Capitolo 2 – Note dal Passato
Il battito profondo del basso riecheggiava attraverso le pareti insonorizzate dello studio di registrazione, mescolandosi perfettamente alla melodia struggente del pianoforte. Il suono si diffondeva nell’aria come un respiro caldo, avvolgendo lo spazio con la sua intensità.
Bonny Bennet chiuse gli occhi, lasciando che la musica la attraversasse, che ogni nota le scorresse dentro come un’onda, risvegliando emozioni sopite. C’era qualcosa di ipnotico nel modo in cui la melodia prendeva forma, nei tasti che sfioravano ricordi sepolti, in quella vibrazione profonda che risuonava nei battiti del suo cuore.
Erano passati dodici anni da quel giorno all’aeroporto. Dodici anni da quando aveva visto Damon per l’ultima volta, con quello zaino sulle spalle e il suo sguardo sfuggente, come se già sapesse che non si sarebbero mai più rivisti.
Dodici anni in cui aveva costruito il proprio successo con tenacia, talento e sacrificio.
Eppure, nonostante tutto quello che aveva ottenuto, una parte di lei era rimasta ferma in quel terminal, bloccata in quell’addio mai veramente accettato.
La donna di successo
Oggi, il suo nome brillava sulle copertine delle riviste di settore. Bonny Bennet, la produttrice musicale più richiesta del momento. Questo era il titolo che accompagnava il suo nome nei circoli esclusivi dell’industria musicale. Non solo una produttrice di talento, ma una compositrice capace di trasformare le emozioni in suoni, di dare vita a storie attraverso la musica.
Il suo studio nel cuore di Londra era diventato un tempio per artisti emergenti e stelle affermate. Tutti volevano lavorare con lei. Tutti cercavano la sua magia.
Eppure, seduta sulla sua poltrona in pelle nera, con le cuffie attorno al collo e una matita tra le dita, Bonny si sentiva distante da tutto. Come se il successo fosse solo una facciata, come se dietro il suo nome scintillante ci fosse ancora quella ragazza di diciassette anni che stringeva i pugni davanti ai cancelli di un aeroporto, sperando fino all’ultimo che lui si voltasse.
Ma Damon non si era voltato.
Bonny aprì gli occhi e fissò lo schermo del computer. Le onde sonore della traccia appena registrata danzavano sul monitor, ma la sua mente era altrove.
Era sempre altrove.
La ferita che non si rimargina
Sei anni prima, la sua carriera era esplosa grazie a un album che aveva scalato tutte le classifiche. Da quel momento, aveva viaggiato per il mondo, prodotto hit per artisti internazionali, costruito un impero musicale con le proprie mani. Aveva una casa in un elegante quartiere londinese, un’agenda fitta di impegni, offerte da etichette discografiche che avrebbero fatto gola a chiunque.
Aveva tutto.
Denaro.
Fama.
Indipendenza.
Eppure, ogni volta che il silenzio prendeva il posto della musica, ogni volta che la notte la avvolgeva nel suo abbraccio solitario, il vuoto dentro di lei tornava a farsi sentire.
Non aveva più ricevuto quelle lettere promesse.
Non aveva mai sentito la sua voce al telefono.
Non c’era mai stato un “Come stai?” o un “Mi manchi”.
Con il tempo aveva smesso di aspettarlo.
Aveva provato a dimenticarlo, a seppellire quel primo amore sotto strati di impegni e nuove esperienze.
Ma come si fa a dimenticare qualcuno che è stato tutto?
Una telefonata che interrompe il passato
Uno squillo improvviso ruppe il silenzio dello studio.
Bonny sussultò appena, distogliendo lo sguardo dal monitor.
Prese il telefono dalla scrivania e lesse il nome che lampeggiava sullo schermo: Eleanor Hudson.
Un sorriso sfiorò le sue labbra. Eleanor non era solo la sua assistente. Era la sua confidente, la sua spalla, l’unica persona che conosceva ogni sfumatura della sua anima.
«Dimmi, El.»
«Spero che tu non sia ancora chiusa lì dentro,» esordì l’amica con la sua solita voce allegra. «Abbiamo un evento tra un’ora e ci sono già paparazzi appostati fuori.»
Bonny si lasciò andare contro lo schienale della sedia, massaggiandosi le tempie con due dita. «Sono pronta, tranquilla.»
«E la cena con Jonathan? Non dirmi che l’hai dimenticata.»
Bonny si morse il labbro. Certo che lo aveva dimenticato.
Jonathan era affascinante, gentile, intelligente. Sarebbe stato perfetto.
Se solo il suo cuore non fosse rimasto incatenato a dodici anni fa.
«No, non l’ho dimenticata,» mentì, sospirando.
Dall’altra parte, Eleanor scoppiò a ridere. «Sai che ti conosco troppo bene, vero? Adesso scendi, la macchina ti aspetta.»
Bonny riattaccò e lasciò il telefono sulla scrivania.
Un ricordo tra le mani
Si alzò e si avvicinò alla grande finestra dello studio.
Londra si estendeva davanti a lei, un oceano di luci che brillavano nel buio della notte. Le strade illuminate, i taxi che sfrecciavano sotto la pioggia sottile, i palazzi che si innalzavano come giganti silenziosi.
Era questa la sua casa adesso.
Aveva tutto.
Eppure, qualcosa dentro di lei era rimasto lì, in un altro tempo, in un’altra città, con un ragazzo dagli occhi color nocciola e un sorriso che sapeva di promesse mai mantenute.
Il suo sguardo si posò su un oggetto sulla scrivania.
Un vecchio plettro trasformato in ciondolo, appeso a una catenina d’argento.
L’unica cosa che le era rimasta di Damon.
Lo prese tra le dita, sfiorandone i contorni lisci e consumati.
Quante volte aveva pensato di buttarlo via?
Quante volte aveva provato a liberarsi di quell’ultimo frammento del passato?
Eppure, era ancora lì. Sempre nello stesso posto. Sempre vicino a lei.
Bonny chiuse gli occhi e lasciò scivolare un sospiro.
«È passato tanto tempo,» sussurrò a se stessa.
Ma sapeva che non era vero.
Damon non era mai davvero uscito dalla sua vita.
Era in ogni melodia che componeva, in ogni accordo che suonava, in ogni canzone che parlava di amori perduti.
Forse non lo avrebbe mai rivisto.
Forse sarebbe rimasto solo un’ombra nel suo passato.
Ma quello che ancora non sapeva…
Era che il destino aveva altri piani per lei.
