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Capitolo 1 8 Mesi Prima

Come ogni sera di luna piena, la regina Agata, dopo aver avvisato il re, si recava al suo tempio per pregare. Accompagnata in carrozza dalle guardie, faceva loro cenno di attenderla all'esterno, senza entrare. Le guardie si disposero davanti all'ingresso, in attesa che la regina terminasse.

Appena varcata la soglia, Agata chiuse le porte dietro di sé, accese le candele e chiamò:

«Eclimanea, ci sei?»

La regina Eclimanea le rispose non appena emersa da un'entrata segreta:

«Sì, amica mia, scusami il ritardo. Lo sai anche tu: la prima gravidanza è faticosa, e per me, che sono una strega, questa sarà anche l'unica.»

Agata, sentite quelle parole, la abbracciò stringendola forte:

«Che cosa stai dicendo? L'unica gravidanza? Stai forse per morire?»

Eclimanea le strinse la mano e le toccò il ventre.

«Ricordi quando eravamo bambine? Ti raccontavo le leggi delle streghe della foresta. La prima: alla nascita, vieni istruita e ricevi i poteri e i libri da tramandare ai tuoi figli. La seconda: hai cinquecento anni per vivere, insegnare e scegliere il compagno. La terza: puoi amare chi vuoi, umano o creatura, purché accetti le regole del mondo magico. E la quarta, la più importante: se, per sfortuna, hai un figlio solo un anno prima della tua morte, ti restano tre mesi per trasmettergli tutto ciò che sai.»

Agata le accarezzò il ventre, sorridendo con tristezza.

«Stanotte non siamo qui per piangere. Quando verrà il giorno, ti prometto il più bel funerale che una Regina delle Creature possa ricevere. Sono una regina, mio marito mi obbedirà. È grazie a me se oggi è re al posto di mio padre. Ma stasera siamo qui per scoprire chi ha ucciso mio padre, trent'anni fa.»

Eclimanea tirò fuori uno specchio dalla sacca, lo posò sul bancone di marmo, vi lasciò cadere una goccia di pozione e pronunciò parole arcane:

«Specchio della Verità, io ti invoco. Io, Regina Eclimanea delle Creature, e la Regina Agata del Popolo Umano, vogliamo sapere chi uccise i Re trent'anni fa. Siamo pronte a dare qualunque cosa pur di conoscere la verità.»

Lo specchio emanò una luce che si tramutò in una figura infuocata, la quale parlò:

«Mie care regine, prima che vi sveli la verità dovrete accettare un patto: una vita in cambio della risposta. Acconsentite?»

Eclimanea e Agata si scambiarono uno sguardo. Capirono che lo specchio avrebbe reclamato le loro vite dopo la nascita dei figli. Annuirono e risposero:

«Acconsentiamo. Se vuoi le nostre vite, le avrai dopo che i nostri figli saranno nati.»

Lo specchio replicò:

«Oltre alle vostre vite, il patto richiede che i vostri figli si sposino al compimento dei vent'anni. In questi vent'anni, non dovranno mai incontrarsi, né sapere l'uno dell'altra. Questo matrimonio porrà fine alla faida e causerà la morte di chi l'ha originata. Firmate ora questi due documenti. Alla nascita dei bambini, mostrerete i patti solo ai vostri mariti, in privato. Dopo averli letti, si incontreranno da soli quella stessa notte, stringendo il patto con i neonati in braccio. Uno sarà maschio, l'altro femmina. I volti dei colpevoli appariranno nello specchio per pochi istanti e poi sulle pergamene firmate. Essi saranno giudicati nel ventesimo compleanno degli eredi.»

Apparvero due fogli. Le regine firmarono e li riposero nelle sacche. Poi, nello specchio, si rivelarono i volti degli assassini.

Quando Agata vide il volto di suo fratello Damiano, un brivido la percorse. Ricordò chiaramente la scena: Damiano versava del veleno nella bocca dei genitori. Con lui c'era Amaresia, sorella di Eclimanea, strega e amante di Damiano. Volevano impadronirsi del regno, per questo avevano ucciso i sovrani prima dell'annuncio ufficiale. Ma Agata li aveva visti, aveva chiamato le guardie. Damiano, però, fece in tempo a ordinare ad Amaresia di cancellarle la memoria, facendo ricadere la colpa sulle creature. Così era iniziata la faida. Non sapevano però che Agata era già stata designata regina insieme al marito Adaman. Il piano fallì, ma Damiano non rinunciò: seppe della gravidanza della sorella e continuò a tramare.

