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I cinque appuntamenti

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Two Twins
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Riepilogo

Xander e Kaede non possono essere più diversi. Il primo fa di tutto per nascondersi a causa di un evento tragico del suo passato, si trova a disagio con tutti e il suo unico affetto è sua sorella Samanta. Il secondo è bellissimo, sempre circondato da ragazze, sembra non avere nessun problema al mondo se non quello di voler essere lasciato in pace da fan troppo invadenti. Tra di loro sembra impossibile qualsiasi tipo di rapporto, eppure dovranno fare finta di stare insieme e uscire per almeno cinque appuntamenti...

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Troppo brutto per essere vero

Xander serrò gli occhi ancora più forte cercando di raggiungere l’orgasmo il prima possibile e aggrappandosi al barlume di piacere che sentiva pian piano crescere. Sotto di lui la ragazza gemeva ma non importava un granché, concentrato com’era su se stesso. Aveva caldo e stava sudando terribilmente a causa del pile che ancora indossava. Forse avrebbe fatto bene a toglierselo, ma si sentiva sempre paurosamente in imbarazzo ad apparire nudo davanti a chiunque, così dopo un po’ di petting si era limitato ad abbassarsi i pantaloni e il resto era venuto da sé. Lei non gli piaceva particolarmente, ma le ragazze che lo attraevano almeno un po’ non volevano di certo avere a che fare con uno come lui, così ripiegava sempre su quelle che almeno ci stavano. L’aveva conosciuta su un sito, si erano visti un paio di volte e finalmente avevano finito per fare sesso nella macchina di lei. Una macchina particolarmente stretta soprattutto consid3rando la mole della ragazza e il metro e ottanta di Xander che gli faceva sbattere in continuazione il fianco sul cambio.

Ma aveva disperatamente bisogno di fare sesso, ogni tanto doveva pur sfogarsi! Avere vent’anni ed essere single da sempre voleva dire cercare un’alternativa alla propria mano. Così quando incontrava qualcuno che evidentemente aveva bisogno quanto lui di un contatto umano non si faceva troppi scrupoli.

Ormai ci era quasi, un ultimo sforzo e, con un lungo gemito e venne nel preservativo togliendosi il prima possibile da quella posizione così scomoda. Cercò di riprendere il controllo della propria respirazione e si pulì come meglio poteva con qualche fazzolettino di carta, non vedendo l’ora a quel punto di tornare a casa e farsi una lunga doccia calda. Guardò la ragazza che si stava infilando le mutandine imponendosi di mantenere la facciata del bravo ragazzo finché non sarebbe stato riaccompagnato a casa.

“Scusami” le disse “è da un po’ che non lo faccio e tu sei così bella. Non sono proprio riuscito a trattenermi”.

Ovviamente non ci aveva neppure provato a farla venire, ma lei aveva annuito con un leggero sorriso, dicendogli che non importava e che la prossima volta, magari sarebbero potuti andare in un albergo.

Sì, come no, andare una camera era del tutto fuori discussione.

Xander si rifece la flaccida coda di cavallo che di solito lasciava scomposta sulle spalle, e che a causa dei movimenti e delle dita di lei tra i suoi capelli si era sciolta, poi riprese gli spessi occhiali che aveva appoggiato sul parabrezza e si sentì di nuovo se stesso. Ora percepiva un profondo senso di vuoto e fastidio sia per la presenza di lei che per se stesso. Una parte della sua coscienza sapeva che quella tristezza derivava dal fatto di non voler ridurre il fare sesso a una sveltina meccanica in una squallida macchina con qualcuno che neppure lo attraeva. Gli sarebbe piaciuto provare qualcosa ma sembrava che qualsiasi sentimento d’amore o di puro piacere gli fosse bandito. La ragione ovviamente era il suo aspetto fisico.

“Ti va se andiamo a prendere qualcosa da bere?” chiese la ragazza ormai del tutto vestita e prendendo il posto del guidatore.

Xander guardò l’orologio e ringraziò il cielo che fosse già mezzanotte passata.

“Mi piacerebbe” le disse “ma domani mattina devo alzarmi presto perché ho lezione”, il che era vero anche se non sarebbe rimasto ancora con lei per nulla al mondo.

La ragazza annuì accendendo la macchina e, dopo venti minuti di imbarazzo e chiacchere di circostanza finalmente arrivarono sotto casa di Xander.

“Ti chiamo” le disse prima di darle un leggero bacio sulle labbra e sgusciare fuori, cercando di darsela a gambe il prima possibile. Non aspettò neppure una risposta ma tirò fuori le chiavi di casa, aprì il portone e, con passo veloce andò verso l’ascensore. Ora il bisogno di farsi una doccia e di levarsi di dosso per sempre il suo odore era un bisogno fisico.

Quando aprì la porta l’appartamento era buio ma vide della luce filtrare dalla camera di sua sorella, segno che era ancora sveglia. Si fiondò in bagno e buttò tutti i vestiti nel cesto della roba da lavare, poi lasciò che l’acqua bollente portasse via tutti i residui del pessimo sesso della serata. Avvertiva i muscoli e le spalle tese anche se non sapeva se fosse per il nervosismo o per i chilometri di corsa che si era fatto quella mattina. Correre era la sua unica valvola di sfogo, un modo per mettere alla prova il suo fisico e per portarlo, spesso al limite. Amava sentirsi esausto e dolorante perché gli impediva di concentrarsi su altro. Gli capitava però sempre meno spesso di sentirsi così perché ormai si era abituato troppo a corse estenuanti.

