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«Mamma… Papà?»

Inaspettatamente, Hendry Willson e sua moglie Nadine avevano udito quella lite.

Avevano ascoltato tutto. Persino la verità sul fatto che Steffy non avesse sangue Willson nelle vene.

«Sei incinta? E di David?» chiese Nadine, colpita da uno stupore che le tolse il respiro. Il suo corpo vacillò, e solo la presa ferma di Hendry riuscì a sorreggerla.

«Io e David ci amiamo! E almeno io partorirò sangue Willson. Diversamente da quella donna,» dichiarò Evelyn, lanciando uno sguardo tagliente verso Steffy.

Nadine si voltò di scatto, con gli occhi duri come lame. «Che cosa vuoi dire?»

Evelyn si drizzò, la voce intrisa di rancore accumulato per anni. «Perché l’avete sempre venerata? Steffy non è vostro sangue. Quella donna non è vostra figlia naturale! Forse Steffy… non è nemmeno una Willson!»

Hendry si alzò di colpo, la voce che rimbombò nell’aria. «Non parlare a vanvera, Evelyn!»

«Non vaneggio!» gridò lei, gli occhi in fiamme. «Sono io ad aver fatto quel test del DNA! Sì, di nascosto! Perché da tempo sospettavo. Quella donna è troppo bella, troppo perfetta! Non ha nulla in comune né con te, papà, né con te, mamma!»

Nadine trattenne il fiato. Il suo corpo iniziò a tremare.

«Un test del DNA?» sussurrò. «Tu l’hai fatto alle nostre spalle?»

Evelyn avanzò, ogni passo carico di veleno. «Perché eravate ciechi. Perché amavate di più una figlia che forse non era nemmeno la vostra!»

Hendry urlò, la voce rotta ma ferma: «Steffy è mia figlia! Mia figlia! Non m’importa da quale sangue provenga!»

«Papà!» Evelyn spalancò gli occhi. «E se quella donna fosse stata scambiata da neonata?!»

Le sue parole congelarono l’aria.

Nadine indietreggiò di un passo, le lacrime le rigarono il volto senza che lei se ne accorgesse. Un ricordo lontano si risvegliò: una notte di panico in ospedale, ventisette anni prima. La notte in cui Steffy era nata.

«L’ospedale…» mormorò. «Quella volta… dissero che c’era stato un errore… che i neonati erano stati portati nella stanza sbagliata… ma ci assicurarono che era tutto risolto…»

Evelyn sorrise amaramente. «Forse si sbagliavano. Forse la bambina che avete portato a casa non era sangue vostro.»

Hendry serrò i pugni, non contro Evelyn, ma contro se stesso. «Abbiamo cercato la verità per anni. Ma tutti gli archivi dell’ospedale… bruciati in quell’incendio. Non abbiamo mai saputo con certezza.»

«Eppure avete continuato a crescerla,» accusò Evelyn, la voce affilata. «Avete scelto lei, anche sapendo che forse non era vostra figlia.»

Il silenzio scese, pesante come pietra.

Evelyn pensava di averli messi con le spalle al muro, di aver vinto quella battaglia che le ardeva dentro da anni. Ma quando i suoi occhi incontrarono quelli di Nadine, non vi trovò la rovina che sperava. Trovò invece una forza che la fece vacillare.

«Hai ragione,» disse infine Nadine, con voce ferma. «Forse Steffy non è nostra figlia naturale. Forse c’è stato uno scambio. Ma Steffy è nostra figlia, con o senza legame di sangue.»

Evelyn fece un passo indietro, la sua voce incrinata. «Ma… io sono la vostra vera figlia… io porto il vostro sangue…»

«Ed è per questo che sono furiosa,» replicò Nadine, con tono severo. «Perché non avrei mai immaginato che mia figlia di sangue potesse pugnalarne alle spalle la sorella. Non è il sangue che dà valore, Evelyn. Sono le scelte che fai.»

Evelyn rimase paralizzata.

Hendry aggiunse con voce grave: «Il bambino che porti lo accoglieremo. Ma tu… tu dovrai convivere con quello che hai fatto.»

Steffy abbassò lo sguardo, le lacrime ormai incontenibili. Il suo corpo tremava, ma trovò la forza di restare dritta. Non voleva mostrare la sua frattura davanti a coloro che avevano calpestato la sua dignità.

Senza una parola, si precipitò in camera. Prese la valigia da sotto il letto e vi gettò dentro dei vestiti alla rinfusa. La vista le si offuscava, ma le mani non si fermavano.

Steffy voleva solo andarsene, abbandonare quella casa.

Evelyn alzò un sopracciglio, con un sorriso crudele, mentre Steffy scendeva le scale con la valigia.

«Bene. Almeno sai qual è il tuo posto,» disse con leggerezza velenosa.

David restò pietrificato. Voleva parlare, ma nessuna parola riuscì a uscire dalle sue labbra.

Ma prima che Steffy potesse aprire la porta, la voce di Hendry ruppe il silenzio come un tuono.

«Fermati lì!»

Tutti si voltarono. Il signor Hendry Willson, padre di Steffy ed Evelyn, era in piedi con il volto acceso dall’ira. I suoi occhi fissi e duri si posarono prima su David e Evelyn, poi sulla figlia sorpresa e ferita.

«Papà…»

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