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6 Capitolo

Dopo averla bloccata sotto di me e dopo che stavo per fare un grande errore con lei, è sparita e da una settimana se non di più che non so di lei.

Ho provato a chiedere a Kenia e non ha voluto rispondermi, come ha fatto anche David: non so più a chi chiedere per sapere come sta.

A quel punto ho provato a togliermela dalla testa, ma i suoi occhi spaventati, le sue suppliche, le sue lacrime... sono cose che ormai non riesco a dimenticarmi e l'unico modo per farlo credo sia parlare con lei.

Mi giro su di un fianco e guardo la sveglia, vedendo che segna le quattro del mattino e il cielo ancora buio me lo conferma.

Mi metto a sedere sul letto e mi passo una mano fra i capelli, prendendomi la testa fra le mani e guardando il vuoto con occhi persi.

La prima cosa che penso è che ho bisogno di vederla, di stare con lei e soprattutto di parlarle, ma lei sarà disposta?

Non resta che scoprirlo!

Mi alzo dal letto e raccolgo i vestiti da terra, vestendomi velocemente e uscendo di casa, raggiungendo la sua a passo svelto con un piccolo venticello freddo nell'aria.

Vado sotto il solito albero, mi arrampico stando attento a non cadere e arrivo davanti alla sua finestra, prendendomi qualche minuto per guardarla.

La luce della luna sfiora delicatamente il suo viso, mettendo in risalto il suo sguardo rilassato.

E' così bella quando dorme.

Apro la finestra ed entro nella sua stanza, cercando di fare meno rumore possibile.

La richiudo alle mie spalle e la guardo: la coperta le arriva fin sopra il bacino, lasciando scoperto il suo seno, messo in risalto dalla canottiera.

Mi avvicino e la volto a pancia in su, per poi mettermi a cavalcioni su di lei, accarezzandole dolcemente i capelli e guardando le sue labbra piccole, ma paffute.

Mi abbasso a darle un bacio sulla fronte e in quel preciso istante la sento muoversi e mugugnare, aprendo gli occhi confusa.

Li richiude un secondo e sbadiglia, ma si blocca all'improvviso e li riapre, incastrandolo nei miei.

Fa per urlare, ma le tappo una bocca con la mano prima che possa emettere qualsiasi suono e farsi sentire da qualcuno.

«Non urlare!

Sono io, Axel!»

Le sussurro all'orecchio cercando di calmarla, vedendola respirare affannosamente e guardarmi con occhi terrorizzati, provando a togliere la mia mano dalla sua bocca.

«Ora tolgo la mano, ma tu non gridare.

Non voglio fare niente se non parlarti, va bene?»

Le parlo lentamente e con calma, per poi vederla annuire debolmente e a quel punto tolgo la mano dalla sua bocca.

«Cosa ci fai in camera mia?

Vattene, non voglio più vederti!»

Mi sussurra cercando di mettersi a sedere, ma il mio corpo blocca il suo sotto il mio peso.

«E levati di dosso!»

Sussurra dandomi alcuni piccoli pugni sul petto ed a quel punto mi alzo sedendomi al suo fianco, mentre lei si mette a sedere e scosta i capelli dal viso.

Attimi di silenzio passano, mentre il suo sguardo rimane fisso su di me.

«Te ne vai o no?!»

Sussurra con tono arrabbiato, indicandomi la finestra ancora aperta ed io mi alzo, ma solo per chiuderla.

«No, prima dobbiamo parlare»

Affermo con tono autoritario, ponendomi di fronte a lei con le braccia incrociate sul petto e cercando di non perdere le staffe quando la vedo alzare gli occhi cielo.

«Io con le persone schifose come te non ci parlo»

Si alza dal letto e apre la finestra facendomi segno di uscire, ma non ha ancora capito che sono determinato a restare.

«E non le voglio in mia compagnia, quindi, vattene!»

Alzo gli occhi al cielo spazientito e mi alzo dal letto chiudendo la finestra sotto il suo sguardo sorpreso, per poi prenderla per i polsi.

«Lasciami!»

Sussurra cercando di liberarsi e di colpirmi con i piedi, mentre la sollevo in aria e la butto sul letto, mettendomi a cavalcioni su di lei prima che riesca ad alzarsi.

Il suo volto si tramuta in una maschera di paura pura e il suo corpo inizia a tremare, esattamente come la volta passata.

