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Capitolo 2

Una nuova vita.

Mi sono alzata molto presto, pronta o quasi per partire per New York.

Mia madre e mio padre avevano categoricamente deciso di accompagnarmi all'aereo porto.

Arrivata lì con il biglietto in mano, una delle hostess mi ferma

«No, lei no! Lei ha un aereo privato!» Guardo i miei genitori sorpresa.

«Si, vostro zio, ha voluto che volasse in un aereo di proprietà dello Studios!»

«Mio fratello è stato sempre un megalomane!» Il tono di mio padre è quasi schifato.

È una cosa che non sapevo di Antonio, non ne ero a conoscenza che possedeva anche degli aerei privati.

Abbraccio i miei genitori e con le lacrime agli occhi seguo la Hostess.

Mentre salgo gli scalini dell'aereo, alle mie spalle appare Riccardo Leone.

La Hostess dentro l'aereo mi fa cenno di sedermi dove voglio.

Scelgo un posto e Riccardo sceglie proprio quello davanti a me.

«Anche tu qui?» Chiedo sorpresa.

«Si, le crea disturbo?» Risponde infastidito.

«Assolutamente no, ci mancherebbe!» Rispondo sorridendogli.

Dovevo passare nove ore insieme al tipo più acido del mondo, non c'è male.

Dopotutto mi è andata anche peggio, durante uno dei viaggi che ho fatto sono stata vicino a un uomo che mangiava continuamente, non era quello il problema.

Era l'odore disgustoso che emanava il cibo a recarmi disturbo.

Per non parlare del fatto che ho i sintomi di una sbornia, ho gli occhi neri e la stanchezza addosso, le occhiaie e le borse sotto gli occhi.

Ieri sera tutti i miei dipendenti mi hanno fatto una festa a sorpresa, organizzata anche dai miei genitori.

Finita la festa molto tardi, io alle quattro di mattina avevo il mio volo che partiva alle nove.

Fortunatamente il sole mi permetteva d'indossare i miei bellissimi occhiali da quattro euro.

«Signorina De santis»La hostess si avvicina a me e guarda solo me negli occhi, almeno ci prova, i miei occhiali da sole fungono da specchio per lei.

«Desidera fare colazione?» Continua la ragazza con un sorrisetto falsissimo, pure lei odia stare lì o odia me.

Lei è una bellissima ragazza con occhi a cerbiatta, completino rosso, camicetta bianca sbottonata, gonnella rossa sexy.

La classica tenuta da Hostess.

«Ci porti due cornetti al cioccolato e due cappuccini!» Lo aveva chiesto a me e lui aveva sentito il bisogno di prendere le redini della situazione.

Cogliendola quasi di sorpresa.

«Certamente signor Leone, la signora Leone desidera qualcos'altro? ?»La signora leone chi?

La fisso sconcertata.

«La signora Leone desidera qualcosa?» Riccardo ripete la frase della Hostess prendendomi in giro.

«La signorina De Santis desidera solo un succo di frutta e ciò che offre la casa!» Mi rivolgo alla Hostess, il mio tono di voce non è proprio poi così tranquillo.

Lui inizia a guardarmi letteralmente malissimo, lo avevo contraddetto in qualche modo? La Hostess invece è sbiancata un po'.

Sentendosi a disagio, vedendo le enormi saette che volavano tra me e Riccardo, corre via a prendere ciò che avevamo ordinato.

«Certo che poteva stare al gioco!» Forse lui si crede simpatico, ma non lo è affatto.

Tolgo gli occhiali da sole, adesso posso guardarlo in tutti i suoi colori, si è fatto la barba, ha una mascella scolpita e un completo grigio elegante.

I capelli castani tenuti fermi da quintali di Gel, le sue mani curate e molto grandi, probabilmente fa palestra oppure deve aver lavorato in passato, ma non sembra il tipo a tirar su chili e chili di cemento.

«Il matrimonio non è nei miei piani, tanto meno fingerne uno !»Rispondo con un tono quasi acido.

«E come mai?» Chiede e nel mentre la hostess appoggia la colazione nel tavolino nel mezzo a noi, svanendo subito via.

«Il matrimonio è commerciale, ormai ci si sposa per apparire e per dire alle persone "Ommioddio mi sposo", per mostrare anelli sfarzosi e per fare a gara a chi spende di più, nessuno si sposa più per amore!» Prendo il mio caffè, ne ho bisogno.

È così buono, l'odore è quasi inebrinte.