Uscì dal bagno con la mente ancora attorcigliata da troppi spiacevoli pensieri fino a quando, passando davanti alla camera di sua sorella, non la sentì ridacchiare. Samanta aveva diciassette anni ed era la sola e unica cosa davvero importante della sua vita. Non avrebbe dovuto origliare una conversazione privata, Xander lo sapeva, ma era suo preciso dovere controllare con chi fosse al telefono a quell’ora.

“Non puoi capire quanto è bello” la sentì cinguettare. Aprì con precauzione la porta e la vide stesa sul letto con il pc acceso e sullo schermo l’immagine famigliare di Rebecca, la sua migliore amica.

“Lo so Sam, non fai altro che dirmelo e mandarmi in continuazione delle sue foto. Non voglio fare la guasta feste ma uno così non guarderà mai una ragazzina delle superiori.”

“Lo so, lo so, ma chi lo conosce dice che è anche molto simpatico e alla mano, e che è sempre molto gentile con tutte le ragazze, quindi perché non dovrebbe esserlo con me. Dai accompagnami domani, ti prego!”

“Certo che ti accompagno, ma non frequenta la stessa università di tuo fratello? Se lui ti vedesse lì?”

“E allora, scusa, che me ne importa? Sarò libera di andare dove voglio?”

“Lo sai quanto è possessivo? Non credo che la prenderebbe bene se ti vede provarci con uno che ha la sua età!”

Per un attimo Xander non riuscì a mettere insieme il significato di quelle parole nella loro cruda concretezza. La sua sorellina, la sua incredibilmente bellissima e ingenua sorellina voleva provarci con un universitario maggiorenne? Chi diavolo era questo mostro? Come aveva fatto a farle il lavaggio del cervello? Sam non sarebbe finita a fare dello squallido sesso in una squallida macchina come la ragazza grassa con cui era stato quella sera. Sua sorella avrebbe incontrato un ragazzo per bene, una sorta di principe all’antica che l’avrebbe rispettata e avrebbe adorato ogni singola cosa di lei.

“Non serve che me lo dici, si capisce che sclererebbe ma ti assicuro che ne vale la pena. Non ho mai visto un ragazzo così bello in tutta la mia vita, è semplicemente perfetto. Lo sguardo, le labbra, il suo corpo… non hai idea Becca, davvero. Non è un caso che faccia il modello”.

“D’accordo, ti accompagno per conoscere questo fenomeno della natura. Domani a mezzogiorno passo da te?”

“No, vediamoci direttamente a filosofia. Finisce lezione alle dodici in punto”.

“Sei diventata la sua stalker?”

Samanta ridacchiò buttando in dietro la testa e per poco non vide Xander che richiuse la porta con cautela, per poi attaccare l’orecchio alla serratura.

“Ci sono dei gruppi su facebook che lo seguono e che riportano tutti i suoi orari di lezione”.

La conversazione tra le due continuò ma lui non riuscì più a sentire nulla e si arrese a tornare nella propria stanza. Ma chi cavolo era questo tizio di cui parlava Sam? Aveva la sua età ed era iscritto a filosofia. Economia, la facoltà che lui frequentava stava in un edificio dall’altra parte del campus e Xander aveva pochissimi amici anche lì, figuriamoci nelle altre facoltà, quindi era normale che non avesse sentito parlare di questo tipo.

Un modello, niente meno! Se era davvero così bello come diceva sua sorella, probabilmente era abituato a farsi un sacco di ragazze e a buttarle via senza problemi. Avrebbe dovuto passare sopra il suo cadavere prima di fare del male a Sam. La poteva immaginare, ingenua e così carina nella sua uniforme delle superiori, mentre un tipo senza scrupoli si approfittava di lei.

La sola idea gli fece ribollire il sangue e far prendere la decisione che il giorno seguente anche lui si sarebbe presentato all’appuntamento per difendere la sua sorellina anche a costo di farla piangere davanti a tutti.

Keade guardò preoccupato fuori dall’aula il gruppo di ragazzine che si era formato alla fine del corridoio e che non accennava ad andarsene. Anche quel giorno qualcuno aveva fatto una soffiata sui suoi orari di lezione e quelle pazze si erano appostate in attesa di incontrarlo. Sapeva che per quanto si ostinasse a rimanere in classe oltre la fine delle lezioni, quelle non se ne sarebbero andate prima di ricevere la loro quota di selfie insieme a lui e di interrogarlo con le loro assurde domande per sondare la sua vita privata. All’ennesima occhiata storta del professore che non capiva la sua drammatica situazione si decise ad uscire. Infondo, prima sbrigava quella seccatura, prima poteva tornarsene a casa.

Ormai nemmeno i suoi amici gli davano più man forte. All’inizio lo avevano preso in giro ma poi, appena le pazze erano diventate rumorose e insistenti, si erano defilati lasciandolo a cavarsela da solo, come se quella situazione fosse in parte anche colpa sua. Ma lui non faceva assolutamente nulla per incoraggiarle se non essere gentile ma ormai anche la sua pazienza stava iniziando a cedere.