«Se non mi lasci in questo preciso istante mi metto a gridare»

Mi sussurra minacciosa cercando di far sembrare sicura la sua voce, ma dalle sue labbra non esce nient'altro se non delle parole tremanti.

Strattona i polsi ancora una volta e mi guarda aspettando che faccia quel che mi ha detto, mentre scuoto il capo divertito e alzo un sopracciglio in segno di sfida.

Immediatamente apre la bocca e fa per gridare, ma prima che possa emettere un solo fiato gliela tappo con la mia mano, facendole sgranare gli occhi dalla sorpresa.

I tremiti del suo corpo si fanno più intensi e delle grandi lacrime si fanno largo sul suo viso, mentre cerca di strattonare i polsi e di liberarsi.

«Non voglio farti niente Alexa, non agitarti.

Voglio solo terminare quello che abbiamo lasciato in sospeso la volta scorsa, riguardo al tuo passato.

Cos'altro nascondi piccolina? »

Le chiedo dando una piccola stretta ai polsi e lei sussulta dallo spavento, stringendo le gambe l'una contro l'altra per proteggersi.

Ammetto che la situazione sembra tutt'altra, ma non voglio farle niente di male se non scoprire con che cosa manipolarla, anche se l'idea di farmela non riesco a togliermela dalla testa

Mi lancia uno sguardo di sfida ed inaspettatamente mi morde la mano, facendomi un male cane e devo stringere i denti per non gridare dal dolore e non farmi scoprire.

La tolgo dalla sua bocca e guardo il segno dei suoi denti sulla mia pelle, rivolgendole poi uno sguardo truce.

«Non ti devi azzardare a chiedermi del mio passato!»

Ringhia cercando di liberarsi dalla mia presa credendo di cogliermi impreparato, ma si sbaglia di grosso.

«Allora dimmelo tu stessa, perché io non ci metto niente a scoprirlo da solo»

Le dico stringendo ancora di più i suoi polsi facendola gemere dal dolore, mentre lei distoglie lo sguardo nell'intento di ignorarmi, ma quel suo gesto è la goccia che fa traboccare il vaso.

«Parla!»

Sibilo con voce avvolta dalla rabbia, proprio sul suo volto pieno di lacrime ed a pochi centimetri dalle sue labbra.

«Sono stata violentata!»

Grida con le lacrime agli occhi e allo stremo della tensione, lasciandosi travolgere da un pianto di resa, mentre le sue parole rimbombano nella mia testa.

Sono stata violentata... sono stata violentata... sono stata violentata!

Subito il mio volto si trasforma in una faccia scioccata e non riesco a crederci: non è quello che ho sentito, non può essere quello che ho sentito.

Lentamente lascio andare i suoi polsi e scendo, mettendomi in piedi proprio accanto a lei, che non appena è libera si rannicchia su se stessa cercando di trattenere i singhiozzi.

Mi porto le mani fra i capelli sentendo una brutta sensazione farsi largo dentro di me, così buia e dolorosa e che non ho mai provato: sono i sensi di colpa.

Nella mia mente non faccio che ripetermi che sono uno stupido, un'egoista e sono certo che se quella sera David non fosse intervenuto, avrei fatto rivivere ad Alexa quello che penso che sia il giorno peggiore della sua vita.

Senza rendermene conto faccio dei passi indietro, fino a sbattere con la schiena contro il muro e mi lascio cadere a terra, guardando il pavimento con sguardo pensieroso.

Non faccio altro che pensare a che razza di mostro mi sono convertito negli ultimi tempi e non riesco a credere che sia stata una ragazzina come lei a farmelo capire.

Una scatola blu sotto il suo letto attira la mia attenzione e nonostante la poca luce sembra vecchia ed impolverata.

Cercando di non farmi vedere da lei mi avvicino e prendo la scatola, aprendola velocemente per vedere cosa c'è all'interno.

Dei vecchi articoli di giornale sono l'unica cosa che trovo posati sul fondo e subito li prendo fra le mani, alzandomi in piedi e facendo il giro del letto.

«Non leggere!

Non leggere ti prego!»

Urla con tono disperato non appena mi vede e subito cerca di prendermi, ma con un leggero spintone la faccio cadere sul letto e inizio a vedere cosa c'è scritto.

«La giovane Alexa Carter è stata violentata dal padre Roberth Carter questa notte verso le...»

