Capitolo 5: La tentazione
Notte insonne, pensieri pericolosi
Le luci della città filtravano dalle tende della camera, proiettando ombre sfocate sul soffitto.
Atena era sveglia.
Girava su un fianco, poi sull’altro, ma non c’era modo di placare il fuoco che sentiva bruciare sotto la pelle.
Non era stanchezza. Non era stress.
Era lui.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, il suo viso tornava a tormentarla. Gli occhi scuri e indecifrabili. Le spalle larghe, il petto scolpito sotto la maglietta aderente. Il modo in cui la guardava, come se potesse vedere dentro di lei, oltre la maschera di controllo che si era sempre imposta.
Poi il ricordo più pericoloso di tutti.
Le sue dita sulla sua pelle.
Era stato solo un tocco. Un tocco leggero, una sfiorata sulla guancia per spostarle i capelli. Ma il suo corpo aveva reagito con un’intensità devastante.
Aveva trattenuto il fiato. Aveva sentito il cuore esploderle nel petto.
E lui?
Lui lo aveva visto. Lo aveva sentito.
Paride sapeva esattamente cosa le stava facendo.
Atena si girò sul cuscino con frustrazione, premendosi le mani sulle tempie. Non può andare avanti così.
Era il suo trainer. Questo era tutto.
Eppure, nel buio della sua stanza, sapeva che era una menzogna.
Perché quando il telefono vibrò sul comodino, con il nome di Paride Jackson illuminato sullo schermo, il suo stomaco si strinse.
Aveva scritto.
Si morse il labbro, esitando per un attimo prima di sbloccare il telefono.
Paride: Hai fatto progressi oggi. Ma ancora ti trattieni.
Atena trattenne il respiro.
Poi arrivò il secondo messaggio.
Paride: Domani vedremo se riesci a smettere.
Un brivido le percorse la spina dorsale.
Questa non era più una semplice attrazione.
Era qualcosa di pericoloso.
E Atena non sapeva se voleva resistere o lasciarsi consumare del tutto.
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Occhi che incendiano
La mattina successiva, quando entrò in palestra, Atena si sentì osservata.
E lo era.
Paride era lì, appoggiato alla parete, le braccia incrociate sul petto.
Non stava solo aspettando.
La stava aspettando.
I loro sguardi si incrociarono e il mondo sembrò fermarsi per un attimo.
Lui non sorrise subito. Si limitò a scrutarla, come se stesse valutando qualcosa dentro di lei. Come se stesse decidendo fino a che punto spingersi quel giorno.
Poi, lentamente, inclinò la testa e disse: “Buongiorno, Atena.”
Solo tre parole.
Ma pronunciate con un tono che la fece rabbrividire.
Atena si schiarì la gola, cercando di sembrare indifferente. “Buongiorno.”
Paride lasciò scivolare lo sguardo su di lei, con la stessa calma letale di un predatore che osserva la sua preda.
“Vediamo se oggi sei pronta.”
Atena sentì il cuore accelerare.
Non sapeva nemmeno lei a cosa esattamente fosse pronta.
Ma aveva il terribile sospetto che lo avrebbe scoperto molto presto.
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Un allenamento fatto di sguardi e sfide
L’allenamento di quel giorno fu il più intenso che avesse mai fatto.
Paride non le diede tregua.
Squat. Affondi. Pesi.
E, soprattutto, contatto.
Ogni volta che la correggeva, il suo tocco sembrava durare un attimo di troppo. Un secondo in più che non era necessario, ma che diceva più di mille parole.
“Più lenta, Atena. Controlla il movimento.”
Si posizionò dietro di lei per correggere la postura, le mani forti sulle sue anche.
Atena sentì il fiato mozzarsi.
Il suo corpo era troppo vicino.
Poteva sentire il calore della sua pelle attraverso il tessuto sottile della maglietta.
Poteva sentire il suo respiro.
Non riuscì a trattenersi: alzò lo sguardo e lo trovò riflesso nello specchio davanti a loro.
Paride non si stava concentrando solo sulla sua posizione.
La stava guardando.
E nei suoi occhi c’era qualcosa che la fece tremare.
Desiderio.
Atena si morse il labbro, cercando di concentrarsi sull’esercizio.
Ma quando Paride si chinò appena verso il suo orecchio e sussurrò: “Brava.”, il suo autocontrollo si sgretolò.
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Un momento che cambia tutto
Alla fine dell’allenamento, Atena era esausta.
Si sedette su una panca, cercando di rallentare il respiro.
Paride la raggiunse e si abbassò davanti a lei, appoggiando gli avambracci sulle ginocchia.
Troppo vicino.
Troppo intimo.
Lei sollevò lo sguardo e lo trovò a pochi centimetri dal suo viso.
I suoi occhi scuri, profondi, la trattennero in una morsa invisibile.
“Oggi hai resistito meglio.”
La sua voce era più bassa, quasi un sussurro.
Atena annuì, incapace di parlare.
Paride fece scorrere lo sguardo sulle sue labbra, solo per un istante.
Ma fu abbastanza.
Bastò per incendiarle il sangue.
Bastò per farle dimenticare tutto il resto.
Per un secondo – solo un secondo – Atena si chiese cosa sarebbe successo se si fosse semplicemente avvicinata. Se avesse ridotto quello spazio tra loro fino a cancellarlo del tutto.
Se lui l’avrebbe lasciata fare.
O se sarebbe stato lui a prendere il controllo.
Il cuore le martellava nel petto.
Poi Paride si alzò, lentamente, lasciandola lì con il fiato corto.
“Ci vediamo domani, Atena.”
Le voltò le spalle, lasciandola lì, incatenata a un desiderio che non poteva più negare.
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Un messaggio che la distrugge
Quella sera, il telefono vibrò tra le sue mani.
Un messaggio.
Paride: Oggi hai fatto progressi. Ma ancora non ti lasci andare.
Atena chiuse gli occhi, il battito irregolare.
Poi, un secondo messaggio.
Paride: Domani, voglio vedere se sei pronta a smettere di resistere.
Atena sentì un’ondata di calore esploderle dentro.
E, per la prima volta, capì la verità.
Non era più solo un’attrazione.
Era una battaglia.
E stava per perderla.
