Capitolo 6
Ethan
Ho un martello pneumatico che mi sta martellando incessantemente la testa, rischio d'impazzire a breve. Mi rigiro dall'altro lato del letto, comprendendo finalmente che si tratta soltanto dei postumi della sbornia di ieri sera. Per fortuna che è lunedì, ovvero giorno di riposo per il professor Benjamin. La stesura della presentazione del corso per gli allievi del primo anno è rimandata a domani. Ci pensa comunque Mara con la sua voce squillante a farmi capire che non posso più rimanere a letto, ed io che volevo beatamente soccombere nei problemi che stanno ritornando a galla. Non dovrei bere così tanto eppure, per un momento, quando l'alcool mi scende giù in gola tutto ciò che mi ronza per la testa smette improvvisamente di esistere.
Non ricordo nemmeno cos'è successo, non del tutto. Un paio di pomiciate con Sissi prima di finire stretti e avvinghiati dentro uno sgabuzzino. Pratico e veloce. Dopo ci siamo salutati a malapena, l'ho lasciata con le sue amiche e ho concluso la serata con Anthony che mi trascinava a casa. Dopo tutto non sono così stupido da mettermi alla giuda se ho bevuto.
C'è qualcosa di strano ultimamente che non so spiegarmi, ma ogni volta che mi si avvicina è come se mi passasse la voglia. Eppure, fino a qualche giorno fa non attendevo altro. Con lei o con chiunque altra.
«Li vuoi i pancake?» urla Mara, con la testa che fa capolino dalla porta.
«Abbassa il tono della voce o mi farai esplodere» le intimo «e grazie ma no, quelle cose zuccherose tienitele per te». Ho sempre odiato le cose troppo dolci, da bambino mi riempivamo di caramelle per colmare le costanti assenze e adesso non riesco più a mangiarne. L'unica cosa che tollero è il cioccolato, solo se fondente e piccante.
Scendo comunque in cucina, visto che ormai il dolce riposo è terminato.
«Buongiorno tesoro», la voce di mia mamma accompagna sempre un ottimo risveglio.
«Buongiorno» rispondo, stampandole un bacio sulla fronte. Sono più alto di lei da quando avevo quattordici anni e questo la fa sembrare ai miei occhi ancora più fragile di quanto in realtà non sia.
Prendo posto davanti ai fornelli ancora caldi, tra scarti di zucchero e sciroppo d'acero. Una goccia mi si appiccica alle mani, proprio nella padella che avevo intenzione d'usare. Non mi dispiace fare le faccende di casa ma odio dover rimettere a posto i danni di mia sorella. Alla fine uova e bacon ne vengono comunque fuori e accompagnati al succo d'arancia mi aiutano in parte a tirarmi sù.
Nella mia testa mi sto ripetendo di non bere mai più ma so che che tra qualche giorno si ripeterà la stessa identica scena.
Trangugio la colazione e non posso fare a meno che guardare mia mamma, scheletrica più del solito col suo decaffeinato e la una rivista di moda tra le mani. Non c'è passerella che Nancy LeBlanc Müller non abbiamo solcato. Da piccolo ero così fiero di lei nonostante non capissi il perché di tutti quei viaggi che la portavano lontano da me e dalle mie attenzioni. I miei amici continuavano a dirmi di quanto era bella e famosa ma di quel mondo non m'importava nulla, detestavo la modella e volevo solo la mia mamma.
La mano le trema, dapprima piano e poi incessantemente, in un moto continuo. Il caffè si riversa sulla rivista inzuppandone le pagine e in men che non si dica le gambe le si fanno molli. Non faccio in tempo a raggiungerla che è già distesa a terra. Dopo due anni fatico ancora a riconoscere le crisi.
«Mamma! Mamma! Mi senti?» la chiamo, sollevandola per riportarla a letto. È semi vigile ma ci metterà comunque un po' a riprendersi.
«Chiamo il dottore» annuncia Mara che non ha bisogno di conferme, trova il numero sul post-it appeso ben in vista sul frigorifero in modo che tutti possano vederlo.
È un uomo sulla sessantina con i capelli bianchi e la pancia che sta per far esplodere la cintura dei pantaloni. Un vero esperto del settore. Ogni volta arriva, circa un quarto d'ora dopo la solita chiamata, da un'occhiata e proferisce sempre le stesse parole: "Ha bisogno di riposo e tranquillità", poiché la decina di farmaci che prende a cadenza regolare non stanno già facendo nulla. Una rara forma di leucemia ci hanno detto, di cui non sanno ancora del tutto gli sviluppi.
Quando il dottore se ne va Mara è distesa accanto alla mamma, le tiene la mano e dormono entrambe.
Ho bisogno di una boccata d'aria!
Una delle cose belle di casa nostra è il panorama che si può ammirare dal cortile sul retro, immerso nel verde e nel silenzio. Quando qualcosa non va questo posto riesce a farmi respirare di nuovo.
Sto giusto facendo una passeggiata quando davanti a me si para una visione che mai avrei immaginato: la ragazza che ho visto l'altro giorno al caffè sta uscendo dal lago proprio davanti a me, in biancheria intima semi trasparente a causa dell'acqua. Non mi ha visto, probabilmente per le fronde degli alberi che le coprono la visuale. Ha le forme sinuose, il culo grosso e i seni pieni e sodi di quelli che stanno perfettamente sù anche col reggiseno sfibbiato. Si accende qualcosa che ieri sera mancava, e anche la protuberanza ben visibile dalla tuta grigia - del tutto inopportuna in questo momento - me lo conferma. Scommetto che impazzirebbe a sapere che sono qui.
