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Sono le sei di sera quando Elizabeth entra nell’edificio che conosce bene, un posto in cui non mette piede da un paio di mesi.
— Buonasera, signorina Waverton. — dice il gentile portiere mentre lei si avvicina.
— Buonasera, Wallace. — risponde sorridendo mentre gli si avvicina. — Ti ho già detto mille volte di chiamarmi Elizabeth.
Wallace ride scuotendo la testa.
— Lo so, signorina, ma non sono tipo da infrangere certe regole. Posso offrirti qualcosa ?
Il suo sorriso vacilla per un attimo, ricordandosi il motivo per cui è lì.
— Sì… — dice senza guardarlo negli occhi. — Sono qui per le chiavi.
— Oh. — Lei alza lo sguardo verso di lui, fissandolo negli occhi per un momento. Vede la stessa emozione trattenuta nei suoi occhi che sente dentro di sé.
È strano vedere un uomo della stazza di Wallace — che ha fatto il buttafuori per anni prima di ottenere questo lavoro — mostrare così tanta emozione.
— Era un brav’uomo. — dice scuotendo la testa mentre si alza e va a prendere le chiavi.
— Lo era. — risponde lei, sentendo una lacrima sollevarsi e scivolare lungo la guancia. Se la asciuga in fretta con la mano.
— Ehi… — dice lui voltandosi verso di lei. — Non volevo farti piangere. — Un sorriso triste si forma sul suo volto. — Fidati, lui non lo avrebbe voluto.
Elizabeth sorride appena mentre lui le porge le chiavi.
— Almeno ora ti ho come nuova cliente. — dice sorridendo.
— Grazie, Wallace. — dice lei mentre si dirige verso l’ascensore.
— Sempre, tesoro. — ride guardandola salire.
È strano camminare di nuovo in quel corridoio… e ancora più strano sapere che lui non sarà lì.
Per un momento si perde con le chiavi prima di riuscire finalmente ad aprire la porta. Una volta dentro, la accoglie lo stesso profumo caldo di sempre.
Chiude dolcemente la porta dietro di sé e si addentra nell’attico. È davvero un posto splendido, situato in cima a un grattacielo con vista sulla città. Una parete intera è una finestra a tutta altezza, che rende la vista ancora più spettacolare.
L’unica cosa che ostruisce leggermente la vista è un altro grattacielo proprio di fronte. Da quell’attico, può vedere l’interno di alcuni appartamenti dall’altra parte della strada.
Sospira e si siede sul divano, affondando il viso tra le mani mentre inizia a piangere…
Solo quando il telefono squilla riesce a ricomporsi. Si asciuga le lacrime e guarda lo schermo. Il numero è quello di James.
Merda, pensa, rispondendo alla chiamata.
— Elizabeth Waverton. — dice raddrizzandosi.
— Hai fatto la prenotazione per la cena ? — le chiede lui, irritato.
— Sì, andrai da Wanira. È tutto sistemato, ti basterà salire in macchina alle sette. — risponde con la voce professionale.
— Ah. — dice lui, un po’ sorpreso. — Va bene. — riattacca senza nemmeno ringraziarla.
James non sa cosa aspettarsi mentre sale in macchina. Il signor Young lo raggiungerà direttamente al ristorante, dato che poi andrà subito a casa.
È rimasto sorpreso dalla prontezza con cui Elizabeth ha sistemato tutto per l’arrivo del signor Young.
Sorride tra sé mentre gli torna in mente quello che aveva detto Mr. Young…
— Strana ragazza, la tua assistente. — aveva detto.
— Come mai ? — aveva chiesto James incuriosito.
— Beh, la conosco da un bel po’ ormai. Più volte le ho offerto di lavorare per me. Le proponevo uno stipendio triplo rispetto a quello attuale, benefici migliori, orari migliori. Ma non ha mai accettato. Diceva sempre che la sua lealtà era con tuo padre. — aveva detto Mr. Young sorseggiando il vino.
— E so di non essere l’unico a cui ha detto così. Altri colleghi mi hanno raccontato la stessa cosa. Non ha mai accettato. Un giorno chiesi a tuo padre il perché. Lui mi disse sempre che lei era la migliore che potessi mai avere, ma che il suo cuore non era lì. — Mr. Young si era fermato un attimo. — « È un’architetta », diceva sempre. « Il business non fa per lei. » — aveva concluso ridendo.
— Sei un uomo fortunato, signor McGregor. — gli aveva detto puntandolo col dito.
— E perché ? — aveva chiesto James.
— Perché te la sei ritrovata tra le braccia.
James non gli aveva detto che lei si era licenziata. Non voleva fargli pensare di averla persa. In fondo, non gli piaceva il suo atteggiamento… ma il suo lavoro era impeccabile.
Rientra nel suo appartamento e si siede sul divano. Sospira, poi si lascia scivolare in una posizione più comoda. Si passa le mani sul viso per un momento prima di rialzare lo sguardo.
All’improvviso, con la coda dell’occhio, nota qualcosa : una luce accesa nell’appartamento di fronte. Vive lì da poche settimane e non ha mai visto quella luce accesa prima d’ora.
All’inizio pensa di tirare le tende, per non farsi vedere. Ma poi guarda meglio e vede la sua vicina. È una ragazza, con capelli ramati e indossa solo un asciugamano.
Intrigato, la osserva. Le luci nel suo appartamento sono spente, quindi sa che lei non può vederlo.
Da quel che riesce a vedere, sembra davvero carina. La guarda mentre si avvicina all’isola della cucina per versarsi un bicchiere d’acqua. Poi si allontana e non torna più. Lui decide di versarsi un altro drink.
Mentre lo sorseggia con calma, si alza e si avvicina alla finestra per guardare la città. I suoi occhi seguono le minuscole auto che scorrono sulla strada, giù in basso. Non ha ancora acceso le luci, ma quelle della città bastano a illuminargli l’ambiente.
Finito il drink, sta per andarsene a letto quando la rivede.
La curiosità prende il sopravvento quando la vede rientrare nella stanza, vestita con un top e pantaloncini corti. I capelli raccolti in uno chignon, un laptop in mano. Si siede sul divano e lo apre.
La guarda intensamente per un momento, con la sensazione di averla già vista da qualche parte, ma poi scrolla via quel pensiero. La osserva mentre appoggia il viso tra le mani e il suo corpo inizia a tremare.
Per un attimo prova tristezza per quella ragazza che piange… prima di voltarsi e andare a dormire.