Lo stesso valesse per Eclimanea. Mai avrebbe immaginato il tradimento di sua sorella. Lo specchio, mostrandone i ritratti, proclamò una maledizione:

«Che il vostro amore impuro e assassino non generi mai progenie. E che, nel giorno in cui vedrete i due eredi, moriate per vostra stessa mano e per mano loro. Che le vostre anime muoiano con voi.»

Agata arrotolò il ritratto di Damiano, lo infilò nella sacca. Eclimanea fece lo stesso. Le due donne si abbracciarono e si dissero:

«Se fra otto mesi una di noi morirà subito dopo il parto, poniamo una rosa bianca sul petto del neonato. Sarà il faro che guiderà l'altra nell'aldilà.»

Eclimanea uscì dalla porta segreta, Agata da quella principale. Le guardie la fissarono strane; stettero per dire qualcosa, ma Agata ordinò di essere riportata subito al castello.

Al suo arrivo, nascose la pergamena e il ritratto in un luogo sicuro. In quell'istante, entrarono il re Adaman e Damiano. Agata trasalì:

«Dovete bussare! Quante volte devo ripeterlo? E tu, Damiano, nelle mie stanze non devi mettere piede!»

Adaman la osservò, preoccupato:

«Ti ho vista rientrare agitata. È successo qualcosa al tempio? Qualcuno ti ha disturbata?»

La abbracciò. Agata si lasciò stringere. Ma quando Damiano si avvicinò, lo fermò:

«Esci subito. Voglio restare sola con mio marito.»

Damiano la guardò torvo.

«Stai tranquilla, sorella. Non entrerò più senza il tuo permesso. Buona serata.»

Uscì furioso. Nella sua stanza, accese una candela nera presso la finestra: un segnale. Attendeva.

Agata, intanto, si rivolse al marito:

«Non permettere più a mio fratello di entrare nelle nostre stanze finché non avrò partorito. Chiaro?»

Adaman rimase basito:

«Perché? Ha profetizzato qualcosa la luna piena?» chiese con tanta preoccupazione toccandole il ventre.

Agata annuì, ma non spiegò oltre.

«Sì, ma non posso dirti nulla finché il bambino non sarà nato. Ora voglio riposare.»

Chiamò un'ancella e si fece accompagnare a letto. Anche Adaman si sdraiò accanto a lei, stringendola.

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Nel frattempo, Eclimanea fece ritorno al suo cottage nella foresta. Chiamò le due ancelle fidate e il marito:

«Hector, Mar, Agather, venite subito. Ho bisogno di voi. Guardie, lasciateci soli.»

Appena si sedette sul letto, udì dei passi. Non erano quelli dei suoi, ma di Amaresia, sua sorella, che entrò trafelata:

«Eclimanea, che succede? Ti ho vista tornare dal Pozzo della Profezia triste e turbata. Tutto bene? È un maschio, vero, il piccolo?»

Eclimanea la fissò gelida:

«Esci subito da casa mia. Non è affar tuo ciò che mi ha detto il Pozzo delle profezie.»

Amaresia spalancò gli occhi:

«Ma come? Fino a stamattina eri felice. Mi avevi detto che avremmo festeggiato non appena avresti saputo il responso. Cos'è cambiato?»

L'unica risposta fu un urlo:

«Ti ho detto di uscire! SUBITO! Sei sorda?»

Amaresia scoppiò in lacrime e fuggì indignata. In quel momento entrarono Hector, Mar e Agather, preoccupati:

«Che succede?»

Con uno schiocco di dita, Eclimanea chiuse porte e finestre. Nessuno avrebbe udito da fuori.

«Hector, amore mio, ho una notizia bella e una terribile. Ma prima, tu, Mar e Agather dovete giurare di non rivelare nulla e di seguire le mie istruzioni.»

Le due ancelle dissero in coro:

«Preferiamo morire piuttosto che tradire. Sei la nostra madrina da quando mamma morì e tu ci hai cresciute. Proteggeremo il nascituro con la vita.»

Eclimanea, commossa, le abbracciò. «Grazie... lo so che di voi mi posso fidare.»