Quando raggiunse il gruppetto delle assatanate teneva una cuffia di lana calata sulla testa e un paio di occhiali da sole, ma lo riconobbero in pochi secondi prodigandosi in fastidiosi urletti che fecero girare tutti gli altri studenti ignari dell’imboscata che stava subendo. C’erano cinque ragazze in tutto, una teneva persino in mano una sua foto di un vecchio servizio fotografico, mentre due di loro indossavano l’uniforme scolastica di una scuola superiore.

Sicuro, ci mancavano solo le minorenni a tartassarlo.

Fece un gran sorriso togliendosi gli occhiali e pregando che quella seccatura finisse il prima possibile. Aveva sempre desiderato essere famoso e avere delle fan, ma non delle invasate che entravano ogni giorno a gamba tesa nella sua vita privata. L’unico modo per riuscire ad arginarle sarebbe stato avere una relazione seria con qualcuno, un fidanzamento ufficiale che togliesse loro ogni speranza. Kaede non aveva voglia di pensare a una relazione dopo che, l’ultima volta che ci aveva provato, il suo cuore era finito in un tritacarne. E poi nessuna ragazza con un po’ di buon senso si sarebbe messa contro quell’esercito di indemoniate, che l’avrebbero come minimo insultata sui social se non peggio. No, sarebbe stato senza dubbio meglio un ragazzo, qualcuno con cui non potevano entrare in competizione, ma era stato proprio un maschio a spezzargli il cuore, e anche se ormai era passato un anno, non provava alcun desiderio di lasciarsi andare a una nuova relazione romantica.

Quella con la foto gli si avvicinò con un sorriso speranzoso e lui come sempre si dimostrò gentile, le fece un autografo e scattarono insieme qualche selfie. Sbrigò velocemente anche la pratica con le altre due che gli chiesero qualcosa a proposito dell’università e dei suoi prossimi lavori fotografici, poi fu la volta delle due liceali, timide e silenziosissime. Ora che le guardava meglio una delle due era davvero una bellezza. Aveva lunghi capelli castani che le scendevano con dei boccoli morbidi sulle spalle, la pelle di una bella sfumatura olivastra che contrastava con gli occhi di un blu scuro e labbra carnose ma delicate. Senza dubbio come lui anche lei doveva avere del sangue misto, ma se il padre di Kaede era giappotailandese e sua madre americana, quella ragazza doveva essere in parte indiana. Se solo avesse avuto qualche anno in più ci avrebbe fatto un pensierino.

Le si avvicinò con uno di quei sorrisi smaglianti che concedeva solo a quei rari esemplari umani che in qualche modo attraevano la sua attenzione e le prese la mano, dandole un lieve bacio sul dorso, e continuando a fissarla con la coda dell’occhio. Poi, all’improvviso qualcosa lo scaraventò lontano, chiuse gli occhi incapace di difendersi da quell’assalto inaspettato e atterrò rovinosamente a terra, sentendo una fitta di dolore partire dall’osso sacro.

Era così stupito da non accorgersi neppure che tra la bella ragazza, ora pallida in viso e con gli occhi sgranati e lui, era comparso un energumeno orrendo. Quando riaprì gli occhi vide un’ombra informe proiettarsi sopra di lui e due pugni chiusi protendersi in modo minaccioso.

“Stalle lontano!” urlò come un pazzo quell’individuo.

Kaede sbatté le palpebre ancora troppo confuso per capire cosa fosse successo, poi il dolore al sedere lo riportò alla realtà, insieme a una buona dose di rabbia. Quando riuscì a rimettersi in piedi si trovò di fronte a quello che sembrava essere un ragazzo alto come lui e probabilmente della sua età, ma che poteva avere dai 40 ai 400 chili visto che era impossibile capire come fosse fatto a causa del pile sformato che indossava. Aveva una terribile coda di cavallo che gli teneva legati dei capelli arruffati e unticci, e a peggiorare la situazione ci pensavano degli occhiali così spessi da far apparire gli occhi due spilli lontani, mentre la barba incolta e malcurata al pari dei capelli, cresceva cespugliosa sul suo viso. In vita sua Kaede non aveva mai incontrato nessuno di così sciatto.

“Stai lontano da Samanta” gli urlò.

La ragazzina era pallida come un cadavere e aveva gli occhi così sgranati che sembrava le stessero per caderle dal viso. Improvvisamente Kaede ebbe la consapevolezza che quell’energumeno non solo lo aveva sbattuto per terra ma che lo stava ancora minacciando.

“E tu chi saresti? Non penso che un uomo di Neanderthal possa stare con una ragazza così carina”.

Il tizio gli si buttò addosso ma ora Keade era preparato e lo evitò senza problemi, parando il pugno e afferrandogli il polso. Una parte remota del suo cervello pensò che fosse stonatamente sottile per appartenere a un tipo come quello.

“Sono suo fratello pezzo di merda”.

Quell’affermazione inaspettata gli fece mollare la presa. Come potevano essere parenti quei due? Il giorno e la notte avrebbero avuto più cose in comune.

“Non puoi toccarla, hai capito damerino del cazzo?! Ti riempio di botte se vedo ancora le tue luride mani su di lei”.

