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Casey

I ricordi di Frank tornano come un'eco distante e opprimente, riempiendomi di un senso di ansia. In quei due anni, era riuscito a isolarmi in un modo che nemmeno io avrei mai immaginato. Ricordo la prima volta che ho accettato di andare a vivere con lui.

Ero così giovane e ingenua, così convinta che l'amore fosse sufficiente. Era passato solo un mese da quando mi aveva chiesto di lasciare la mia vita di prima, di trasferirmi da lui. Io, con il cuore che batteva forte e una voglia di avventura che mi accecava, avevo detto di sì senza pensarci troppo. La mia famiglia, la mia università, tutto era diventato secondario.

Una domenica, ricordo bene quel giorno. La luce filtrava dolcemente dalla finestra, e il profumo del caffè fresco si mescolava al profumo dei pancake che avevo preparato. Era una di quelle mattine che ti fanno sentire che la vita scorre tranquilla, che tutto va per il verso giusto. Con il sorriso stampato in faccia, avevo proposto: «Che dici se andiamo a pranzo dai miei? Potremmo passare un po' di tempo con loro».

La sua reazione era stata immediata, e quasi brutale.

«Stai scherzando, vero? La domenica è fatta per stare a casa...»

Aveva ribattuto, il tono severo, come se avesse già deciso cosa avrei dovuto fare.

«Ma...»

Avevo provato a controbattere, incredula di come una semplice richiesta potesse scatenare quella furia.

«Niente ma! Non fammi arrabbiare!»

Aveva urlato, il volo teso, e io avevo sentito un brivido scorrere lungo la schiena, un'onda di paura che mi aveva costretta a chiudere la bocca.

Tornando al presente, il ricordo di quella domenica mi assale, e provo un senso di nausea. La macchina di Branley si ferma bruscamente, e mi riporta alla realtà.

«Casey, siamo arrivati».

Dice, la voce seria.

«Eh?»

Rispondo, confusa. Non ero pronta per questo. La mente è un turbine di pensieri mentre il suo sguardo si fa penetrante.

«Ok, Casey, ora non scendiamo se non mi spieghi cosa succede...»

La sua voce è calma, ma c'è una determinazione che mi fa sentire il peso della verità che ho cercato di nascondere.

Abbasso lo sguardo, sentendomi vulnerabile.

«Prima... prima non hanno sbagliato a suonare alla porta».

Sussurro, la voce tremolante.

«Era il fattorino con un mazzo di rose... Frank».

Branley rimane in silenzio per un attimo, il suo respiro si ferma, e la tensione nell'auto cresce.

«Casey...»

È tutto ciò che riesce a dire, ma le sue braccia mi avvolgono subito, stringendomi a sé. Posso sentire le sue labbra posarsi delicatamente sui miei capelli, un gesto di conforto che mi fa tremare.

«Ho paura...»

Ammetto, e le lacrime che avevo cercato di trattenere finalmente scendono, mentre il ricordo di Frank continua a tormentarmi.

«Non devi averne, perché ci sono io».

Dice Branley con fermezza.

«Sono un poliziotto, e farò di tutto per proteggerti...»

Le sue parole mi avvolgono come una coperta calda, eppure l'ansia non svanisce.

«Ti amo...»

Sussurro, e ogni lettera esce con un peso enorme, una promessa che non voglio infrangere.

«Anch'io».

Risponde lui, con sincerità.

«Ora andiamo, prima che tua mamma si preoccupi».

Sento un piccolo sorriso nascere sulle mie labbra, una reazione istintiva al pensiero di mia madre.

«Mia mamma ti adora».

Dico, cercando di concentrarmi su qualcosa di positivo, anche se il pensiero di Frank continua a serpeggiare nella mia mente.

«Beh, ho fascino...»

Dice Branley, e mi fa sorridere, anche se in modo involontario. Scuoto leggermente la testa, ma la tensione nella mia pancia non svanisce.

Scendiamo dalla macchina con la borsa dei regali, e mentre mi preparo a suonare il campanello, un'ondata di nostalgia mi colpisce. Ricordo i momenti in cui mi sentivo così amata e desiderata da Frank, ma quel sentimento è offuscato dai ricordi più cupi, da come mi ha isolato, da come ha cercato di plasmarmi a sua immagine.

Prima che possa riflettere ulteriormente, suono il campanello, e in un attimo mi ritrovo tra le braccia di mia madre.

«Tesoro! Branley!»

Esclama, gli occhi luminosi, il suo abbraccio è caldo e avvolgente, una boccata d'aria fresca in mezzo a questa tempesta interiore.

Mio padre ridacchia dietro di lei e interviene con una battuta: «Abby, lasciala respirare!»

«Grazie, papà».

Dico, mentre cerco di riprendere fiato. Le loro espressioni felici mi danno una sensazione di normalità, ma dentro di me, una tempesta continua a crescere.

Branley li saluta sorridendo.

«Abby, Jake».

La sua voce è sicura, ma riesco a vedere il modo in cui i suoi occhi scrutano la situazione, come se cercasse di capire la mia ansia.

Quando mia madre si allontana, mi giro verso Branley, e la paura mi attanaglia nuovamente.

«Loro per il momento non devono sapere nulla».

Dico, il cuore che batte forte nel petto.

«Tranquilla».

Risponde, e la sua voce è calma, rassicurante, ma io so che non è facile come sembra.

Tuttavia, in quel momento, mi sento come se dovessi proteggerli, proteggere me stessa e anche Branley da tutto questo. Ma come posso farlo quando il passato bussa alla mia porta?

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