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Steffy e Nadine si chinano sullo schermo del cellulare di Daniel. Sul display appare la foto di una donna di mezza età, in uniforme bianca da infermiera, con un sorriso appena accennato. Quegli occhi… quel volto non era sconosciuto a Nadine.
«È lei,» disse piano, con una sicurezza che vibrava nell’anima. «È Martha. Non posso sbagliare.»
Daniel annuì e ripose il cellulare, ma un cambiamento sottile scivolò sul suo volto: il sorriso si attenuò, gli occhi divennero più seri.
«Mi dispiace, ma… posso chiedere una cosa?» guardò Nadine direttamente negli occhi. «Cosa state cercando davvero in Martha?»
Steffy si voltò verso la madre, poi prese la parola: «Non vogliamo fare del male a nessuno. Cerchiamo solo la verità.»
«Verità su cosa?» la voce di Daniel era calma, ma chiedeva chiarezza.
«Sul passato,» iniziò Steffy con voce tremula, ma decisa. «Sono nata in questo ospedale ventisette anni fa. Mia madre mi ha detto… che quella notte ci fu un incidente. Forse mi sono scambiata con un’altra neonata, e l’infermiera coinvolta—Martha—scomparve quella stessa notte.»
Daniel rimase in silenzio. Il suo volto era difficile da leggere.
Steffy continuò, con un filo di voce: «Temiamo che qualcosa sia accaduto quella notte. Forse… un errore. Forse… io non sono figlia biologica di mia madre.»
Gli occhi di Daniel si fecero più penetranti.
«E pensate che mia madre sia coinvolta?» chiese senza emozione.
Steffy scosse immediatamente la testa. «Non la accusiamo. Vogliamo solo sapere… cosa è successo davvero. Solo Martha può darci una risposta. Ti prego, Daniel… aiutaci a incontrarla.»
Nadine aggiunse, la voce quasi tremante: «Se davvero Martha fosse tua madre… non voglio forzare nulla. Voglio solo sapere se quello che ho sempre sospettato è sbagliato… o giusto. Nient’altro. Dopodiché… ce ne andremo in pace.»
Un silenzio sospeso calò tra i tre, come se i corridoi dell’ospedale si fossero svuotati, lasciando solo loro e il peso di emozioni sospese nell’aria.
Daniel inspirò a fondo, fissò il pavimento per un attimo, poi tornò a guardarli.
«È vero,» disse piano. «Martha, quella che cercate… è mia madre.»
Steffy e Nadine rimasero immobili.
«Non lavora più in ospedale da tempo,» continuò Daniel. «Si è ritirata. Da allora ci siamo trasferiti. Non parla mai del suo passato da infermiera. Anche quando decisi di diventare medico, disse solo: “Non ripetere gli errori di tua madre.” Non capivo allora… ma ora…»
Daniel deglutì, fissando Steffy negli occhi. «Ora comincio a capire.»
Nadine si avvicinò ancora. «Dove si trova adesso, Daniel? Ti prego… vogliamo solo parlare con lei.»
Daniel esitò.
«Abita sola, in periferia. La visito ogni due settimane,» disse infine. «Non è più facilmente raggiungibile dagli estranei. Negli ultimi anni è diventata più riservata.»
«Non le faremo del male,» disse Steffy subito. «Se Martha non vuole parlare, non chiederemo nulla. Vogliamo solo guardarla negli occhi, sentire la sua voce. A volte… la verità basta solo a incontrarla.»
Daniel rimase in silenzio a lungo. Poi, con voce bassa: «Parlerò con mia madre prima. Se sarà disposta a incontrarvi… vi contatterò.»
Nadine sentì le lacrime montarle agli occhi. «Grazie… anche solo per questo, sono già grata.»
Daniel annuì. «Datemi qualche giorno. Voglio prepararla.»
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Intanto, altrove, Evelyn camminava nervosa nel soggiorno. I passi veloci non bastavano a contenere i pensieri tumultuosi. Mordeva le unghie, vecchia abitudine quando la paura la prendeva.
«Davvero la troveranno?» sussurrò tra sé, afferrando il cellulare e rileggendo l’ultimo messaggio di David.
«Incontrami. Adesso.»
Evelyn rispose inviando un indirizzo.
Arrivò per prima nel suo piccolo monolocale.
«Entra,» disse frettolosa quando David bussò alla porta.
Lui osservò la stanza. «Da quando hai questo posto?»
«L’ho preso ieri. Da ora ci incontreremo qui, David!»
«Piccolo,» commentò lui. «Ma meglio che dormire in macchina.»
«Cosa intendi?» Evelyn era confusa.
«Evelyn… mi hanno licenziato.»
Evelyn lo guardò incredula. «Cosa?»
«Willson Corp mi ha cacciato. Di nascosto. Nessuna comunicazione ufficiale. Tutte le mie risorse ritirate: auto, accesso ufficio, persino la carta aziendale bloccata. Mi hanno detto solo di andarmene.»
«Quindi… hai perso tutto?»
David rise amaro. «Tutto. Incluso il tetto sopra la testa. Ecco perché devo stare qui.»
Evelyn trasalì. «Stare qui?»
«Non dire che non puoi ospitarmi.»
Evelyn si avvicinò, il viso tra panico e incredulità. «David… questo non era previsto.»
«Non si tratta più di accordi,» rispose lui, voce tagliente. «Si tratta di sopravvivere. Pensi che io sia felice dopo il divorzio da Steffy? Pensavo che con te la mia vita sarebbe stata migliore.»
«Ascoltami bene, Evelyn,» disse, tono freddo e calmo. «Siamo entrambi in questa situazione. Se non posso stare tranquillo in quella casa, allora tu devi assumerti la responsabilità della mia vita!»
«David, sono incinta. E tu non ti sei nemmeno interessato alla mia condizione?» Evelyn era delusa.
«Non era mia intenzione. Se solo avessi avuto più pazienza, forse avrei ancora goduto dei privilegi della famiglia Willson!»
Evelyn non si aspettava che David cambiasse così. Non più l’uomo romantico e premuroso.
«Quindi… non vuoi questo bambino, David?»