Kaede sentì il sangue ribollire alle parole del tizio che lo trattava come se fosse il peggiore degli stupratori, quando era stata sua sorella a presentarsi da lui. Tutt’intorno la folla si era radunata incuriosita dall’inaspettato spettacolo e ciò crebbe ancor di più la sua irritazione. Se c’era una cosa che odiava era dare quel genere di spettacolo. Le chiacchiere che lo perseguitavano di solito erano già abbastanza numerose e ora ci si metteva anche quello stronzo.

“Xander ti prego” gemette la ragazzina cercando disperatamente di tirarlo via, ma quello non voleva cedere di un millimetro, spostando senza troppa gentilezza la sorella dietro di sé.

“Uomo di Neanderthal faresti bene a darle retta prima che ti capiti qualcosa di male. Hai un grugno talmente brutto che le botte potrebbero solo migliorarlo”. Vide qualcosa serpeggiare negli occhi piccoli e appena distinguibili in quei fondi di bottiglia e capì di aver colto nel segno. “Vuoi che ti faccia una plastica con le mie mani? Scommetto che lì sotto sei ancora più brutto se ti levi tutta quella roba di dosso. La maschera dell’uomo di Neanderthal ti fa sentire più bello del mostro che realmente sei. Non hai di certo le palle per farti vedere in faccia” gli urlò su di giri.

Sentì dei rumori provenire dalla folla e intravide alcuni sorveglianti del campus avvicinarsi. Alche il suo rivale doveva essersene accorto perché iniziò a guardarsi in giro ormai rosso e completamente fradicio di sudore, cosa che provocò in Keade un ulteriore ondata di disgusto. Lo vide afferrare senza alcuna delicatezza il braccio della sorella e farsi largo tra la folla un attimo prima dell’arrivo dei vigilanti.

“Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero,” gli urlò Samanta non appena usciti dall’edificio e abbastanza lontani da non incorrere in nessuna guardia.

“Quello ti stava toccando” si scusò Xande,r sapendo benissimo di aver fatto una cazzata. La verità era che il cervello gli era partito e non aveva capito più niente una volta che quel bellimbusto dagli occhi allungati aveva messo le mani su Sam. Non che avesse fatto nulla di male, voleva solo fare un baciamano come un cazzo di principe azzurro. Ma quando aveva visto in suo bel viso, la sicurezza di uno il cui charme era così dannatamente innato, aveva sentito lo stomaco serrarsi dalla rabbia. La sera prima aveva ascoltato sua sorella parlare di quanto fosse bello quel ragazzo, ma il fatto era che non si limitava a questo, era così dannatamente affascinante con quella pelle chiara, i capelli scuri e gli occhi allungati e nerissimi da far male a uno che a mala pena riusciva a guardarsi allo specchio. Così aveva perso la testa, più per qualcosa che stava facendo a lui che a sua sorella.

“Scusami, non avrei dovuto reagire così”, si difese, ma sapeva che non sarebbe bastato.

“Cos’hai dentro di te che non va?” Perché devi buttarmi addosso anche la tua rabbia e la tua frustrazione? Io non sono come te! Non voglio essere come te, lasciami vivere una vita normale” gli urlò contro Samanta prima di scappare via.

Xander la vide allontanarsi incapace di seguirla. Aveva ragione. C’era qualcosa di sbagliato dentro di lui, lo sapeva e ormai era evidente a tutti, persino a quel tizio che aveva cercato di pestare solo perché era troppo bello. Si mise a correre, buttandosi tra le macchine incurante del traffico che gli sfrecciava accanto. Ora più che mai voleva solo che il suo corpo si spaccasse in due e che il dolore fisico diventasse più forte di quello che sentiva nel cuore.

Come aveva fatto a ridursi così? La sua maschera assomigliava sempre di più a una vergine di Norimberga.

Hai il coraggio di toglierla Xander?

Aumentò il ritmo mentre i muscoli delle gambe urlavano per lo sforzo improvviso ma, nonostante questo sentiva ancora il sapore della saliva della ragazza con cui aveva fatto sesso la sera prima, nelle orecchie gli rimbombavano i suoi gemiti e, il senso di vuoto e di sconfitta diventarono insopportabili.

Cosa ne poteva sapere quello là di cosa voleva dire svegliarsi ogni mattina progettando coscientemente un modo per farsi del male? Ma una sola cosa non doveva fare in questa sciarada in cui stava cercando di trasformare la sua vita, non doveva coinvolgere Sam. Lei era la sola cosa decente che aveva e l’unica cosa che aveva ottenuto lasciandosi andare alla furia era farla soffrire per niente.

Quando rientrò a casa erano trascorse un paio d’ore passate, quasi interamente correndo. Si sentiva esausto e zuppo di sudore ma più di tutto sperava che almeno in parte la rabbia di sua sorella si fosse placata, ma non era così. La trovò chiusa a chiave in camera sua con la musica a tutto volume e quando provò a bussare lei non rispose. Sapeva che doveva fare qualcosa per farsi perdonare, più delle semplici chiacchere. Questa volta l’aveva fatta grossa varcando una linea che non avrebbe mai dovuto oltrepassare.

Si fece una doccia veloce e poi preparò la cena, aspettando con pazienza che lei fosse pronta a parlargli. Quando finalmente uscì erano le dieci passate, ma Xander che aveva spettato per mangiare, senza battere ciglio, scaldò ciò che aveva preparato e in silenzio mangiarono.