«Da quanto tempo non è fidanzata?» Lo fulmino con lo sguardo, ma solo perché ha osato dirmelo come se fossi una zitella invidiosa e depressa.

«A cosa allude signor Leone?» Lui si schiarisce la voce facendo un mezzo ghigno.

«Assolutamente a nulla signorina DeSantis, semplicemente penso che sia la prima donna che ragiona così!» Inspirai e espirai.

«La mia ultima relazione risale a un anno fa, ho sfiorato anche io l'altare per qualche secondo, ma non ha funzionato è difficile dividere lavoro e vita sentimentale».

Ho terribilmente fame e questo cornetto al cioccolato mi sta chiamando.

Ne addento un bel pezzo ed è buonissimo.

«Quindi non è fidanzata, non ha nessuno che la sopporti?» Scoppio a ridere, questa volta si ha ragione, non ho nessuno che mi sopporti.

«No signor Leone, nessuno!» Lui ride con me.

«È la prima volta che la vedo sorridere senza accidia, ed è piacevole! Sei bella quando sorridi» Arrossisco.

Mi ha fatto un complimento ed è strano.

Non succedeva dai tempi delle superiori.

«La risata di una donna è sempre piacevole, purché non sia una risata isterica» dico addentando ancora il mio meraviglioso cornetto al cioccolato.

«Adesso che siamo nella stessa linea d'onda, mi dica, chi è lei?» In un attimo torna serio, come se stesse cercando di entrare nelle mie grazie per poi darmi la mazzata finale. Prende una cartellina e la getta sul tavolino.

Io lascio il mio cornetto.

Adesso non ho più fame.

Prendo la cartellina gialla e la apro.

Al suo interno ci sono tutti i miei dati personali e la storia della mia famiglia.

«Cosa vuole che le dica, sa ormai già tutto!» Ero stata beccata, che altro potevo dire?

Lui chiama la Hostess per far ripulire tutto quanto.

Mentre la ragazza ripulisce il tavolino lui non la smette di osservarmi.

Ed io non so dove guardare, non so cosa dire.

Devo gridare e scappare. Gettarmi via dall'aereo? Datemi un paracadute!

Poi appoggia i gomiti sul tavolino e incrocia le mani come per dire "O parli o ti sculaccio."

«D'accordo, Antonio mi chiese di mantenere il segreto finché non ero a capo completo dell'azienda.

Non si fidava di te e tanto meno di tuo fratello. Quando ha saputo di me, ha cercato di riallacciare i conti con mio padre, se sono qui su questo aereo è merito suo» Lui annuisce con la testa.

«Devo ammettere che a una certa ho pensato fosse l'amante di mio padre!» Rido imbarazzata.

«Assolutamente no» Sarebbe stato imbarazzante.

«Mio padre sapeva di morire, perciò ha fatto quel testamento. Solo che io e mio fratello non sappiamo ancora chi sia stato, se lei sa qualcosa, ce lo dica, mia madre è distrutta!» Purtroppo non so niente.

«Se sapessi qualcosa ve lo direi, unica cosa che so è quando mi chiamò un anno fa, mi mise a carico come caporedattrice, chiedendomi di prendere posto alla azienda. Poi ho saputo della nuova azienda, siamo stati a pranzo fuori e mi ha parlato a lungo del nuovo progetto, doveva venire tra un mese a darmi notizia, da quel giorno non l'ho più sentito!» Lui annuisce.

«Voleva lasciare poche tracce prima di morire, lo so benissimo ma è molto strano, lo capisci?» Io annuisco.

Finita la frase smette di parlarmi e non dice più niente per tutto il viaggio.

Durante il viaggio indosso le cuffie finendo per addormentarmi per le restanti otto ore.

Atterrati avevo i sintomi della sbornia più quelli del jet lag.

Non stavo proprio bene.

Passerò la notte in un Hotel prenotato da suo fratello.

La mia casa non è ancora pronta.

Al mattino successivo varco quella che è la mia nuova casa a New york.

Una villetta a schiera molto grande a due piani con un enorme giardino e due enormi terrazzi.

Mi giro intorno, il salotto è luminoso e grande, due divani bianchi, un tappeto morbido bianco un tavolino nero con delle candele profumate sopra.

Due enormi finestre, un televisore e un caminetto.

La cucina è anche essa enorme bianca, con un isolotto al centro e un piccolo tavolino tondo per due in un angolo, vicino alla finestra.

Ho fame, apro il frigorifero, è già fornito di cibo, ne sono sorpresa.

Quando lo chiudo mi accorgo del post-it incollato a esso.