Non faccio in tempo a finire di leggere che gli articoli mi vengono strappati dalle mani e subito porto lo sguardo su di lei, che butta quei fogli in malo modo nella scatola e la ripone velocemente sul letto.

«Tu... sei stata violentata dal tuo stesso padre»

Sussurro con tono scioccato e lei non risponde abbassando lo sguardo, mentre le sue lacrime brillano sotto la luce della luna.

Mi avvicino a lei e senza preavviso prendo il suo viso fra le mani, facendo specchiare i suoi spaventati e spaesati nei miei che cercano di controllare la rabbia dentro di me.

Le prendo il viso fra le mani e i nostri occhi si scontrano.

«Tu padre ti ha violentata?»

Le chiedo in un sussurro senza staccare i miei occhi dai suoi, vedendola annuire lentamente con gli occhi lucidi.

Scosta le mie mani dal suo volto, lo copre con le sue iniziando a piangere sommessamente e nonostante io sappia che non mi vuole vicino, non resisto e la prendo fra le mie braccia.

Mi siedo sul letto con lei fra le braccia e la cullo dolcemente, mentre le accarezzo la schiena nel tentativo di calmarla

«Non ti avvicinare!

Non mi toccare!»

Si alza di scatto dalle mie gambe e indietreggiando va a sbattere contro la parete alle sue spalle, gemendo dal dolore.

«Alexa, ascoltami...»

Mi avvicino cautamente a lei con l'intento di parlarle, ma appena faccio un passo verso di lei afferra la lampada sul comodino e la mette di fronte a se per proteggersi.

«Non ti avvicinare e lasciami in pace!»

Urla agitando la lampada in aria e pochi secondi dopo la porta si spalanca di colpo, facendo sobbalzare entrambi dallo spavento.

Mi volto verso di essa e trovo David con una pistola in mano, che carica di fronte a me per intimidirmi.

«Vattene o mi vedrò costretto a spararti»

Dice mettendo il dito sul grilletto e con un cenno del capo ammicca alla finestra, facendomi segno di andare via.

Mi volto verso Alexa e quando vedo il suo volto distrutto dalle lacrime, le parole che volevo dirle muoiono in gola.

«Non finisce qui»

Riesco a dire senza guardarla, prima di lanciarmi dalla finestra e correre sotto il cielo stellato che mi segue fino a casa mia.

*

Inquietudine, ansia, terrore, tristezza e paura sono le uniche emozioni che in questo momento sono dentro di me e che sono in grado di provare, creando un mix potente e distruttivo contro di me.

Non riesco a credere a tutto quello che è successo in questi... non so nemmeno quanto tempo è passato!

So solo che nemmeno questa notte per me sarà facile da dimenticare, forse anche peggiore di quella di una settimana fa.

A passo svelto David va verso la finestra per assicurarsi che lui se ne sia veramente andato, per poi venire verso di me.

Indietreggio quando vedo che ha ancora la pistola fra le mani e lui la posa velocemente sul comodino, per poi prendermi fra le sue braccia.

«Tranquilla Alexa, è tutto finito.

Ora sei con me, tranquilla»

Sussurra David con tono dolce accarezzandomi i capelli, mentre mi aggrappo alla sua maglia e mi abbandono ad un pianto esausto, stanco.

Lo sento sospirare dalla rabbia e con un gesto rapido mi solleva da terra, camminando verso il mio letto con passo lento.

Con delicatezza mi posa sul materasso e sistema i cuscini dietro di me, in modo tale che io possa mettermi seduta.

Prende le coperte e mi copre per bene, per poi guardare il vuoto per alcuni secondi, prima di portare il suo sguardo su di me.

«Non ti ha fatto male vero?»

Mi chiede con tono preoccupato ed io scuoto il capo in senso negativo, mentre scosto una ciocca di capelli che è andata a finirmi sul viso.

«Sa tutto»

Sussurro a sguardo basso e sento le lacrime che vogliono salirmi di nuovo, al solo pensiero che lui sa del mio passato... quello che volevo tanto nascondere.

«H-ha letto... gli articoli... che a-avevo s-sotto...al letto e m-mi ha c-costretto a c-confessare tutto»

La mia voce trema e non posso fare a meno di balbettare, sotto il suo sguardo che in questo momento è un misto fra rabbia e incredulità.

«Avrà quel che si merita Alexa, è una promessa»

Io non sono in grado di rispondere, di decidere o di pensare: semplicemente chiudo gli occhi e provo a riprendere il sonno perso.

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