“Cucinare non sistemerà le cose” disse lei con tono duro.

“Lo so”.

“Non puoi andare avanti così, lo capisci? Oggi mi hai fatto paura”.

“Mi dispiace”.

Sam si alzò dal tavolo ancora furiosa e Xander si azzardò a posarle delicatamente la mano sul polso.

“Voglio davvero che le cose cambino” disse guardandola negli occhi. Lei sospirò e poi si sedette di nuovo accanto a lui.

“Andrai in terapia?”

“Sai, non pensavo a qualcosa di così estremo”.

“Allora cosa?” domandò sua sorella sempre più spazientita.

“Beh, mi hai chiesto mille volte di cambiare un po’ il mio aspetto… che vedermi così ti irritava addirittura. Magari domani potresti darmi una mano, tipo consigliarmi un nuovo taglio di capelli, fare shopping con me, insomma rendermi più presentabile”.

Sam spalancò gli occhi dalla sorpresa e Xander vide dell’autentica gioia attraversare il suo volto cosa che lo rese felice dopo tantissimo tempo.

“Dici davvero? Lo vuoi fare davvero?”

Annuì e mente lei gli saltava al collo e lo abbracciava così forte da mozzargli il respiro.

“Allora domani mattina io salto scuola e tu le lezioni all’università e diamo insieme inizio alla trasformazione. Mando subito una mail al mio parrucchiere per prenotare un taglio, vedrai troveremo qualcosa di adatto a te. E poi dovrai toglierti quegli orribili occhiali. Oddio, sogno da una vita questa trasformazione!”

Xander le sorrise ma in cuor suo era spaventatissimo. Era certo che Sam sarebbe stata entusiasta di quella proposta ma sperava anche che la cosa si sarebbe limitata ad un taglio di capelli e a un maglione nuovo. L’idea di ritirare fuori dall’armadio la sua vera faccia lo terrorizzava come aveva detto quel bellimbusto quando aveva cercato di prenderlo a pugni, ma per ragioni diverse da quelle che immaginava. Sperava che un leggero cambio di look lo avrebbe riappacificato con sua sorella, e poi, trascorsi un paio di mesi avrebbe potuto tornare ad indossare i panni del solito se stesso.

“E poi devi andarti a scusare con Kaede” continuò Samanta decisa.

“Con chi?” domandò lui ancora preso dalle proprie elucubrazioni.

“Kaede è il ragazzo che hai spinto stamattina. Voglio che tu vada a scusarti con lui”.

Era una richiesta ragionevole pensò Xander annuendo, era senz’altro la cosa più ovvia da fare.

La giornata non era delle migliori, il cielo era nuvoloso e faceva abbastanza freddo ma Kaede non aveva alcuna voglia di tornare a casa. Lì avrebbe trovato il suo solito appartamento vuoto, del cibo spazzatura che avrebbe voluto ingurgitare ma che doveva evitare, e la TV, oltre a una ricerca noiosissima che prima o poi doveva iniziare a scrivere per l’Università. Il fatto di essere indipendente economicamente gli aveva consentito di prendersi un bel appartamento ma alle volte vivere da solo non gli piaceva. Gli mancava le urla di sua sorella piccola, l’abbaiare del loro cane, e anche i continui lamenti dell’altro suo fratellino. Aveva deciso di trovarsi un posto suo non appena ne avesse avuto la possibilità, e il lavoro da modello era stata un’ottima occasione per staccarsi dalla famiglia. Però certe volte, in giorni particolarmente grigi e noiosi come quello, gli mancava avere qualcuno tra i piedi, con cui parlare a fine giornata, magari con una cena decente da condividere e senza la tv perennemente accesa.

Si sedette su una panchina mettendosi le voluminose cuffie che si portava sempre dietro, poi selezionò dalla playlist che aveva sul cellullare qualcosa di deprimente. Portò le ginocchia al petto e chiuse gli occhi appoggiando la fronte sulle gambe, mentre un’ondata di musica lo trascinava in un altro mondo. Sperò che l’abbigliamento sportivo e un po’ over size che aveva scelto quella mattina gli evitasse le solite scocciatrici che, alle volte lo infastidivano anche quando era evidente volesse stare per i fatti suoi, ma proprio mentre Chris Martin gli cantava dolcemente nell’orecchio quanto fosse difficile amare davvero, qualcuno lo toccò sulla spalla.

Kaede sbuffò tra sé deciso a mandare al diavolo chiunque lo avesse disturbato anche se si fosse trattato della ragazza più carina del Paese, aprì gli occhi e nel suo campo visivo comparve una mano piccola anche se maschile. Risalendo con lo sguardo vide da prima un polso sottile, un braccio esile ma non magro fasciato in un bel mongomeri grigio, fino a risalire al viso del proprietario di quel corpo slanciato. Due occhi di un bellissimo e strano colore tra il marrone e il verde lo fissavano con un cipiglio che non era affatto di ammirazione ma di imbarazzo misto a fastidio, cosa confermata dalla smorfia delle labbra che stava mordicchiando nervosamente. Erano rosse e piene, torturate da una fila di denti regolari e bianchi che tormentavano il labbro inferiore. Quando cominciò a parlare sembrava che stesse davvero dicendo qualcosa di importante ma, nelle orecchie di Kaede Chris Martin continuava a cantare. Il ragazzo si massaggiò il volto durante il suo monologo, accarezzando, preso dalla foga, la pelle liscia del viso di una bellissima sfumatura dorata. Muovendosi alcune ciocche di capelli di un caldo color nocciola gli ondeggiavano sul viso, e ogni tanto le spostava dagli occhi indispettito. Poi, Kaede non avrebbe potuto davvero dire quanto tempo fosse trascorso così fermo a fissarlo, si rese conto che sarebbe stata una buona idea sentire anche la sua voce, così si tolse le cuffie riuscendo solo ad avvertire qualcosa, come, mi dispiace, mentre il misterioso venuto si era bloccato in attesa di una sua risposta.

