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Capitolo 6: Il primo cedimento

Notte di tormento

Atena giaceva sul letto, avvolta nell’oscurità della sua stanza.

Il lenzuolo era aggrovigliato attorno alle sue gambe, il cuscino umido di calore. Aveva girato e rigirato il corpo per ore, ma il sonno si rifiutava di arrivare.

Perché nella sua mente c’era lui.

Paride.

Il suo sguardo. Il modo in cui la toccava. La sua voce bassa che sembrava infilarsi sotto la pelle, insinuandosi nei suoi pensieri come un veleno dolce.

Aveva chiuso gli occhi decine di volte cercando di spegnere l’immagine di lui.

Ma ogni volta che lo faceva, lo ritrovava lì.

Più vicino.

Più intenso.

Più pericoloso.

E la cosa più devastante?

Non voleva che sparisse.

Si morse il labbro, voltandosi di scatto sul materasso. Il telefono brillava sul comodino, ancora illuminato dall’ultimo messaggio di Paride.

Paride: Domani, voglio vedere se sei pronta a smettere di resistere.

Il cuore le martellò nel petto.

Era una sfida.

Era una promessa.

E Atena sapeva che il giorno dopo qualcosa sarebbe cambiato per sempre.

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Un campo di battaglia silenzioso

Quando entrò in palestra, la tensione era così densa da poterla quasi toccare.

Il respiro le si bloccò in gola non appena lo vide.

Paride era lì.

Aspettava.

Le braccia incrociate, la maglietta aderente che scolpiva il suo corpo. Ma non era il suo fisico a farle tremare le gambe.

Era quello sguardo.

Lento. Penetrante. Carico di qualcosa che Atena non riusciva più a ignorare.

Quando i loro occhi si incontrarono, sentì una scossa percorrerle la spina dorsale.

Lui la stava studiando.

Non con l’aria di chi vede una cliente.

Ma con quella di chi sa esattamente quello che sta facendo.

E Atena sentì il proprio corpo tradirla.

Le mani leggermente sudate. Il cuore che batteva troppo forte.

Non sono pronta.

Non oggi.

Eppure, fece un passo avanti.

Paride lasciò scorrere lo sguardo su di lei, con calma esasperante, poi sorrise piano.

Un sorriso che diceva tutto.

“Buongiorno, Atena.”

Era solo un saluto.

Ma il modo in cui lo disse…

Era un tocco invisibile sulla pelle.

Un richiamo a qualcosa di più oscuro.

Atena si schiarì la gola, cercando di controllare il battito accelerato. “Buongiorno.”

“Dormito bene?”

La sua voce era più bassa del solito.

E Atena capì subito.

Sapeva.

Dannazione, sapeva.

Sapeva che aveva passato la notte a pensarlo.

Sapeva che il suo corpo si era svegliato affamato di qualcosa che non osava confessare nemmeno a sé stessa.

Sapeva che stava perdendo la battaglia.

Atena sentì le guance scaldarsi, ma si impose di mantenere il controllo. “Abbastanza.”

Paride non la contraddisse.

Ma il suo sorriso si allargò appena.

Come se dicesse: Bugia.

E la cosa che la distrusse di più fu che aveva ragione.

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L’allenamento che la porta al limite

Paride non le diede tregua.

Ogni esercizio era più intenso.

Ogni respiro più affannato.

Ma il problema non era la fatica.

Era lui.

Il suo corpo sempre troppo vicino. Il suo sguardo che non la lasciava mai.

Le mani che, ogni volta che la correggevano, sembravano indugiare un istante di troppo.

Quando arrivarono al plank, Atena era già al limite.

“Mettiti in posizione.”

Lei si sdraiò sul tappetino, gli avambracci poggiati a terra, i muscoli contratti.

Paride si accovacciò accanto a lei, una mano sul pavimento per sostenersi.

Troppo vicino.

Troppo intimo.

L’aria sembrò rarefarsi.

Poi sentì le sue dita sui suoi fianchi.

Un tocco fermo. Deciso.

Un tocco che la fece rabbrividire.

Non va bene.

Non dovrebbe essere così.

Eppure, quando Paride si spostò leggermente, allineando il proprio corpo al suo, Atena sentì il respiro tremare.

Perché sembra così giusto?

Perché non voglio che si fermi?

Perché il mio corpo lo desidera così disperatamente?

“Ancora dieci secondi.”

Paride era a un soffio dal suo orecchio.

La sua voce le sfiorò la pelle come una carezza.

Atena serrò le labbra.

Ogni parte di lei era tesa.

Ma non per l’esercizio.

Era lui che la faceva tremare.

Quando il tempo scadette, crollò sul tappetino, il respiro spezzato.

Paride rimase fermo per un istante.

Non si mosse.

E poi accadde.

L’inevitabile.

---

Il primo vero cedimento

Atena sollevò lo sguardo.

E lo trovò lì.

Gli occhi puntati su di lei, il petto che si sollevava e abbassava lentamente.

L’aria era satura di qualcosa di invisibile.

Qualcosa che non potevano più ignorare.

Paride allungò una mano.

Le sue dita sfiorarono la pelle della sua mascella.

Un tocco lento.

Un tocco che disse tutto.

Atena trattenne il respiro.

Lui non si allontanò.

E lei non lo fermò.

Anzi.

Si avvicinò.

Solo pochi centimetri.

Ma abbastanza da farle sentire il calore del suo respiro.

Bastava un passo.

Un millimetro in più.

Un attimo di resa.

E le loro labbra si sarebbero incontrate.

Il cuore di Atena batté così forte da farle male.

Si perse nei suoi occhi.

Paride attese.

Attese lei.

Attese che fosse lei a scegliere.

E, per un istante, Atena fu sul punto di farlo.

Ma poi la realtà la colpì come un pugno.

No.

Non ancora.

Con uno sforzo immenso, chiuse gli occhi e si tirò indietro.

Il silenzio tra loro fu assordante.

Paride non disse nulla.

Ma quando la aiutò ad alzarsi, il suo sorriso era diverso.

Era un sorriso che diceva: Non puoi resistermi per sempre.

E Atena sapeva che aveva ragione.

Era solo questione di tempo.

E quando avrebbe ceduto, non ci sarebbe stato più ritorno.

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