Alla scoperta del sotto bosco II
Dalla sacca estrassi il libro, avvolto in una copertina di cuoio nero e rigida. Cominciai a sfogliarne le pagine fino a giungere al punto della mappa. Cercai di capire se fossi a nord, ma l’assenza del muschio e la posizione del sole mi permisero di capire che mi trovavo a est del villaggio degli Ugagj, la tribù del fuoco. Se volevo chiedere aiuto, dovevo andare da loro, che mi avrebbero portato dai signori di quel regno: i Tecar, signori della terra e di tutti gli altri elementi. Certo, dalla mappa capii che avrei dovuto passare sia i Celac, signori dell’aria, che i Scart, signori dell’acqua. Non dovevo perdere tempo. Il viaggio era lungo e non sapevo cosa avrei trovato lungo il mio cammino, ma quella era l’unica possibilità che avevo. Quindi, cominciai a camminare in quella direzione.
Ogni cosa era così bella e diversa. Era un mondo così diverso dal nostro. Le piante e i fiori somigliavano molto a quelli della Terra, ma i loro colori erano così diversi e accesi. C'erano piante altissime, persino più alte di me, e l’erba, a volte gigante e altre no. Il profumo dei Taiti, fiori piccoli come sassolini e di color blu con piccoli puntini gialli appena percettibili alla vista, era così intenso che si disperdeva nell’aria. Molte piante le conoscevo grazie al diario di Darhiel, che mi aveva permesso di imparare a distinguere le piante buone e commestibili da quelle nocive o che spruzzavano veleno o liquidi paralizzanti. Queste ultime le popolazioni usavano per creare armi, mentre altre piante erano curative.
Camminavo muovendo continuamente la testa di lato, a destra e a sinistra, poi in alto e in basso. Un grande fiume scorreva sereno, ma rumoroso, lungo la strada. Per superarlo, vi erano centinaia di ponti naturali creati intrecciando rami di alberi, il cui dorso, invece di essere dritto, si era storto per seguire l’andamento che gli abitanti avevano dato. Tutto era magico. All’improvviso, sentii un rumore provenire da dietro di me. Mi voltai spaventata e ciò che vidi mi terrorizzò ancora di più: due enormi animali stavano correndo nella mia direzione. Erano come tigri delle nevi. Ne passarono forse cinquanta: era un branco. Mi nascosi in un cespuglio di bacche, sperando che non si accorgessero di me. Dopo un paio di minuti decisi di riprendere la mia marcia. Ormai erano lontane e potevo rilassarmi.
Camminando, continuavo a sfogliare le pagine del libro di Darhiel fino a giungere ai capitoli sugli animali. Così scoprii che quelle strane creature erano innocue. Si chiamavano Tijirhi; sul muso avevano un corno e sul corpo ali magnifiche, di un colore bianco come la neve. Scoprii che potevano raggiungere una velocità sorprendente e che erano le cavalcature dei Celac, i signori dell’aria. Più continuavo la mia avventura, più ero affascinata da quel mondo. Mi fermai ad osservare ogni pianta e ogni animale. Vidi una Fany: le sue ali coloratissime erano di grandi dimensioni e davvero belle, ma scoprii velocemente che erano più simili alle zanzare e anche più pericolose. La loro proboscide era fatta per risucchiare il sangue e iniettare un paralizzante, per poi trascinarti via come riserva di cibo. Con il cuore in gola, aspettai nascosta dietro un alto cespuglio di bacche che se ne andasse. Non sapevo come affrontarla e preferii non farmi vedere. Alla fine se ne andò e io ripresi la mia marcia. Trovai così tanti animali diversi, alcuni simili ai nostri: ragni di piccole dimensioni, ma anche di grandi; scoiattoli volanti con una coda divisa a metà e tanti altri ancora.
Scesa la sera, il mio cammino venne illuminato da piccoli esseri con minuscole ali trasparenti le cui venature sprigionavano una luce chiarissima. Il corpo era completamente dorato. Questi piccoli esseri si chiamavano Lium, e dagli Rath, simili alle farfalle con ali luminose e brillanti. Gli animali notturni erano ancora più meravigliosi di quelli diurni. Passò poi uno strano micio con il pelo grigio e bianco a strisce maculate, ma brillante e con zampe bianchissime, dal nome Bertur. Ognuno di quegli animali era strano, misterioso, bello e inquietante. La mia curiosità non trovava fine. Solo dopo molto tempo mi arresi e cercai un luogo in cui poter dormire. Anche per quello seguii le indicazioni del libro di Darhiel.