“Non mi pare che ci conosciamo” rispose Kaede guardandolo più attentamente.

Forse si erano incontrati all’Insomnia, la discoteca che frequentava negli ultimi tempi, e avevano passato la serata a limonare su qualche divanetto appartato? No, lo escludeva, un ragazzo così carino sicuramente se lo sarebbe ricordato. Magari era un modello dell’agenzia di cui non si era accorto, ma perché ce l’aveva con lui, perché a parte dirgli che gli dispiaceva per qualcosa di cui Kaede non aveva la più pallida idea, sembrava terribilmente incazzato?

“Non hai sentito una parola di quello che ti ho detto! Sono quello che l’altro giorno…” disse mentre le guance gli si coloravano di una deliziosa tinta rossa “ti ha aggredito quando ci hai provato con mia sorella!”

Fece mente locale non riuscendo però a ricordare. Certo aveva avuto qualche flirt con alcune ragazze ultimamente anche se non era stato niente di ché, ma non si ricordava nessun fratello furioso che lo aveva minacciato, né tantomeno uno così carino. Non avrebbe avuto nulla da ridire se gli fosse saltato addosso.

“Mi dispiace, ma non mi ricordo proprio” rispose sempre più perplesso.

L’altro abbassò gli occhi mostrandogli involontariamente le sue bellissime ciglia scure e si guardò le mani sempre più in difficoltà.

“Ma sì che ti ricordi… è successo l’altro ieri, mia sorella ti aspettava fuori dall’aula dopo una lezione insieme a una sua amica… è una liceale”.

Improvvisamente Kaede ricordò ma quel ragazzo non poteva essere…

“…Neanderthal?!” gridò mentre l’altro strabuzzava gli occhi guardandosi intorno nervosamente, forse preoccupato per la gente che si era voltata a guardarli.

“Smettila di urlare e non chiamarmi più così o questa volta ti prendo a pugni davvero”, ma Kaede ignorò completamente l’avvertimento afferrandogli il polso e riconoscendo che quello era davvero il Neanderthal che lo aveva assalito. Ecco perché gli era sembrato così piccolo, perché quello che aveva davanti non era certo l’energumeno grasso e sudato che gli era apparso. E ora vedeva anche la somiglianza con la sorella. Ma perché se ne era andato in giro con quello stupido travestimento? Aveva voluto prenderlo per il culo?

Appena ripreso dallo shock per essere stato afferrato in quel modo, il ragazzo si scostò da Kaede toccandosi il polso come se l’altro lo avesse ferito.

“Mi hai chiesto tu di togliermi la maschera o sbaglio? Beh, questo è quello che c’è sotto. Comunque volevo solo chiederti scusa. L’ho promesso a Samanta e l’ho fatto,” detto questo girò su se stesso per allontanarsi.

“Aspetta un momento Neanderthal, non te ne puoi andare via così”.

“Mi chiamo Xander! Ti ho già detto…” gridò non finendo la frase perché Kaede gli si parò davanti.

“Perché andavi in giro conciato in quel modo? Come diavolo hai fatto a cambiare così?”

“Non sono affari tuoi” disse certando di superarlo.

“Non sei venuto a chiedermi scusa? Non mi sembri molto pentito”.

“L’ho fatto, ti ho chiesto scusa e adesso me ne vado”.

“Non mi pare che le tue scuse valgano chissà che,” si lamentò Keade piegando le labbra in un broncio. “Dammi delle spiegazioni! Perché tu e tua sorella mi avete preso in giro in quel modo? Perché presentarti come un orrendo grassone e adesso sei così… “disse senza riuscire a terminare la frase, perché l’unica parola che gli veniva in mente era bellissimo.

“Nessuno ti ha preso in giro, io sono come mi hai visto. Ma la mia sfuriata ha fatto incazzare Samanta che mi ha obbligato a conciarmi in questo modo. Stai sicuro che appena si sarà calmata tornerò esattamente come prima”.

Nella testa di Kaede un coro di urla indignate gridarono dopo quell’affermazione. Come diavolo poteva quel ragazzo desiderare di tornare ad essere l’orribile uomo di Neanderthal? Ma non sembrava stesse scherzando. Avrebbe voluto chiedergli perché voleva apparire così brutto quando in realtà era tutt’altro, ma evidentemente aveva dei problemi che non erano affar suo.

“E se ti dicessi che non ti perdono?” disse con calma.

Vide Xander roteare gli occhi e sbuffare, e ancora una volta pensò che fosse terribilmente carino e sexy. Aveva proprio il fascino della sorella, un mix etnico che sarebbe stato un vero peccato sprecare.