"In bocca al lupo nuova amministratrice delegata."

firmato da Riccardo Leone.

Salgo piano di sopra, la mia camera da letto è bellissima ed è anche questa piena di luce.

Un letto morbidissimo e un armadio a quattro ante spettacolare.

Mi getto sul letto, fissando il soffitto di un color lilla, socchiudendo gli occhi, qualche attimo dopo, m'addormento

Una volta ho letto in un manifesto per la strada: "La donna forte ha bisogno di affetto e protezione come chiunque altra.


Perché quasi sempre quel "lei è forte" significa solo "lotta da sola".

Una famosa citazione di Paulo Coelho, per quel che mi riguarda ho sempre lottato da sola, con o senza forze, adesso che sono arrivata fin qui mi sembra quasi inverosimile.

Sono a capo di una azienda di ventimila dipendenti, il mio ufficio sta a l'ultimo piano in alto.

Questa mattina mi sono alzata con un nodo alla gola e tantissima ansia.

«Buongiorno Signorina De Santis, sono la sua nuova segretaria, Alaya Lee» Alaya Lee è una ragazza bellissima cinese, indossa un bellissimo completo nero: "pantalone, camicia e giacca."

Porta all'orecchio una cuffia, ha un'agenda in mano e un telefono ultimo modello.

«Ciao Alaya, chiamami Matilde!» Lei mi sorride.

«Matilde desidera un caffè?» Non è come il caffè Italiano, ma è pur sempre un caffè.

«Certo grazie, con un po' di latte!» Annuisce, si volta dandomi le spalle e dicendo qualcosa al suo microfono della cuffietta e se ne va.

Io salgo nell'ascensore e subito dietro di me, salgono delle ragazze che iniziano a guardami dall'alto e in basso sorridendo tra di loro.

«Hai visto cosa indossa? sicuramente è dei mercatini dell'usato!» Dice una delle ragazze all'altra

Io fisso il mio completino azzurro, amo questo Tailleur e non capisco cosa ha che non va.

Le ignoro continuando il mio percorso.

Solo quelli della amministrazione sanno del mio arrivo.

I dipendenti che sono stati trasferiti dalla vecchia sede non ne sono tutti al corrente.

Faccio finta di niente ma stanno ridendo ancora, scendono al penultimo piano, mentre io aspetto finché l'ascensore non si apre finendo la mia ultima corsa.

Appena varco l'ascensore alcune ragazze mi accolgono con premura.

Una di loro mi si presenta davanti con un sorriso a trentadue denti.

«Signorina De Santis il suo caffè, se desidera clicchi il tasto quattro dal suo telefono!» Annuisco ringraziandola, mentre un'altra mi indica dove è il mio ufficio.

«Questo è un appartamento intero?» Entro e chiudo la porta alle mie spalle.

Il mio in Italia a confronto era una catapecchia.

Un divano in mezzo alla sala, un tavolino, un angolo documenti, scrivania computer e anche il bagno privato, chi lo ha mai avuto il bagno privato? Dio solo sa le corse al gabinetto.

"Devo farlo per Antonio" è ciò che mi ripeto.

Tutto qui dentro profuma di nuovo.

Mi siedo al mio pc e persino il suono che emette è così di classe.

Mentre sto annusando la scrivania Alaya lee entra nel mio ufficio.

È sorpresa nel vedermi annusare la scrivania, ma finge di niente.

«Signorina De Santis,la stanno aspettando in sala riunioni!» Esclama entrando nel mio nuovo ufficio.

«Arrivo subito» Lei resta lì in piedi, mi fissa ancora stranita, starà pensando che sono una deficiente.

Mi sono preparata tutto il discorso da fare, spero solo che mi prendono seriamente. "Un capo deve essere colui che sta sempre dietro i suoi dipendenti, non davanti a loro, ma dietro, bisogna essere leader"

Era una delle tante famose frasi di Antonio che si concludeva con mio padre che diceva "Ovviamente, se non si ha voglia di prenderlo nel posteriore", con un tono poco più sgarbato ecco.

«Siamo tutti pronti signorina De santis, aspettiamo solo lei» Alaya è lì che aspetta il mio ingresso.

Inspiro e espiro, chiudo e apro gli occhi e appena ho coraggio entro.

Entrata nella sala riunioni l'unica cosa che penso è "Non cadere, non cadere, non cadere!"

Finché i miei occhi non sono caduti nelle tre sgallettate che mi prendevano in giro in ascensore.

