno ti picchierà, lo sai? Che gusto ci provi a provocarli così?”

Art buttò fuori il fumo dalla bocca e Kaede, nonostante l’odio che provava per lui, si perse a osservare le sue labbra e fu invaso dal desiderio bruciante che ancora sentiva. Si ricordava come fosse stato marchiato con il fuoco la sensazione che provava quando lo baciava, come era stato toccarlo, scoprire ogni parte della sua pelle dorata e morbida, com’era sentirlo gemere.

“Non sono una ragazzina indifesa” gli rispose con una punta di disprezzo “e non ho bisogno di un uomo che mi salvi visto che anche io sono un uomo. La nostra storia Kaede mi ha fatto capire ancora meglio questo: sono un maschio e non voglio stare con un altro maschio!”

Quel discorso lo aveva già sentito tante volte ma fu di nuovo come prendersi uno schiaffo. Non solo era stato mollato, ma gli era pure stato detto che l’amore che aveva creduto di ricevere era un’illusione, che Art non era gay e che la parentesi con lui era stata solo un madornale errore.

“Non riesci proprio a mettertelo in testa che non ti voglio! Che non ti ho mai voluto e mai ti vorrò! Devi lasciarmi in pace, dannazione. Fattene una ragione!”

La cosa giusta da fare sarebbe stata dargli un pugno ma Kaede ancora non ce la faceva. Nonostante tutto provava pena per Artur e la sua assurda crociata nel voler apparire a tutti i costi eterosessuale, come se non avesse mai sentito i suoi gemiti di piacere quando lo scopava. Era probabile non l’avesse mai amato ma era altrettanto sicuro che gli fosse piaciuto condividere il letto con lui.

Rientrò tra la calca di persone stordito e arrabbiato, e finalmente si ricordò di cosa diavolo era venuto a fare lì quella sera. La sua commedia stava andando a puttane… un’altra cosa per cui doveva ringraziare quello stronzo del suo ex. Beh, per lo meno non aveva lasciato Xander solo per tutto quel tempo, anche se gli accordi erano di soli cinque appuntamenti e ne stava sprecando uno in quel modo. L’idea di far finta di stare con chi non provava assolutamente nulla per lui e con il quale non ci sarebbe mai stato niente, non gli era mai sembrata così brillante dopo quell’incontro con Art.

Quando arrivò al loro tavolo lo trovò inaspettatamente vuoto, ma non aveva voglia di aspettarli, così decise di andare a cercarli in giro e, infatti non dovette muoversi di molto ma la scena che gli apparve davanti fu del tutto inaspettata. Xander e Angie stavano ballando avvinghiati, lui soprattutto le era vicinissimo quasi la volesse baciare davanti a tutti. Il rigido palo in culo che aveva lasciato una mezz’ora prima si era trasformato in mister polipo assatanato mentre lei provava a resistere in qualche modo al suo assalto.

Kaede sentì un misto di frustrazione, rabbia e persino tristezza assalirlo. Per la seconda volta nel giro di pochi minuti avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno, ma infondo che diritto aveva? Non poteva costringere Neanderthal a far finta di provare attrazione per lui, non poteva obbligare Artur ad amarlo e neppure Angie a non farsi un ragazzo che trovava carino.

Vide che lei si era accorta della sua presenza imbambolato com’era in mezzo a tutte quelle persone che si dimenavano, così girò sui propri tacchi cercando di dileguarsi il prima possibile per lasciarli in pace. Quando però si fermò per capire cosa fare si accorse che Angie lo aveva seguito e, pensò che la sua espressione spaventata fosse dovuta a un fraintendimento. Se credeva che ci fosse rimasto male solo perché un ragazzo carino e per di più etero non aveva rispettato un patto assurdo era davvero fuori strada, anche se avrebbero potuto essere un po’ più discreti.

“Kaede ascolta, non è come pensi” disse lei agitatissima.

“Senti, non mi devi nessuna spiegazione. Vi ho lasciati da soli ed è successo che…”

“Gli ho dato il tranquillante di mia madre!” urlò ormai sull’orlo di una crisi di panico.

Per un attimo non capì ma poi realizzò che Angie spesso svaligiava l’armadietto dei medicinali dei suoi.

“Tu cosa?”

“Era così nervoso, non hai idea, così gli ho messo qualche goccia nel drink, senza dirgli niente, giusto per farlo sciogliere un po’… a me quella roba non fa niente… come potevo immaginare che lo trasformasse in Mr. Hyde. L’ho fatto ballare con me perché si stava buttando addosso a chiunque!”

“Oh dio Angie, che cazzo hai fatto? E adesso è da solo!”

La ragazza si portò le mani alla bocca e Kaede la spostò in malo modo tornando sui suoi passi. Non riusciva a pensare lucidamente, doveva solo trovarlo il prima possibile. Mancava solo la droga dello stupro per portare la sua serata da livello tragedia a incubo. E ovviamente, tanto per peggiorare le cose non riusciva più a vederlo in mezzo a tutto quel casino. Si diresse verso i divanetti nascosti nella penombra in fondo alla sala e, sorbendosi gli insulti scocciati di parecchi che stavano limonado, lo vide, seduto con la testa appoggiata al muro, solo che non era solo. Nonostante Xander fosse visibilmente intontito un tizio gli stava addosso, le mani sul petto e la bocca incollata al suo collo e, finalmente la rabbia montata per tutta la sera riuscì ad essere canalizzata verso qualcosa, e Kaede prese con forza il tizio per le spalle sbattendolo per terra.

