Capitolo 2
La mia valigia non era poi così piena come avevo immaginato nel corso dei mesi, la maggior parte delle cose a cui tenevo erano rimaste nella camera a casa dei miei genitori. Avevo portato lo stesso una buona quantità di vestiti, per lo più jeans e cardigan da abbinare a maglie dai colori neutri. Sandy, la mia migliore amica sin da quando avevamo cinque anni, ha sempre detto che sono allergica ai colori. Per carità non c'è neanche un capo nero o bianco nel mio armadio, ma decine di cose beige o marroncine. Se dobbiamo essere puntigliosi questi sono colori, ma non me l'ha mai data vinta su quest'argomento. Non ho portato neanche i miei libri, ho intenzione di comprarne di nuovi e quelli che mi serviranno per studiare li troverò già in camera insieme al resto del materiale. Diciamo che Sandy vanta il privilegio di prima e unica persona con la quale io abbia mai condiviso una camera, per ciò non so esattamente come andrà la convivenza con la mia nuova compagna di stanza. Spero solo si limiti a rispettare i miei spazi e non ci sarà motivo di far nascere dispute o incomprensioni.
«Pronta a iniziare una nuova avventura?». Zia Katy sta preparando i pancake per colazione, oggi è il giorno di chiusura del caffe e mi adeguo alla loro solita routine di giornata in famiglia. Mara ed Elly stanno sedute sugli sgabelli della penisola, entrambe con i capelli raccolti in due codine. Hanno più o meno la stessa età e a guardarle sembrano davvero sorelle.
«Non vedo l'ora, mi hanno parlato benissimo di questo corso e spero di riuscire a dare tutti gli esami in tempo», le rispondo. Una leggera ansia si sta per attanagliare allo stomaco e per sconfiggerla agguanto il primo pancake ancora caldo e lo divoro con un leggero strato di sciroppo. Le cose troppo dolci sono il mio guilty pleasure, quando sono triste potrei mangiare chili di caramelle.
«Secchiona come sei non ci sono dubbi», scendendo dalle scale lo zio Dylan si becca un'occhiataccia. Sa che odio essere chiamata in questo modo ma continua a farlo in modo scherzoso sin da quando sono piccola. «Preparatevi oggi si va al lago».
Le bambine iniziano a strillare entusiaste subito prima di correre nelle loro stanze a raccattare peluche e giochi da portarsi dietro. «Anche tu» mi dice, scombinandomi i capelli «o poi rischieremo di non averti più partecipe per il troppo studio della domenica». Mi fingo indispettite e alla fine salgo anche io in camera a prepararmi.
È l'ora che i miei soliti jeans vengano sostituiti da un paio di leggings forse troppo stretti ma la cosa più comoda che posseggo, coordinati a una maglia grigia con su il logo della squadra di baseball preferita da mio fratello. Gemello, a dir la verità. Ma niente telepatia o robe del genere, solo affetto e botte di routine.
Boston è decisamente più numerosa di sacramento, eppure in questo posto si respira una tranquillità incredibile. Sulle rive del Chandler Pond non vi è anima viva, nonostante le numerose ville che costeggiano il lago. Probabilmente non è più tempo di villeggiature e sono ritornati tutti ai soliti appartamenti in centro città, più asettici e comodo per raggiungere gli uffici. Tutto intorno a me è un mix di verde e arancio dove l'autunno la fa da padrone.Tramezzini prosciutto e tonno riempiono il cestino di vimini e una coperta in plaid è adagiata a terra per permetterci di stare comodi e in parte al caldo.
«Ei giù le mani» urla lo zio Dylan, impedendomi di agguantare la birra che stavo fissando da almeno cinque minuti «non hai ancora 21 anni il che vuol dire che questa per il momento te la scordi».
Ottimo, missione fallita. Scelgo così di rifugiarmi nella copia di Cime tempestose presa in prestito da casa degli zii. Due ore e dieci capitoli più tardi la mattinata si è fatta abbastanza calda da portarmi a fare una passeggiata, lasciando così alla famigliola un po' di tempo da passare da soli. Non voglio allontanarmi troppo visto quanto sono brava a perdermi.
Quell'atmosfera m'invita a lanciare il mio paio di converse bianche per mettere i piedi a mollo, l'acqua è ancora calda mi regala una bellissima sensazione. Questo assoluto silenzio mi porta a immergermi in slip e reggiseno in un angolo dove nessuno potrebbe mai vedermi. Nascosta in un incavo della radura mi godo un attimo di gioia e una magnifica nuotata. Dopo un'estate passata a programmare l'inizio del college mi ricordo che questo è il primo vero bagno dell'anno. Non so quanto tempo ho passato a galleggiare, sembra che tutto si sia improvvisamente bloccato e forse è finalmente ora di fare ritorno. I capelli mi si appiccicano addosso, talmente lunghi da arrivarmi fino al fondoschiena. Mia mamma mi ha donato i capelli color della pece e mio padre gli occhi color miele. Un connubio che mi è spesso andato stretto finché non ho imparato ad accettarmi abbastanza. Avrei dovuto scegliere qualcosa di meno trasparente della biancheria intima bianca per questo bagno improvvisato ora che l'acqua non mi avvolge più. Tentenno un attimo prima di indossare di nuovo i vestiti, mi toccherà tornare a casa fradicia. I leggings grigi mi s'incollano addosso ancora di più, quanto maledico non avere i miei soliti jeans. Ho ereditato un sedere abbondante fonte di tutte le mie insicurezze.
«La principessa ha finito il bagno rilassante?», quelle parole mi colpiscono in pieno. Alla mie spalle il ragazzo maleducato del caffè se ne sta tranquillo a fissarmi.
«Che ci fai qui?»
«Che ci fai tu qui?», se la ride scostando un paio di rami per lasciarmi intravedere una villa sullo sfondo «questa è casa mia».
Sento le mie guance andare improvvisamente a fuoco, non riesco a credere che qualcuno mi abbia davvero vista.
«Il lago è pubblico e fare il guardone è da maleducati» annuncio, agguantando le scarpe e incamminandomi sul sentiero a piedi scalzi. In sottofondo sento la sua risata che echeggia, delicata e tremendamente irritante. Non so neanche come si chiama e già lo odio.
«Dov'eri finita?», mi chiede la zia Katy.
«Ho fatto un bagno» rispondo, alzando le spalle.
«Dai vieni, riscaldati e torniamo a casa».