Ovviamente appena hanno visto che fossi io la nuova capa sono letteralmente sbiancate.

Ed è lì che ho tirato fuori tutta la mia arroganza e prepotenza.

«Buongiorno!» Faccio il mio ingresso, le persone intorno al tavolo si alzano in piedi, persino le tre gallette, loro si guardano perplesse.

«E' un piacere averla con noi signorina De Santis!» Un ragazzo mi stringe la mano.

«È un piacere anche per me essere qui!» Stringo la sua mano a mia volta.

Mi avvio al mio posto chiedendo a tutti di sedersi.

Schiarisco la voce, deglutisco, chiudo gli occhi faccio un sospiro, ovviamente tutti mi stanno guardando.

«Come tutti i presenti sanno, non siamo qui solo per conoscere la nuova amministratrice delegata. Siamo qui per parlare di lavoro.

Quindi prima di perdersi in chiacchiere, di partire a parlare di nuovi numeri e nuovi romanzi, quadri o aerei o edifici, prima di parlare di qualsiasi cosa che riguardi l'azienda...» Ho la loro completa attenzione e mi piace avere questo potere.

«Voglio aggiungere due parole: Primo, non siamo a scuola tanto meno a casa e non siamo in un locale del sabato sera.

Vestiti professionali che accolgano i clienti nei migliori dei modi e li facciano sentire a casa» Guardai le tre ragazze che mi avevano presa in giro.

«E continuo, non siamo a scuola, le risatine malefiche il cincischiare, li facevo a sedici anni.

Non ora che ho trent'anni e il mio capo mi sta fissando mentre quattro donne di quanto quarant'anni parlano male del suo abito da mille euro!»

Loro abbassano la testa.

«Voglio che sia presente che nella mia azienda, non tollero nessun atto di bullismo, ma non intendo solo quello che mi è stato rivolto appena arrivata, ma a qualsiasi persona. Non siamo mai a conoscenze se le persone che possiamo trovarci davanti, siano potenziali clienti o meno» Spero che mi abbiano capita.

«Ci scusi signorina De Santis, non pensavamo che fosse lei!» Mi alzo in piedi.

«Che differenza fa? cosa avrebbe cambiato?»

Tutti si voltarono e sogghignarono.

«Non sono qui per mettere in ridicolo nessuno, voglio professionalità, non è una cosa personale.

Voglio dirla a tutti quanti, se sento risatine malefiche non esiterò a dare il foglio di via.

Voglio dipendenti efficienti degni del nome di questa azienda, degni di lavorare per Antonio.

Voglio adulti di quarant'anni che sanno di averli e che sono pronti di portare i soldi a casa per i propri figli.

Quindi se non siete qui per dare il meglio di voi stessi, potete anche alzarvi e andare via» Lo dissi indicando la porta.

«Bene adesso che ho l'attenzione di tutti, sono qui per accettare proposte e sentire parlar d'investimenti e risorse importanti. Se neanche voi siete sicuri della faccenda, tornate alle scrivanie, appena sarete più sicuri bussate alla mia porta, io sarò sempre pronta per aiutare. A voi la parola ora!» Mi metto seduta perché mi tremano le gambe.

Sono felice e contenta di me stessa.

Finita la riunione resto da sola dentro la stanza a raccogliere le cartelline e i progetti.

«Ci sono le tue segretarie, possono farlo loro!» Riccardo Leone varca la porta della sala riunioni.

«Non è necessario, capo fino a un certo punto!» Sorrido.

«Oh si ho notato, ho diciamo sentito dall'inizio alla fine, la porta era leggermente aperta, perciò posso confermare la teoria di mio padre» Scoppio a ridere.

«Che sono una rompipalle?» Lui si avvicina al mio volto, i suoi occhi diventano verdi al riflesso del sole che entra dalla finestra.

«Non solo, sei degna del nome di questa azienda, non esiste capo migliore!» Arrossisco.

«È solo il primo giorno» Chiudo la mia penna.

«È il primo che conta, te la sei cavata benissimo» Guardo il mio orologio.

«È ora di pranzo, devo andare!» Lui mi ferma, stringendomi dolcemente dal mio braccio, io mi fermo a guardarlo.

Lui nel suo completo nero e in tutto il suo fascino.

«Pranza con me? Da collega a collega!» Non accetto il suo invito.

«Non ho tempo, ho solo venti minuti e devo fare delle cose!» Lo saluto educatamente.

Avrei voluto accettare, ma gli inviti a pranzo hanno un solo scopo, far innamorare l'uno dell'altro.

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