“Cerca un albero con un alto fusto e che di notte abbia le foglie illuminate, il suo nome è Shari quando lo avrai trovato solleticagli il rigonfiamento centrale e lui scuotendosi aprirà un piccolo varco sufficiente a far passare un umano allora mettitici dentro e lì passerai la notte per uscire farai allo stesso modo”
Così mi misi a cercare questo Shari, trovandolo solo dopo molto tempo. Stuzzicai la sua pancia e mi lasciò entrare, poi il varco si richiuse. Al suo interno non faceva né freddo né caldo. Dopo aver mangiato l’ultimo tozzo di pane che mi era rimasto e bevuto l’acqua che avevo portato da casa, mi addormentai profondamente e sognai le grandi avventure che avrei vissuto il giorno dopo.
La mattina, dopo aver fatto una frugale colazione con le ultime bacche e bevuto la poca acqua rimasta, solleticai il pancione dello Shari e questo si aprì lasciandomi uscire. Fuori c'era un sole meraviglioso e le creature della foresta si stavano svegliando con grande calma. Tutto era in fermento. Mi passarono accanto un gruppo di Yult, animali a quattro zampe con enormi zanne ma piccole e carine orecchie. Erano pelosissimi e la loro coda, priva di pelo tranne che sulla punta, aveva un ammasso di peli. Sapevo che erano innocui e amichevoli con la razza umana. Ancora una volta, il sapere di Darhiel intervenne per aiutarmi: sapevo che avevano bisogno di bere due volte al giorno, solitamente la mattina e il tardo pomeriggio. Dunque, se li avessi seguiti sarei sicuramente arrivata al fiume.
Seguendo le indicazioni del libro, camminai al loro fianco così da non dar loro motivo di sentirsi minacciati. Dopo una mezz’ora, i loro cuccioli, incuriositi dalla mia presenza, si avvicinarono e cominciarono a giocare con me. I loro modi e dimensioni mi ricordavano piccoli cuccioli di cane, bellissimi e morbidissimi. Finalmente, dopo lungo camminare, arrivammo al fiume. Potei riempire l’otre e raccogliere delle piccole bacche rosse e bianche dai cespugli vicini che Darhiel nel libro aveva detto essere commestibili. Alla fine, controllai la mappa e capii che mancava poco al villaggio dei signori del fuoco. Salutati i miei nuovi amici, mi rimisi in cammino.
Ciò che veramente mi lasciò stupefatta fu l’assenza di paura in me. Non sentivo la mancanza del mio paese; era come se fossi da sempre destinata a quel luogo. Dopo tanti anni, per la prima volta mi sentivo bene. Era come se fossi a casa, e quella era la sensazione più bella della mia vita, anzi, la migliore!
“Mamma! Mamma!”
“Ciao piccola Alesia, come ti senti oggi?”
“Molto meglio e poi la nonna mi sta raccontando una storia bellissima!”
“Che bello. Preparo il pranzo mentre tu ti lavi.”
“Va bene, grazie mamma.”
“Nonna, ti aiuto.”
“Va bene.”
Mentre cucinavamo, intravidi Alesia scrutare dalla finestra, tra le foglie del suo giardino, alla ricerca di segni strani o misteriose cose da scoprire. Quella visione mi confermò la mia sensazione: quando sarebbe stata più grande, le avrei dato la mia chiave e anche lei avrebbe avuto le sue dosi di avventura. Mia figlia non aveva mai voluto ascoltarmi o dare retta a ciò che le dicevo, ma quel mondo non apparteneva a tutti. Per lungo tempo mi ero illusa, sperando di poter condividere un tale segreto con mia figlia, ma poi capii che in lei non c'era il potere del Merech, che non aveva ereditato i miei stessi poteri. Questa cosa non era nuova per me; ero già stata avvisata tempo fa. La cosa più difficile fu accettare di non poter condividere questo con lei e lasciarla andare. Ma, dopotutto, alla fine tutti devono seguire il loro cammino.