“D’accordo, quindi che cosa dovrei fare per avere il tuo perdono? Mettermi in ginocchio e supplicare?”

Era vero che qualunque fossero i problemi di quel tipo non erano affari suoi, ma di certo lo aveva aggredito e buttato a terra davanti a tutti, e quindi era legittimato a chiedere in cambio qualcosa.

“Tu dici che hai da poco questo nuovo look, quindi nessuno ti conosce con questo aspetto?”

L’altro annuì e il piano che si era fatto prese sempre più forma nella mente di Kaede.

“D’accordo, allora diciamo che ti perdono solo se mi fai un favore. Hai presente tutte quelle ragazzine che mi aspettano dopo lezione, mi sono stufato di averle sempre in giro”.

“E io che diavolo c’entro con questo?”

“Ho bisogno di far finta di avere una storia seria con qualcuno in modo che si mettano il cuore in pace e la smettano con gli appostamenti. Ho bisogno di qualcuno che finga di essere il mio ragazzo, perché una ragazza sarebbe troppo bersagliata”.

Vide l’altro sbiancare e allo stesso tempo strabuzzare gli occhi.

“Non vorrai che io… “ sussurrò senza riuscire a terminare la frase.

“Sei perfetto, nessuno ti conosce e hai l’aspetto giusto. Ovviamente non sarebbe per molto tempo, ma ho bisogno di un po’ di tranquillità per gli esami…”

“Tu sei pazzo! Prima di tutto ti trovo disgustoso, seconda cosa sono eterosessuale!” urlò l’atro iniziando ad allontanarsi con passo veloce ma Keade gli si parò davanti.

“Ovviamente non ti sto chiedendo di venire a letto con me, né baciarci in pubblico o altro. Ti sto chiedendo di far finta di stare con me e basta, e farci vedere in giro per una decina di appuntamenti”.

“Tu sei completamente pazzo! Anche se per finta non voglio che qualcuno possa pensare che stiamo insieme”.

“Perché? Essere gay è un insulto?” lo interrogò il moro infastidito. “Sei pure un omofobico di merda?”

“No, non è questo… se fossi gay, ma non sono gay! E poi non vorrei mai mettermi con un montato come te. Con tutta la gente che ti ronza intorno perché diavolo lo chiedi a me?!”.

“Perché non voglio che ci siano fraintendimenti. Ho bisogno una copertura, non qualcuno che improvvisamente possa pensare che la cosa tra noi diventi seria. Per questo ho bisogno di un ragazzo a cui non piaccio ma che mi regga il gioco.”

“Beh, quel qualcuno non sono io” disse Xander riprendendo a camminare sempre più velocemente.

“Magari potrei chiedere questo favore a tua sorella”.

Quella fase ebbe l’effetto sperato e vide l’altro immobilizzarsi immediatamente.

“No, non puoi chiederlo a lei figlio di puttana”.

Kaede si ritrovò le mani di Xander strette attorno al bavero della felpa.

“Vedo che non hai imparato proprio niente” sussurrò il moro sorridendo mentre si sforzava di ignorare lo sguardo assassino che aveva puntato addosso. “Se continui così farò una bella chiacchierata con la tua sorellina, dicendole che mi hai preso a pugni e poi le chiederò di far finta di essere la mia ragazza”.

Ovviamente non l’avrebbe mai fatto. Non cercava grane con una minorenne invaghita di lui ma il bluff, a giudicare dal rossore del viso del suo assalitore, stava funzionando.

“Ti sto chiedendo solo di farti vedere in giro con me nei locali che frequento e qui all’università. Dovrai limitarti a non prendermi a calci, cercando di sorridermi qualche volta”.

L’altro mollò la presa scuotendo il capo.

“Uscirò con te al massimo una volta”.

“Lo sai che non me ne faccio niente. Facciamo otto appuntamenti”.

“Due”

“Sette”

“Quattro”

“Cinque ed è andata” disse Kaede tendendogli la mano.

“E starai lontano per sempre da mia sorella?”

“E starò lontano per sempre da tua sorella”.

Aveva una voglia tremenda di parlare di quello che gli era successo con Samanta ma non era sicuro di come l’avrebbe presa. Xander aveva sorpreso, o per meglio dire aveva continuato a spiare le sue conversazioni con l’amica mentre lei fantasticava su quel bell’imbusto che, con un ricatto bello e buono, gli aveva imposto quell’assurda recita. Far finta di essere il ragazzo di un altro maschio era una cosa assurda ma, a dirla tutta, per lui sarebbe stato difficile anche far finta con una ragazza. Si era sempre tenuto alla larga da qualsiasi relazione stabile e per questo non aveva la minima idea di che cosa fare. Si sentiva costantemente sulla soglia di un panico paralizzante e avrebbe tanto voluto parlarne con sua sorella. Ma come l’avrebbe presa? Al telefono con la sua migliore amica Samanta continuava a elogiare la bellezza, il fascino e la gentilezza di quel tizio e, se era vero che le sue fan lo seguivano e fotografavano per tutta l’Università, presto in quelle foto ci sarebbe stato anche lui, quindi doveva dirglielo per forza e presto. Aveva dovuto lasciare il suo numero di cellulare a Kaede che a giorni avrebbe riscosso il suo primo appuntamento, mentre erano rimasti d’accordo che Xander lo sarebbe passato a prendere finita la lezione. La prima apparizione in pubblico! Al solo pensiero gli veniva da vomitare.

