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When life gives you lemons...

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Riepilogo

Lucy è una bella e ricca ragazza newyorkese di 17 anni. Vergine e senza nessun tipo di esperienza con i ragazzi, per via della sua rigida educazione, si rende improvvisamente conto di star vivendo una vita piatta e imbalsamata. È nel tentativo di trovare una distrazione dopo una notizia traumatica che, guidata dall'imprevedibile cugina Linda, conosce Ryan: cantante e chitarrista di una rock band, bello da impazzire, con giusto qualche anno più di lei, che saprà farle provare sensazioni che neanche sapeva di poter provare...

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Capitolo 1

Mi chiamo Lucinda Coleen Adele Johnson ma, grazie al cielo, neanche a mia madre è mai piaciuto questo assurdo nome altezzoso e così tutti mi hanno sempre chiamata semplicemente Lucy.

Sono una normale ricca diciassettenne. Frequento una delle più prestigiose scuole superiori di Manhattan e ho ottimi voti.

La mia famiglia mi vuole bene e ho molti amici: i miei compagni di scuola che sono i ragazzi con cui sono cresciuta.

Ho una bella vita.

Sono una ragazza felice.

O almeno ero una ragazza felice.

La mia vita adesso è un po’ cambiata. È tutto così nero, cupo.

Sconfortata fisso il foglio del diario su cui sto provando a scrivere la mia vita. Meno di dieci righe ed ho già finito. È possibile che la mia vita sia tutta qui?

“Che sto facendo? È del tutto inutile!” dico ad alta voce. Strappo il foglio dal diario, lo accartoccio e lo lancio nel cestino.

Poso la penna sulla mia scrivania e sbuffo chiudendo momentaneamente gli occhi per cercare di calmarmi.

Lo psicologo della scuola pensa che sia un buon esercizio quello di scrivere i miei pensieri su un diario, mi ha detto di raccontare di me, soffermandomi sulle emozioni che provo, ma l’unico impulso che provo è quello di colorare tutte le pagine di un pesante nero pece.

Irritata, decido di scendere in salotto. Non ho un granché voglia di vedere i miei genitori, soprattutto dopo la difficile giornata di oggi, ma non è giusto che me ne stia rintanata qui in camera mia: si sono preoccupati questa mattina ed è giusto che io stia un po' con loro.

“Lucy, tesoro, come ti senti?” mi chiede mia madre, seduta sulla sua poltrona.

“Sto bene mamma, davvero” mi limito a risponderle, con un sorriso.

Mio padre non fa che guardarmi senza dire una parola. Sono qui in salotto con loro da appena due minuti e già vorrei tornare a rifugiarmi in camera mia.

Mi siedo sul divano e accendo la televisione. Non c'è nulla che vorrei guardare in particolare ma, almeno, se pensano che io sia occupata, forse non mi faranno domande.

Passano però solo pochi minuti prima che mia madre si rivolga nuovamente a me: “Sai, stasera vengono a trovarci tua zia Annabelle e tua cugina Linda.”

“Ma davvero?!” ribatto con scarso entusiasmo “Incredibilmente, in queste ultime settimane, siamo di nuovo nei pensieri dei parenti!”

“Non essere cinica” mi risponde mia madre “Mia sorella è sempre stata affettuosa con noi, abbiamo sempre potuto contare su di lei.”

“Linda ha finalmente messo un po’ la testa a posto?” chiede mio padre.

“È una ragazza vivace, tutto qui” ribatte mia madre.

“Vivace?! È una scapestrata! Tua sorella e suo marito non la sanno gestire, si mette in un casino dietro l'altro” insiste mio padre.

“Ha ventidue anni ormai, è un’adulta, è libera di vivere la sua vita come meglio crede” risponde pacata mia madre.

“Fai sul serio Kate? Prima o poi farà venire un infarto a tua sorella.”

“Non essere melodrammatico” ride mia madre.

