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- Capitolo 4 -

«Cosa cazzo vuol dire che devi partire per tre settimane?»

Siamo a casa già da un po' quando se ne esce con «È solo un viaggio di lavoro Bea, rilassati c'è Sasha che mi tiene d'occhio.»

Non mi preoccupa il fatto che se ne debba andare, anzi la cosa non mi sorprende nemmeno più, ogni due mesi mi dice che deve partire per chissà quale meta, quindi ormai ci ho fatto l'abitudine ma il problema è che tra tre settimane è il mio compleanno.

Solo lui sa quando sia importante per me quella data.

«E come solito ti sei scordato di me.»

«Cosa vuoi dire?»

Questa volta non sono nemmeno arrabbiata o triste, sono solo delusa. Non ho intenzione di fare altre scenate come è capitato in passato, ora davvero basta è un uomo adulto e se certe cose non le capisce lui di certo non sarò io a fargli cambiare idea.

È successo, è successo che una donna come me sia caduta in questa trappola ma in questi ultimi tempi non mi fa più nemmeno effetto, è un uomo libero e se sceglie come sempre il lavoro può fare quello che gli pare. Non sarò da meno in futuro.

«Quando parti Raul?»

«Domani alle undici.»

Non rispondo nemmeno più alle sue constatazioni, non ne ho più voglia. Gli occhi del ragazzo dai capelli scuri come la notte e la carnagione perennemente abbronzata sono sempre gli stessi, ma non il suo sguardo, a causa di tutti i cambiamenti che abbiamo dovuto subire nella nostra vita ci siamo persi.

Fa sempre più rabbia vedere quella specie di disgusto e confusione nei suoi occhi, le sue camicie sempre stirate e la cravatta nera, sempre lo stesso mai una volta che abbia qualcosa in più da darmi. Ed io che pensavo sul serio che avremmo passato la serata a fare fuochi d'artificio, so già cosa mi dirà ora al solo sfiorarlo "lo so, tesoro, che ne hai voglia ma domani mattina devo svegliarmi presto fare tutto quando, devo riposarmi" lo stesso copione ogni singola volta.

Essere respinti tutte le volte in questo modo mi sta iniziando a stancare per questo esco dalla cucina super moderna che abbiamo e mi dirigo verso le scale di legno laccato, splendente come il sole, per raggiungere la camera da letto, unica stanza isolata dal resto della casa, in quanto si trova al piano di sopra.

Quando arrivo mi siedo al bordo del letto, mi tolgo i tacchi, i miei piedi sono sfiniti, le caviglie anche se non si direbbe sono gonfie. Mi calo la gonna per restare in intimo così da potermi andare a letto e cercare di dimenticare quello che mi ha appena detto Raul.

Uomo che invece entra in stanza appena io mi stendo sotto le coperte, si spoglia per mettersi il pigiama e senza nemmeno abbracciarmi, solo con una striminzita buonanotte buttata lì si addormenta.

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Lo sguardo è rivolto al soffitto di quel colore grigio sbiancato mentre le luci della città arrivano impetuose nella stanza, ricordandomi quanto essa sia viva mentre io no. Ogni giorno sempre di più mi sento morire e oppressa in questa casa, Raul domani parte ed io come sempre rimarrò sola a casa.

Anche su questo punto i media non mi hanno mai lasciato in pace: "Una donna come lei che vive con un uomo, una cosa davvero insolita dato che non si sono mai visti insieme ad ogni cerimonia a cui è stata invitata" e forse avevano ragione loro su quel punto.

Una donna come me, un avvocato divorzista, che sfascia famiglie dal giorno alla notte di certo non ci sia aspetta che abbia una relazione perfetta ma nemmeno di leggere: "sembra ufficiale, la signora Torres e il compagno separati in casa" e Dio se mi fa incazzare tutto questo, chi è che sa davvero di tutte cose cose?

I pensieri mi tartassano a più non posso stasera, lui deve partire e come solito non mi lascia neanche solo uno spiraglio di parola a riguardo ed io che combatto quotidianamente contro tutta questa società del cazzo che non riesce ad accettare una donna come me. Forse nemmeno lui lo ha mai fatto davvero.

Prendo il mio telefono dal comodino per vedere che ore sono, l'orologio segna solo l'una e mezza, non arriverà così presto la luce del sole, ed io devo cercare di riposarmi ma nel momento in cui il mio dispositivo mi vibra in mano e capisco che si tratta di un messaggio mi precipito a leggere, a questi orari solo determinate persone mi possono scrivere.

- Mia Signora, buona sera.

Mi scuso se la disturbo a quest'ora ma quando possiamo vederci? Ho davvero bisogno di lei.

Questa invece è la parte che nessuno sa di me, nonostante la relazione con Raul non mi sono mai accontentata di un solo uomo, avere il potere su di loro è molto meglio che fare il mio sciocco lavoro. Possedere uomini che in altre situazioni non si farebbero nemmeno sfiorare è sempre stato un divertimento ai miei occhi.

Soprattutto quando le persone che possiedi sono i giudici con cui hai a che fare ogni singolo giorno, in ogni tribunale della città.

A loro, tutto sommato, devo il mio successo.

- Ti dirò io quando, come e dove. Lasciami dormire, ammasso di immondizia.

Il gioco è semplice, persone che hanno sempre avuto tutto, davanti ad un no ora si eccitano. Nella realtà dei fatti io non faccio nulla in pratica, resto ferma a guardare uomini che si divertono ad essere trattati male.

Ma forse diverte più me che loro, vederli sotto il mio stretto volere, sapendo che faranno ogni singola cosa che io voglia mi fa sentire potente, soprattutto in quelle aule di tribunale in cui so già di vincere con solo uno sguardo e il paio di scarpe giuste. Sono anni che faccio tutto questo, anni che mi diverto a farmi compiacere da uomini molto più potenti di me ma allo stesso tempo piegati al mio volere.

Appoggio il telefono sul comodino bianco panna e provo a chiudere gli occhi, se non riesco a dormire quell'abbastanza che basta per arrivare in ufficio e farmi una flebo di caffè sarà dura affrontare domani, questo è poco ma sicuro.

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