“Che cazzo stai facendo?” urlò rimettendosi subito in piedi, ma lui si mise davanti al divano in modo da non farlo più avvicinare a Xander.

“Non lo vedi che sta male?” ringhiò.

“Ma a te che cazzo te ne frega?”

“È il mio ragazzo, pezzo di merda. Stai lontano da lui”.

“Il tuo ragazzo è una puttana”, sbraitò quello che però si stava rendendo conto che Kaede era proprio incazzato, e che non era il caso di tirarla per le lunghe. “È stato lui a venirmi addosso”.

Per fortuna se ne andò senza fare altri casini e lui riuscì finalmente a rendersi conto dello stato in cui si trovava Xander che lo stava fissando con gli occhi semi chiusi come se non capisse chi fosse.

“Come stai?” gli domandò quando gli fu seduto accanto, ma invece di avere una risposta gli si buttò tra le braccia. Non c’era però nulla di provocante in quell’abbraccio, sembrava più una richiesta di protezione, così Kaede gli accarezzò con dolcezza i capelli sentendolo piano piano rilassarsi.

“Adesso andiamo a casa, ok? Non ti preoccupare”.

Con dolcezza lo sollevò tirandolo a sé e il ragazzo si lasciò guidare, non facendo alcuna resistenza, ma rimanendo tranquillo nel suo abbraccio.

“Oddio, come sta?” chiese Angie dopo averli raggiunti.

“Spero che non ti denunci quando sarà di nuovo in sé. Adesso andiamo via” tagliò corto Keade.

Come aveva potuto essere così superficiale? Mettergli una droga nel bicchiere era troppo anche per lei.

“Lo portiamo a casa sua?” chiese l’amica una volta in macchina. Quando aveva cercato di staccarselo di dosso Xander aveva protestato stringendosi a lui, così Kaede si era seduto sul sedile del passeggiero e ora sentiva il suo respiro regolare contro il collo.

“Pensi che possa riconsegnarlo a sua sorella in queste condizioni? No, portaci da me, stanotte si farà una bella dormita sul divano, così domani mattina sarà in gran forma per riempirmi di pugni”.

Con delicatezza cercò nella tasca del ragazzo ormai addormentato il suo cellulare, lo sbloccò usando la sua impronta digitale e mandò un messaggio alla sorella, scrivendole di non preoccuparsi e che quella sera avrebbe dormito fuori. Una volta arrivati all’appartamento Angie dovette aiutarlo ad aprire la porta di casa, perché Xander non accennava a muoversi.

“Domani lo chiamerò e mi scuserò fino alla morte. Ti giuro che non ho mai visto una reazione del genere in tutta la mia vita per qualche goccia di ansiolitico”.

“Non tutti sono dei drogati come te”, tagliò corto lui sbattendole la porta in faccia.

Quando cercò di far distendere il bel addormentato sul divano a tre posti che aveva in salotto, questi non ne volle sapere, e con forza gli si strinse addosso.

“D’accordo, l’hai voluto tu” disse Kaede ormai esausto, così non gli rimase che stendersi sul proprio letto portandosi dietro il ragazzo che appoggiò la testa sulla sua spalla, accoccolandosi come un bambino. Dopo aver lasciato passare una decina di minuti e convinto che ormai si fosse addormentato profondamente, il moro cercò con dolcezza di sottrarsi a quell’abbraccio. Voleva farsi una doccia, bere qualcosa e poi, anche se la cosa non era il massimo, avrebbe dormito sul divano lasciando il letto al suo ospite. Ancora una volta però, nonostante la maggiore decisione, Xander non lo lasciò andare. C’era qualcosa di strano in tutta quell’insistenza che sembrava venirgli proprio dal suo stato d’incoscienza, così Kaede rassegnato si mise su un fianco e chiuse quel corpo che gli sembrava così fragile nel suo abbraccio, concedendosi di guardare gli occhi chiusi e la fronte un po’ cucciata che si intravvedeva dietro i capelli scostati.

“Che cosa ti è capitato?” gli sussurrò stringendolo ancora un po’ di più a se.

