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Branley

Casey è strana stasera. Lo noto subito. Di solito, mentre guido, riempiamo il tempo chiacchierando, lei racconta qualche aneddoto divertente, o parliamo di piani futuri, dei viaggi che sogniamo di fare insieme. Ma stasera è come se un velo le coprisse il viso, qualcosa che non posso vedere ma che posso sentire nell'aria. Le sue risposte sono brevi, quasi distratte, come se fosse persa in un pensiero troppo lontano per condividerlo.

La osservo di sfuggita mentre stringo il volante. C'è qualcosa che non va, qualcosa che mi sfugge. Eppure non ho intenzione di fare domande, almeno non oggi. Non alla vigilia di Natale. Le sue dita si muovono piano lungo il bordo della borsa, un gesto quasi nervoso. Mi chiedo se sia solo stanchezza, o se stia davvero cercando di nascondermi qualcosa. Non so come definire questa sensazione, ma mi disturba.

Decido di rompere il silenzio, sperando che le mie parole possano alleggerirla, aiutarla a rilassarsi.

«Pensavo che potremmo restare a dormire dai tuoi».

Propongo, cercando di non far sembrare la mia voce troppo curiosa.

«Sarà più comodo. E poi, domani mattina siamo già lì...»

Casey si gira a guardarmi, annuisce, ma senza il solito entusiasmo.

«Sì, sì, va bene. Tanto abbiamo anche il cambio».

Risponde, con un mezzo sorriso.

È una risposta, ma è come se non fosse davvero qui. Il suo pensiero è altrove, e io posso solo intuirlo, come una presenza invisibile tra di noi. Sospirando, accendo la radio, cercando di spezzare il silenzio con qualcosa che possa distrarla. Giro la manopola sulla mia stazione preferita, quella che lei odia, lo so bene. Mi aspetto una protesta, una delle sue solite smorfie di finta esasperazione. Ma niente.

La musica riempie l'auto, e io aspetto, osservo, cercando un suo cenno, un segnale che mi dica che è ancora con me. Casey non dice nulla, ma la vedo rigida sul sedile, e questo mi preoccupa. Il silenzio tra di noi non mi è mai piaciuto, e meno che mai questo tipo di silenzio. Le lancio un'occhiata breve, e poi prendo un respiro profondo.

«Non voglio farti domande».

Dico piano, mantenendo gli occhi sulla strada.

«Ma sai che, se c'è bisogno di parlare, sono qui, no?»

Lei sembra sorpresa, come se non si aspettasse questa apertura.

«Va tutto bene...»

Sussurra, passando una mano sulla fronte.

«Ho solo mal di testa».

Sollevo un sopracciglio, poco convinto, ma decido di non insistere.

«Non è che sei incinta?»

Chiedo, buttandola sullo scherzo, sperando di strapparle un sorriso, di farle dimenticare quello che la sta turbando.

Lei mi guarda, e finalmente c'è un bagliore nei suoi occhi.

«Ma smettila! Siamo sempre stati attenti!»

Non riesco a trattenere una risata.

«Attenti non proprio...»

Le ricordo, con un sorriso malizioso.

«Ti ricordi quel weekend a ottobre? Insomma... diciamo che lì non siamo stati esattamente prudenti...»

Sorrido, lasciando che il ricordo di quel fine settimana mi scorra nella mente. È stata una di quelle volte che difficilmente dimenticherò: la nostra fuga spontanea, lontano da tutto e da tutti, come se al mondo non ci fossimo che noi due. La risata cristallina di Casey mi riempie la memoria. Eravamo stati spensierati, vivi. E ora quel pensiero mi scalda, sperando che la faccia sentire meglio.

«Branley...»

Sospira lei, come a richiamarmi all'ordine. Ma c'è un sorriso nascosto nella sua voce, ed è tutto ciò di cui ho bisogno.

«Ok, ok, la smetto!»

Rispondo, alzando le mani per farmi perdonare. Mi rilasso, contento di averle strappato almeno un accenno di sorriso, anche se la sua espressione si incupisce subito dopo. Qualunque cosa le stia dando pensiero, non sembra voler condividere. Non con me, almeno non ora. Non insisto. So che, se e quando sarà pronta, mi dirà tutto. Però vorrei esserci, vorrei poterle togliere quel peso senza che lei nemmeno debba chiedermelo.

Continuiamo a viaggiare in silenzio, mentre la neve danza fuori dai finestrini. La strada è lunga, e più guido più il pensiero mi tormenta. E se c'è davvero qualcosa che non va? E se sta cercando di proteggermi da un problema che pensa sia solo suo? Questo mi spaventa. L'ho vista combattere da sola in passato, e non voglio che ricada in quella solitudine. Io sono qui. Voglio essere qui per lei.

Mi scrollo di dosso il pensiero, cercando di concentrarmi sulla guida, finché non passa quasi mezz'ora. Poi mi viene in mente qualcosa, e so che prima o poi qualcuno dovrà pur dirlo a sua madre che siamo in viaggio. Faccio un respiro e rompo di nuovo il silenzio.

«Avvisa tua mamma che tra mezz'ora dovremmo essere da lei...»

Dico, con una nota più leggera nella voce. Spero che questo basti per riportarla un po' nel presente, per allontanare qualunque cosa le stia facendo da ombra.

Lei annuisce, ma senza entusiasmo, e si gira per prendere il telefono nella borsa. La vedo digitare il numero di sua madre e portarlo all'orecchio. Anche quando parla con lei, la sua voce è più bassa del solito, come se stesse cercando di nascondere qualcosa.

Continuo a guidare, osservando il profilo di Casey nel riflesso del finestrino. Forse è solo stress, forse questo mal di testa è solo la scusa per allontanarsi un attimo dal mondo. Ma, sotto sotto, non posso fare a meno di sentire un nodo di preoccupazione. Spero solo di sbagliarmi.

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