Un'altra serata con la casa invasa da parenti che, di nuovo, non faranno altro che chiedermi come sto, come mi sento, in cosa possono esserci utili e bla bla bla. Mia madre avrà sicuramente riferito a mia zia e a mia cugina del mio svenimento di questa mattina a scuola e quindi, forse, stasera sarà ancora peggio del solito.

Vorrei sparire da qui, vorrei andare lontano, essere in un altro posto, vivere un'altra vita.

Sono già le 8 quando suona il campanello e mia zia e mia cugina, scortate da Marianna, la mia tata e domestica, entrano in casa nostra. Sono, come al solito, vestite ognuna a proprio modo: non potrebbero essere più diverse di così, mia zia con un tailleur blu e sotto una camicetta di raso e mia cugina con una canottiera di pizzo attillata e sotto un paio di shorts neri.

Non ho mai frequentato molto mia cugina Linda. Abbiamo pochi anni di differenza, ma le nostre vite sono sempre state talmente diverse: lei è l'opposto di me in tutto ed io ho sempre creduto che mai avrei potuto fare una vita simile alla sua.

Ho sempre creduto di essere, semplicemente, migliore di lei.

Mi perdo nei miei pensieri mentre, soprattutto mia zia, tartassa di domande mia madre.

Continuo a guardare dritto davanti a me, e comincio a fantasticare di scappare. Immagino di essere su una spiaggia, a piedi nudi sulla sabbia, di sera magari, con un drink in mano e senza nessuno che mi conosce intorno a me.

Vengo destata nel momento in cui sento mia madre pronunciare il mio nome.

“Eh? Cosa?” chiedo, confusa.

“Stavamo dicendo, Lucy, che tua cugina sta per uscire e pensavo che, magari, potresti andare con lei” mi ripete mia madre.

“Cosa?!” dico nuovamente. Stavolta ho sentito benissimo, ma questa proposta mi sembra incredibilmente assurda, tanto più se a farla è mia madre!

“Non mi sembra una grande idea!” sentenzia mio padre.

“Perché no? Sono cugine, è bene che passino del tempo insieme” interviene mia zia.

“È venerdì sera Lucy, tu non hai programmi per la serata?” chiede mia cugina.

“In realtà no. Spesso esco il sabato sera, ma è difficile che vada da qualche parte di venerdì” rispondo impacciata. Non sono una persona timida solitamente, ma Linda è sempre stata capace di mettermi in soggezione.

“Secondo me, vi divertireste” aggiunge ancora mia zia.

“Con tutto il rispetto, Annabelle, non credo che i locali e le compagnie che frequenta tua figlia possano essere appropriati per la mia” dice duramente mio padre.

Mia zia sembra offesa e lo guarda con astio, mentre mia madre è chiaramente imbarazzata. Linda, per conto suo, ridacchia divertita, come se mio padre avesse appena raccontato una barzelletta.

“Alan, non credo che tu possa permetterti di giudicare…” comincia mia zia, che però viene subito interrotta da mia madre: “Alan, sono più che certa che Lucy sia in grado di badare a se stessa. Non sappiamo come andranno le cose e sono dell'idea che stringere i legami con Linda e con mia sorella, in questo momento, non potrebbe che farle bene.”

Quel “non sappiamo come andranno le cose” mi uccide e, senza rendermene conto, stringo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nella pelle dei palmi.

Vorrei solo poter tornare in camera mia, sdraiarmi sul letto e ricominciare a fantasticare di essere su quella spiaggia.

Tutti però stanno guardando me, in attesa di una mia risposta.

Il pensiero di uscire con Linda mi agita ma forse, dopotutto, fantasticare di essere in qualche altro posto non mi basterà ancora a lungo. Forse, ho bisogno di andare veramente in qualche posto nuovo e, senza dubbio, i luoghi in cui può portarmi Linda saranno ben diversi da quelli che ho sempre frequentato finora.