“Ti devo proprio dire una cosa” mugolò a Sam che ormai si era accorta del suo stato e lo guardava con aria preoccupata.

“Non dirmi che vuoi tornare com’eri prima…” disse, ma lui alzò le mani in segno di resa.

“Non è questo, ma ti prego non arrabbiarti con me” la supplicò. Così vuotò il sacco osservando con ansia l’espressione di sua sorella che ormai aveva occhi e bocca talmente spalancati che le sarebbe stato impossibile aprirli di più.

“Quel tipo è un maniaco e un pervertito a chiedermi una cosa così! Vedi che devi assolutamente stare alla larga da lui?” cercò di ribadire ma l’espressione di Sam da stupita si era trasformata in qualcosa che non riusciva ad interpretare.

“Perché lo ha chiesto proprio a te?” domandò serissima.

“Dice che sono la copertura perfetta perché nessuno mi conosce e anche perché non mi piace. È talmente preso da se stesso quel pallone gonfiato da essere convinto che, se pescasse qualcuno dai suoi ammiratori finirebbe per innamorarsi di lui e non lo vuole assolutamente. Per questo vado bene io come copertura”.

“Lo sai che farete impazzire tutta l’Università?”

“Che diavolo significa?”

“Se non ti conoscessi così bene penserei che stai recitando e non puoi essere tanto ingenuo. Senza quella carnevalata che ti mettevi ostinatamente addosso, sai di essere molto bello, no?”

Xander si sentì divampare dalla punta delle orecchie fino alle dita dei piedi. Ovviamente non lo sapeva perché non si sentiva affatto carino.

“E sai cosa significa per uno stuolo di ragazze infatuate da Kaede vederti con lui? Non ti odieranno affatto, perché se loro non lo possono avere, ed è evidente che è così, sbranerebbero chiunque si metta con lui tranne nel caso in cui si trattasse di un ragazzo veramente bello. Non c’è lotta, nessuna competizione o frustrazione e questo Kaede lo sa, per ciò ha chiesto a te di fargli da copertura. Quindi a questo punto sei in debito con me fratellino!”

Xander guardò sua sorella che, evidentemente, era rimasta così traumatizzata dalla notizia da perdere completamente la testa.

“Cosa diavolo stai dicendo?”

“Che grazie alla sottoscritta diventerai il fidanzato ufficiale del ragazzo più desiderato dell’Ateneo, e presto sarai “famoso” quanto lui, e avrai anche tu una fila di ragazze ad aspettarti fuori dall’aula a fine lezione.”

Xander scosse la testa inorridito. Come poteva pensare una cosa simile?

“Lui vuole che faccia questo per non avere più seccature, quindi non è possibile che succeda ciò che dici!”

Sam sospirò alzando gli occhi al cielo quasi fosse esasperata dalle sue parole.

“Certo che non vuole seccature! Non vuole più avere la sottoscritta o altre tipe che possono solo sognare di avere una storia con lui, a questo gli servi. Mi spiace, ma so come ragionano le ragazze e appena vi vedranno insieme cominceranno a fantasticare e tu, nel giro di pochi giorni, ti ritroverai ad essere il protagonista di parecchie torride fanfiction”.

Ovviamente quel discorso era assurdo! Perché mai delle ragazze avrebbero voluto vederlo con Kaede? Si aspettava degli insulti, persino delle scenate, non certo un fan club dedicato a lui. Ma naturalmente Samanta aveva ragione e come spesso accadeva, Xander doveva ammettere che ci aveva visto giusto. Il giorno seguente, quando aveva dovuto iniziare quella recita, era stata proprio lei a insistere nel vestirlo adeguatamente per l’occasione.

“Niente di strano”, lo aveva rassicurato “solo qualcosa che le lascerà tutte senza fiato”, e quel qualcosa, secondo la sua perversa sorella, era un maglioncino verde che si accostava perfettamente con la sfumatura del colore dei sui occhi, e un paio di jeans scuri che lui riteneva un po’ troppo stretti per non sentirsi imbarazzato. Così, quando si era presentato in quel modo da Kaede già circondato da qualche ragazzina, la reazione era stata ben diversa da quella che si era aspettato. Appena il suo ricattatore si era accorto di lui gli era andato incontro fingendo un entusiasmo fasullo, e Xander aveva dovuto trattenere un pugno, soprattutto quando quello lo aveva preso sotto braccio davanti a tutti.

“Bravo, sei davvero carino oggi”, gli aveva sussurrato all’orecchio avvicinandosi paurosamente, ma prima che potesse reagire troppo scioccato da quella vicinanza improvvisa, aveva sentito parecchi gridolini provenire dal gruppo di ragazze. Occhi brillanti a forma di cuore lo fissavano adoranti e eccitati come mai gli era capitato in vita sua, con un desiderio e ardore decisamente inquietante.

“Allora, visto che sei arrivato vorrei che facessimo un annuncio ufficiale” disse Kaede stringendolo ancora di più a sé. “Lui è Xander il mio nuovo ragazzo!”

I gridolini si trasformarono in urla isteriche.