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- Capitolo 5 -

Sono sempre stata abituata a fare tutto da sola, per questo quando entro in tribunale non sono accompagnata come la maggior parte dei miei colleghi presenti, che arrivano tutti su di auto nere con i vetri oscurati, come se fossero i primi ministri del Paese o chissà chi. Non sono mai stata quel tipo di persona, anzi la mia indipendenza nella sua più totale visione, è la cosa in assoluto più importante per me, una cosa a cui mai potrò rinunciare.

Sono una di quelle persone che parcheggia dove vuole e non lascia la macchina a nessuno, nemmeno per sbaglio. Trovo che sia inutile spendere soldi in questo modo, senza che portino davvero un profitto, certo anche a me piace spendere, mi piace sentirmi potente e di fatto la mia linea personale, firmata Prada, dovrebbe uscire nelle prossime settimane.

Questo è considerato solo il mio regalo di compleanno.

Qualche mese fa ho guardato dentro l'armadio e mi sono resa conto che era davvero troppo poco quello che avevo, ma non in base di numeri bensì di autenticità. Certo, tutti i miei capi sono rigorosamente firmati, dopo tutto il duro lavoro che faccio dietro a quella fottuta scrivania mi sembra il minimo ma erano tutti capi anonimi, scontati, già visti, per questo ho preso appuntamento con uno dei dirigenti di Prada e mi sono fatta costruire un'intera linea di capi apposta per me.

Non è stato facile convincerlo, ma dopo che ho tirato fuori la cifra che volevo offrire parlare è diventato subito più facile, eppure l'arrivo di tutti questi avvocati qui ora, non è altro che un modo per far risaltare ancora di più il loro potere, bambini di cinque anni che devono far di tutto per convincere la maestra che il loro è il disegno più bello.

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Sono solo le dieci di mattina Raul è già partito per l'aeroporto ed io sono in tribunale da almeno due ore, stamattina quando mi sono svegliata non l'ho toccato, il signorino ieri sera mi aveva espressamente chiesto di lasciarlo dormire, perché sarebbe stato un viaggio lungo e stressante ha detta sua, ed io così ho fatto.

Gli ho lasciato un messaggio per chiedergli di avvisarmi una volta che sarebbe arrivato a destinazione, che non si è nemmeno degnato di dirmi, ma so già che non lo farà. Ogni volta che parte si dimentica di scrivermi ma per oggi non rimarrò in pensiero per lui, come ha detto Raul "c'è Sasha che mi controlla" quindi per questa volta me ne laverò del tutto le mani.

Rimango a guardare il mio riflesso nello specchio del bagno, il rossetto rosso mette in risalto la mia carnagione, il mascara e la matita danno quel tocco di profondità che serve ai miei occhi per renderli ancora più accattivanti. Nessuno questa mattina ha osato mettersi contro di me, a parte quello stronzo di Adam, a cui ho dato il benservito in poco tempo, so come lavora, quali sono i suoi sporchi giochetti ma in quella stanza sono io che comando.

La mia camicia rossa insaccata dentro la gonna a tubino, fino al ginocchio, nera mi fa sentire ancora più potente, senza poi dimenticare i miei tacchi a sandalo neri. Le mie gambe vengono messe ancora più in mostra, come la silhouette del mio corpo, ogni mia curva valorizzata all'estremo, i tacchi non sono troppo alti, so che non gli apprezza Rob e la scollatura del tallone del piede lo lascia sognare quanto basta per fare in modo che non mi guardi nemmeno in faccia tanto è impegnato a contemplarmi.

Mi sistemo un ultima volta i capelli legati, di quel ramato naturale che nemmeno la miglior parrucchiera di New York riuscirebbe a riprodurre, leggermente ondulati, rigorosamente e sempre puliti, così da poter creare un gioco di vedo non vedo con gli orecchini di perle che ho addosso.

Il reggiseno a balconcino mi tiene su il seno in modo tale che risultati ancora più sodo di quello che già è, mettendolo ben in mostra senza essere scambiata per una poco di buono. In una parola: elegante.

Il mio sorriso affilato però rimarrà sempre la mia arma preferita, mi basta uno sguardo perché Rob sappia cosa fare durante il processo. Il mio è un pezzo grosso questa volta, lavoro su questo caso da intere settimane ed io non posso sbagliare ora, tanto che sono corsa a vecchi ed efficaci rimedi.

Cosa nemmeno troppo difficile da fare aggiungerei.

Personalmente non è la prima volta che difendo un uomo, ma questa volta davvero voglio vincere, la moglie del mio povero deputato lo ha lasciato in mutande, si è presa ogni singola cosa per poi scappare in un altro paese e lasciarlo senza nulla.

Questo mi fa incazzare, le persone così, che arrivano dove vogliono senza fare nulla, se non imbrogliare.

Guardo l'orologio che ho al polso, ho altri quindici minuti prima di ricominciare, è il tempo che mi basta per andare a far visita al mio caro giudice Rob. So già dove mi sta aspettando, che mi basta entrare nel bagno degli uomini, che è già solo, so che ha fatto allontanare tutti con la solita scusa "lasciatemi pisciare da solo, non posso permettermi interferenze."

Oh, sì, Rob è un uomo dal pugno di ferro, non molto alto, quelli della vecchia guardia con ancora camicia, giacca e panciotto di un colore davvero schifoso, i capelli già bianchi e una moglie in menopausa, non penso che si sia molto altro da aggiungere.

Quando entro nella stanza e mi metto seduta sul lavandino, so che lui è dentro.

«Dove sei Rob? Esci fuori, voglio sapere in anteprima cosa dirà la sentenza.»

L'uomo sulla sessantina esce dalla porta azzurrina del cesso, ha un sorriso adulante, gli occhi brillano quando mi deve seduta sui lavandini bianchi del bagno, con i piedi a penzoloni mentre mi mordo le labbra.

«Mia signora è bellissima quest'oggi.»

«Che stupido adulatore che sei, dimmi di più sulla sentenza, brutto vecchio.»

Vedo la patta dei suoi pantaloni gonfiarsi sempre di più, più lo tratto male più mi adora, un gioco semplice e a tratti personale. So cosa dirgli per farlo sentire ancora di più uno schifo, le regole del gioco le ho spiegate io ma è stato lui a dirmi che fare.

Quando i suoi occhi si chiudono e il mio tacco passa sui suoi pantaloni neri capisco che la vittoria è già mia.

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