“Sì, penso che potrebbe andare bene” dico con un filo di voce, guardando il pavimento, decisamente poco convinta di star facendo la scelta giusta.

“Beh, ok allora, ma non pensare che ti porti in giro con me vestita in quel modo!” mi risponde Linda, guardandomi dritta negli occhi.

“Cos'hanno che non va i miei vestiti?”

“Tutto! Portami al tuo armadio, vediamo cosa possiamo fare.”

“Kate, io continuo a pensare che…” tenta mio padre, ma mia madre lo blocca immediatamente: “Lei ne ha bisogno, Alan!”

Entro in camera mia seguita da Linda che, subito, si chiude la porta alle spalle.

“Allora Lulù, come stanno veramente le cose qui?” chiede lei, entrando nella mia cabina armadio.

“Vanno così come sai, niente di più e, sinceramente, non mi va di parlarne.”

“D'accordo, d'accordo! Ma davvero sei svenuta in classe questa mattina? Non per altro, ma se ti porto in giro con me, non vorrei trovarmi a finire la serata in qualche ospedale.”

“Sto bene! È stato solo uno stupido episodio isolato. Ero stanca e ultimamente ho mangiato poco, ma adesso sto meglio.”

“Tua madre ha detto alla mia che sei stata dallo psicologo della scuola” insiste Linda.

“È vero. Non so se o a che cosa mi sarà utile, ma per i miei sembra importante, quindi…” le rispondo, fissando la sua schiena, mentre lei continua a ispezionare i miei vestiti.

“Ok, questa è l'unica cosa decente che hai” mi dice poi, lanciandomi un vestito bianco a fiori rossi.

“Questo?! È un vestito vecchissimo! Lo mettevo almeno cinque anni fa, non mi starà più.”

“Oh, figurati, sei sempre stata magrissima, certo che ti starà!”

“Intendo che mi starà corto!”

“Esatto! È proprio questa l'unica cosa che lo rende decente.”

La guardo in modo poco convinto mentre mi alzo dal pouf rotondo al centro della cabina armadio e mi dirigo verso il bagno di camera mia a cambiarmi.

Come immaginavo, il vestito è molto corto. Ha delle spalline sottili ed una scollatura quadrata che mette in mostra il mio decolté, il bustino è attillato e si allarga leggermente appena sotto la vita.

Uscendo dal bagno dico a Linda: “Potrebbe andare bene come copricostume!”

“Smettila di fare la monaca, stai benissimo. Dove sono i tuoi trucchi?” risponde lei.

“Ho del mascara e una matita nera.”

“Eyeliner?”

“Cos'è?”

“Questo” dice lei con aria infastidita, indicando con un dito la linea nera tracciata sopra i suoi occhi.

“Ah, non importa…” aggiunge poi, in risposta al mio sguardo interrogativo, “Ho il mio nella borsa. Siediti, te lo metto.”

Mi lascio truccare da Linda che, poi, mi fa mettere a testa in giù e mi scuote i capelli. Ho dei voluminosi e lunghi capelli castani mossi che, quando rialzo la testa, mi scendono, leggermente disordinati, sulle spalle.

“Cazzo quanto sei figa, forse ho esagerato!” dice lei che, poi, mi fa un occhiolino e mi fa strada per scendere verso la sala.

Quando entriamo in salotto, mio padre mi guarda come terrorizzato e, subito, si rivolge di nuovo a mia madre.

“Lei non va da nessuna parte conciata così!” le dice in tono fermo.

“Io trovo che stia benissimo!” ribatte mia madre sorridendomi.

“State tranquilli! Non sono un diavolo e non la sto portando all'Inferno. Andiamo a bere una coca-cola da qualche parte e poi la riporto a casa. Stai sereno zio!” risponde Linda, sempre divertita.

“Lucy, mi raccomando!” mi dice mio padre, guardandomi fissa negli occhi, con sguardo serio.

“Tranquillo!” mi limito a rispondere, prima di seguire mia cugina fuori di casa.