Capitolo 4: L’incertezza di Atena
Un pensiero ossessivo
Atena si rigirava nel letto, fissando il soffitto immerso nell’oscurità della sua camera.
L’orologio segnava le due di notte, ma il sonno non arrivava.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva Paride.
La sua voce. Il modo in cui l’aveva toccata. Lo sguardo intenso che sembrava scavare dentro di lei.
Era solo il suo personal trainer.
Eppure, il suo corpo non sembrava d’accordo.
Aveva sentito il calore delle sue mani anche dopo che lui si era allontanato. Aveva sentito la pressione del suo tocco anche quando era sola, distesa sul divano, incapace di pensare ad altro.
Si morse il labbro, stringendo il lenzuolo tra le dita.
“Che diavolo mi sta succedendo?”
Paride la stava facendo impazzire. E il peggio era che lui lo sapeva.
Il suo messaggio era ancora lì, illuminando lo schermo del telefono accanto a lei.
Ci vediamo domani, Atena. E stavolta voglio vedere se sai davvero lasciarti andare.
Le sue parole erano un veleno dolce che scivolava dentro di lei, avvelenandole i pensieri.
Si voltò sul fianco, chiudendo gli occhi con forza.
Doveva resistere.
Non poteva lasciarsi trascinare da qualcosa che, probabilmente, per lui era solo un gioco.
Ma una parte di lei… una parte più oscura e affamata… voleva giocare.
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Specchi che non mentono
La mattina seguente, Atena si fermò davanti allo specchio del bagno, studiandosi con uno sguardo critico.
Aveva mai davvero osservato il proprio corpo?
Si accarezzò la pelle delle braccia, come se volesse cercare di sentire quello che Paride aveva sentito.
Aveva detto che era troppo rigida.
E aveva ragione.
Non solo nei movimenti, ma in tutto il resto.
Si era sempre trattenuta. Sempre controllata. Sempre imposta di non volere troppo.
E se, per una volta, avesse smesso di farlo?
Inspirò profondamente, come per convincersi, e si preparò per la palestra.
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Un allenamento carico di tensione
Quando arrivò, Paride era già lì.
Lui la vide subito, e il modo in cui la osservò la fece sentire nuda.
“Sei pronta?”
Atena si sentì tremare le ginocchia, ma annuì. “Sì.”
Paride sorrise piano. “Vediamo se è vero.”
L’allenamento iniziò con una serie di esercizi più intensi del solito.
Paride la spingeva oltre i suoi limiti, il fiato caldo vicino al suo orecchio ogni volta che le diceva di tenere ancora un po’, di non mollare, di fidarsi di lui.
E Atena lo faceva.
Sentiva il sudore scivolarle lungo la schiena, il respiro sempre più affannato, i muscoli che bruciavano.
Ma la cosa che la faceva impazzire di più era lui.
Ogni volta che la toccava per correggerla, ogni volta che il suo corpo si allineava al suo per aiutarla a mantenere l’equilibrio, la sua pelle si accendeva di desiderio.
Poi arrivò il momento degli addominali.
Atena si sdraiò sul tappetino, le mani incrociate dietro la testa, il respiro già corto.
Paride si inginocchiò accanto a lei, un braccio appoggiato sul ginocchio mentre la osservava.
“Voglio che tu ne faccia venti.”
Atena annuì.
Sollevò il busto, sentendo la tensione nei muscoli. Ma quando abbassò lo sguardo, lo trovò lì.
Troppo vicino.
Gli occhi di Paride erano puntati sui suoi, scuri e ipnotici.
E in quell’istante, la finzione si ruppe.
Non c’era più solo un allenamento.
C’era loro due.
Una tensione elettrica che bruciava tra di loro, più intensa di qualsiasi sforzo fisico.
Atena si abbassò lentamente, tornando con la schiena sul tappetino. Il respiro le tremava, ma non per l’esercizio.
Paride inclinò leggermente la testa, osservandola.
Poi, senza dire una parola, allungò una mano e le spostò una ciocca di capelli dalla fronte.
Un gesto innocuo.
Ma il modo in cui lo fece… il modo in cui il suo dito sfiorò la sua pelle… la fece impazzire.
Atena trattenne il respiro, ma Paride non si allontanò subito.
Lasciò che il suo tocco indugiasse un secondo di troppo.
Solo un secondo.
Ma abbastanza da farle capire che quello che stava accadendo tra loro non era solo nella sua testa.
E quando si ritrasse, con un sorriso appena accennato sulle labbra, Atena capì una cosa.
Non importava quanto cercasse di resistere.
Questo gioco lo stava vincendo lui.
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Un’ossessione che cresce
Dopo l’allenamento, Atena uscì dalla palestra con il cuore ancora impazzito.
Si appoggiò a una parete, chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi.
Non ci riusciva.
Il suo corpo stava cambiando. Lei stava cambiando.
E tutto per colpa di un uomo che sembrava saper giocare con lei come se fosse un libro aperto.
Il telefono vibrò tra le sue mani.
Un messaggio.
Paride: Hai fatto progressi oggi. Ma ancora non ti lasci andare del tutto.
Atena deglutì.
Poi arrivò il secondo.
Paride: Domani lavoreremo su quello.
Si sentì il cuore martellare.
E capì che non stava più solo allenando il suo corpo.
Stava allenando il suo desiderio.
E, dannazione, lo stava facendo troppo bene.
