Capitolo 5
Ethan
La musica a palla nelle orecchie riesce a farmi dimenticare tutti i problemi e il sudore che mi scorre sulle braccia per i bicipiti contratti riesce a farmi sfogare tutte quelle emozioni che altrimenti mi terrei dentro. La vibrazione del cellulare interrompe il mio momento di pausa, - merda pensavo di averlo spento - tanto vale vedere chi è. Il nome di Anthony è ben in evidenza sullo schermo, chissà che vuole ora.
«Pronto?»
«Ei bro, ti disturbo?»
In realtà sì, ma... «No no, dimmi»
«Ci sei tra dieci minuti in centro?»
«Facciamo venti» gli rispondo, subito prima di riattaccare il telefono. Avrei preferito rimanere nella mia bolla, ma non ho la fama di quello che resta a casa quando c'è da andare a divertirsi. Prima mi tocca una doccia bollente per riuscire a ricaricare le energie giuste. Travis Scott canta in sottofondo quando finalmente chiudo il getto d'acqua bollente, mi aiuta a canticchiare qualcosa mentre mi tuffo in un litro di One Million e opto per pantaloni e felpa nera.
«Devi smetterla d'intasare il bagno con quel profumo di merda», urla mia sorella Mara. Sta sempre lì ad attendere il suo turno come se non ci fosse un bagno per stanza in questa casa, ma la realtà è che c'impuntiamo entrambi ad utilizzare sempre quello più grande.
«Non vedo l'ora che tu te ne vada», le dico.
Le voglio bene, è la mia piccola sorellina ma non lo ammetterò mai davanti a lei. Posso sfotterla quanto voglio, ma nessuno dovrà mai osare farle del male. Abbiamo entrambi quasi lo stesso carattere. Eppure, fisicamente siamo completamente diversi. Lei capelli rossi e occhi verdi, io capelli neri e occhi ambrati. Lei ha preso dalla mamma, io tutto da papà. Tra pochi giorni andrà finalmente al college, lo stesso in cui mi sono laureato lo scorso semestre e in cui a breve inizierò a lavorare come assistente. Non è il lavoro dei miei sogni, la vedo più come una pausa in attesa di partire per il master: da quando abbiamo scoperto della malattia della mamma ho deciso che sarebbe stato meglio restarle vicino. La mia carriera è solo rimandata e fare da assistente a uno dei migliori professori del college mi varrà dei bei punti sul curriculum.
Anthony, Mark e Sissi mi aspettano al solito posto e non appena accosto si fiondano in macchina ancora prima di scambiarci un saluto. Siamo amici da quando avevamo cinque anni e c'è sempre stata una sorta di complicità unica tra di noi, almeno fino a quando le cose tra me e Sissi non hanno iniziato a complicarsi. C'è questa sorta di flirt che va avanti ormai da anni, in cui lei si definire la mia ragazza ed io a cadenza regolare le ricordo che non ho la testa per nulla di serio. A volte mi viene ancora difficile riuscire a vederla come qualcosa di più che un'amica. Lei sa che non sono solo suo, che non potrò mai esserlo, e le sta bene.
Non ho voglia di frequentare i soliti posti e rivedere le facce che mi sono lasciato alle spalle qualche mese fa, motivo per cui finiamo a vagare finché non adocchio un piccolo caffè che attira la mia attenzione.
«Trovato! Andiamo lì», affermo.
«Lì?» mi guarda storto Mark «ma non c'è nessuno».
«E allora? Meglio!» ribatto, sempre più convinto della mia scelta.
È un posto piccolo e accogliente con un paio di librerie stracolme di libri alle quali mi piacerebbe dare un'occhiata. I grandi titoli li ho già letti tutti, ma chissà che non si trovi qualche piccolo tesoro. Ci sediamo e il posto è talmente piccolo che Sissi si accomoda sulle mie ginocchia per una sedia mancante. Il vero gioiello di questo posto sta poco più in là, adagiata davanti al bancone in attesa di prendere le ordinazioni. Mentirei nel dire che non l'ho vista qualche giorno fa mentre passavo per caso davanti la vetrina. Era mattina presto, ancora prima dell'apertura, e se ne stava a sorseggiare un cappuccino con una copia di Norvegian Wood davanti. Bella e malinconica proprio come il libro. Così potrei chiedere una sedia per Sissi, ma il modo in cui mi sta guardando mentre la tengo sulle gambe non ha prezzo. È un mix tra la voglia di spettegolare e il disprezzo, ma non importa....i suoi occhi sono fissi su di me e questo, per la prima volta dopo tanto, mi fa provare una sensazione che credevo dimenticata.
Quando finalmente ci rivolge la parola faccio del mio meglio per rendermi insopportabile. Non so perché, ma è come se una parte di me riesca a immaginare la sua reazione; e lo adoro da morire. Non la conosco, non so nemmeno il suo nome, ma tormenta il mio sonno orma da giorni.
«Cos'hai oggi?», mi chiede Sissi.
«Nulla» le rispondo, ritornando a immergermi nei discorsi dei miei migliori amici che oggi sembrano più interessati del solito a rendermi partecipe.
Forse venire qui con loro non è stata una buona idea, ma provare a incontrarla da solo? Avrei rischiato di diventare vulnerabile.