Era caldo, accogliente e confortevole. Sentiva un senso di pace e di protezione che mai gli era capitato di provare, per questo, nonostante il sonno lo stesse abbandonando, si aggrappò il più possibile a quegli ultimi brandelli di incoscienza. Era come tornare bambino anche se da piccolo non gli era mai capitato di sentirsi in quel modo. Forse c’era stato un tempo in cui qualcuno lo aveva fatto sentire così protetto, ma Xander non lo ricordava. Poi, pian piano la coscienza cominciò a bussare con prepotenza nella sua mente, e l’idea che quel senso di pace non fosse un sogno ma che ci fosse qualcuno vicino a lui gli fece spalancare gli occhi dal terrore. All’improvviso sentì l’odore che fino a quel momento lo aveva cullato nel suo stato di beatitudine, come un nuovo campanello dall’arme e capì anche che cosa fosse il peso che sentiva premere sul proprio braccio. Era il braccio di qualcuno che lo teneva stretto, aveva la guancia premuta sul petto di qualcuno che stava dormendo, e si trovava nel letto di un estraneo! Quando in una frazione di secondo Xander realizzò tutto questo schizzò a sedere come una molla, e spinse con tutto la forza che aveva il corpo steso vicino a lui. Solo il terrore che gli serrava la gola gli aveva impedito di urlare. Cercò di mettersi in piedi ma le gambe non gli risposero.

Dal pavimento arrivarono gemiti e imprecazioni, poi una testa dai capelli scuri e un paio di occhi allungati, cerchiati dal trucco nero e sbavato da una notte di sonno, emersero sopra il bordo del letto.

“Sei matto!” gli urlò.

È Kaede, pensò con sollievo Xander, non un estraneo ma poi tutto ritornò a farsi confuso.

“Cosa si hai fatto? Perché sono nel tuo letto?!”

Il moro di mise in piedi scrutandolo con sguardo severo.

“Non ti ho fatto un bel niente Neanderthal! Credi che mi approfitterei di te?! Per chi cazzo mi prendi?"

Sembrava davvero infuriato e lui fece un rapido check del proprio corpo per capire se sentiva dolore da qualche parte. Oltre a un enorme mal di testa era tutto a posto e aveva tutti i vestiti addosso.

“Perché sono nel tuo letto?!”

“Ho provato a farti dormire sul divano ieri sera principessina, ma non c’è stato verso di farti staccare dal sottoscritto”.

“È impossibile… stai mentendo”.

“Senti, se mi credi o no non mi importa, ma non ho di sicuro attentato alla tua virtù. Abbiamo dormito e basta, ok?”

Una fitta alla testa gli fece chiudere gli occhi strappandogli una smorfia di dolore. Com’era possibile che si sentisse così di merda? L’ultima cosa che ricordava era di aver bevuto un cocktail leggero offerto da Angie, e poi il nero totale.

“Vuoi un caffè?” gli chiese Kaede con un tono un po’ più morbido, vedendolo in difficoltà.

Quando si alzò la stanza cominciò a girare di brutto e gli ci volle qualche secondo per ritornare stabile. Mettendo un piede dietro l’altro seguì il padrone di casa nella stanza vicina dove le tende scostate facevano entrare troppa luce per lo stato in cui si trovava. Si trascinò fino alla zona cucina prendendo posto su uno sgabello, osservando il moro trafficare con una macchina del caffè e, infatti, dopo poco gli mise davanti un espresso fumante che lo fece sentire subito meglio.

“Che cavolo è successo ieri sera? Oddio Sam, sarà preoccupatissima” disse alzandosi in piedi e pronto a schizzare via.

“L’ho avvertita io tua sorella” rispose Kaede.

Xander tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare, e vide che Samanta gli aveva mandato un messaggio. Buon divertimento e fai tutto quello che io farei ? gli aveva risposto. Lo avrebbe tempestato di domande, facendosi chissà quali castelli in aria. E la cosa peggiore era che neppure lui sapeva cosa diavolo era capitato. Poi si accorse di aver ricevuto un sacco di messaggi da un numero sconosciuto e per poco non cadde dalla sedia quando lesse che Angie si scusava per averlo drogato!

Quando ancora troppo incredulo per reagire alzò gli occhi dal cellulare si trovò di fronte Kaede che lo fissava sorseggiando con calma serafica il proprio caffè.

“Ascolta, a sua discolpa posso dirti che non aveva nessun secondo fine. Mi rendo conto che il fatto che sia pazza non la giustifica”.

“Mi ha fatto bere della roba… tu sapevi?”

“No, assolutamente no! Ti assicuro che anche per me è stata una serataccia”.

“Che cosa ho fatto?”

Aveva passato chissà quanto tempo senza ricordare nulla…

“Niente, ti assicuro, non è successo niente. Hai ballato un po’ con Angie ma quando vi sono venuto a cercare e mi sono reso conto dello stato in cui eri, siamo tornati immediatamente a casa. Ma non ho idea di dove abiti, per questo ti ho portato qui. Puoi ucciderla se vuoi, io non te lo impedirò”.

Sentì gli occhi pungere per la frustrazione e la rabbia. Gli aveva fatto perdere il controllo, avrebbe voluto colpirlo anche se non era colpa sua, ma si sentiva ancora troppo frastornato.

“Me ne vado” ringhiò. Non doveva neanche mettersi le scarpe, aveva dormito anche con quelle addosso.

“Vuoi un passaggio?”

“Lasciami stare” disse Xander prima di sbattersi la porta alle spalle e lasciare quella dannata casa. Corse giù dalle scale e poi fuori dal portone fino a quando non respirò una boccata d’aria fresca, ma quel senso di calore che permeava ancora il suo corpo non accennava a diminuire.

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