Hector si avvicinò:

«Mia regina, sono 750 anni che vivo e 300 che ti sono sposo. Ti ho giurato fedeltà eterna, e anche se mi spezza il cuore sapere che morirai tre mesi dopo la nascita del nostro bambino, non mi risposerò mai. Dopo di te, lascerò il regno a nostro figlio o a una delle tue ancelle. Che io muoia se mento.»

Lei lo baciò.

«Amore mio, saggio Fauno, è per questo che ti ho scelto.»

Hector le baciò il ventre, scherzando:

«Spero sia un maschio: qui ci sono due signorine che non vedono l'ora di contenderselo.»

Mar e Agather risero. Ma Eclimanea restò seria.

«Il nostro erede non sposerà nessuna delle due. La profezia è chiara: per scoprire chi ha causato la faida con il popolo di Rama, è necessario un giuramento di vita. Il nostro bambino dovrà sposare quello della regina Agata. Solo così la faida finirà, e i traditori moriranno nel giorno delle nozze. Ma i due eredi non potranno incontrarsi prima dei vent'anni. Se si incontreranno, sarà per volontà loro o mia.»

Hector la fissò con sconcerto:

«Lo specchio ti ha chiesto questo? E tu hai accettato?»

«Sì. E anche Adaman e tu dovrete firmare la stessa pergamena del fato.»

Hector la abbracciò forte.

«Lo farò. Mar e Agather saranno testimoni.»

Le due annuirono:

«Lo giuriamo, madrina.»

«I due traditori sono Amaresia e Damiano. Hanno avvelenato i Re mentre dormivano. Amaresia deve stare lontana da qui fino alla fine della gravidanza. Farò un incantesimo: non potrà avvicinarsi.»

Hector scalciò uno sgabello, fracassandolo:

«Sapevo che era lei! Bruciava veleni proibiti, raccoglieva semi vietati. Dove si trova? La darò in pasto ai coccodrilli della foresta sud!»

Eclimanea lo fermò:

«Non ora. Serve pazienza. Verrà il momento.»

Hector la sollevò in braccio, facendo segno alle ancelle di ritirarsi. Loro sparirono come fulmini. Lui chiuse la porta, la baciò. Eclimanea arrossì. Nessuno, nemmeno Amaresia, avrebbe fatto loro del male.

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Damiano, intanto, era nella sua stanza. Aveva allentato i bottoni della camicia e osservava la foresta dalla finestra. Accese una candela nera: il segnale.

Fin da bambino era attratto da Amaresia. Quando seppe che non avrebbe avuto il regno, lo tramò nell’ombra. Uccise i genitori, sposò Amaresia in segreto e fece ricadere la colpa sulle creature, scatenando la faida. Da allora, Amaresia lo raggiungeva in forma di corvo.

Quella sera, quando Agata lo cacciò, attese impaziente.

Sentì un brivido alle spalle. Un corvo volò dentro, chiuse tende e finestra. Si trasformò in Amaresia. Lei lo guardò maliziosa. Si chinò su di lui, ma Damiano la bloccò con un bacio e la strinse.

Amaresia cercò di sottrarsi, ma lui l’aveva già denudata. Lei cedette, poi lo respinse e si rivestì.

Damiano la fissò:

«Stasera sei fredda. Cos’è successo? Tua sorella sospetta qualcosa?»

«No, ma è tornata diversa dal Pozzo. Mi ha cacciata e vietato di avvicinarmi fino al parto.»

Damiano colpì il tavolo con rabbia:

«Anche Agata ha fatto lo stesso! Lo specchio ha svelato qualcosa. Stanno cercando prove!»

Amaresia s’infuriò. Una fiamma le sfuggì dalle mani. Damiano la placò:

«Tranquilla. Finché non hanno prove, non possono accusarci. E se Agata non partorisce un maschio, il trono passa a me. Spero che tu sia incinta.»

Amaresia abbassò lo sguardo:

«No. Ho provato tutto. Siamo fertili, ma qualcosa blocca il concepimento. Se potessi solo avvicinarmi al Pozzo… ma solo una regina può.»

Si voltò:

«Abbiamo ancora nove mesi. Non temere.»

Lo baciò con passione. Si spogliarono. Quella notte consumarono il loro amore proibito, ignorando la maledizione che Eclimanea aveva lanciato: non avrebbero mai avuto figli per il resto dei loro giorni.

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