1 Capitolo
Mi giro e rigiro fra le coperte, cercando di riprendere sonno, ma la cosa risulta impossibile e quanto pare il sonno è andato a farsi fottere anche questa notte.
Non solo mi sono svegliata di soprassalto, ma adesso non riesco neanche a riaddormentarmi di nuovo.
Fantastico, veramente fantastico!
Sbuffo e scosto le coperte, alzandomi pigramente dal letto e con passo lento raggiunto la finestra, affacciandomi al di fuori di essa per prendere una boccata d'aria fresca.
Vago con lo sguardo nel cielo stellato, un blu tinto con dei piccoli batuffoli bianchi, finché non cade sull'altalena appesa alla quercia.
I miei occhi la scrutano molto attentamente pur conoscendolo da tanti anni ormai, dato che mi fa compagnia nelle mie notti insonnie.
La mia mente viene travolta dai ricordi, ma uno in particolare attira la mia attenzione, facendomi fare un enorme passo indietro nel tempo.
«Mamma, mamma!
Guarda come volo in alto!»
Urlo dalla gioia con un sorriso stampato sulle labbra, mentre lei mi guarda con un sorriso sulle labbra e un lenzuolo bianco fra le mani.
«Attenta a non farti male tesoro!»
Mi dice mia madre cercando di raccomandarmi, ricevendo un accenno d'assenso da parte mia e continuo a giocare sull'altalena.
E' come se fossi un piccolo aereo, che parte dalla terra ferma e sale sempre più in alto, fino ad arrivare nel cielo azzurro, che oggi non ha nessuna nuvola che lo disturba e vedo stormi di uccelli volare tranquillamente.
«Dov'è la mia principessa?»
Chiede una voce molto familiare e subito mi guardo intorno alla ricerca del mio guerriero, compagno di fantastiche avventure.
Fermo l'altalena di scatto puntando i piedi a terra e guardo nella direzione da cui proviene la voce, trovando il mio grande e forte papà.
«Papà!»
Sui volti di entrambi nasce un grande sorriso e lui apre le braccia non appena mi vede correre verso di lui, per sollevarmi in aria come fa sempre.
L'abbraccio stretto come se non lo vedessi da tempo, ma lo faccio perché lui per me è il mio eroe e la mamma, dopo aver posato le mollette di legno che aveva in mano, si avvicina a noi.
«Ed ecco la mia regina»
Mormora lasciandole un piccolo bacio sulle labbra e stringendo anche lei nella nostra morsa d'affetto.
«Come sono fortunato.
Ho una regina incantevole e una principessa altrettanto bella»
Dice con tono dolce e guardando entrambe incantato, per poi posarmi un bacio sulla fronte prima di posarmi a terra e avvicinarsi alla sua donna.
«Cosa hai fatto per pranzo?»
Chiede curioso alla mamma, prendendola per i fianchi e guardandola con un sorrisetto strano, mentre la bacia ancora.
«Ancora niente.
La tua principessa non mi ha lasciato fare niente per tutta la mattinata»
Sento dire da mia madre e la sorprendo guardarmi con un'occhiata di rimprovero, mentre ridacchio e inizio a indietreggiare.
«Mhh, piccola diavoletta vieni qui!»
Esclama mio padre all'improvviso e subito mi metto a correre, ma riesco a fare solo pochi passi perché riesce a caricarmi sulla spalla con un gesto rapido.
«Ora cosa dovrei fare con te?»
Chiede con tono ironico e solleticandomi i fianchi, mentre io mi dimeno cercando di scendere dalla sua palla per sfuggire a questa tortura.
«Lasciarmi andare!»
Dico cercando di scendere dalla sua spalla, ma quel mio gesto ha l'effetto contrario e mi tira su, facendo specchiare i suoi occhi nei miei.
«Oppure mangiarti tutta!»
Dice facendo sprofondare il viso sul mio pancino, facendomi il solletico con il suo naso e provocandomi delle belle e forti risate.
«No, no, lasciami!»
Affermo scossa dalle risate, ma continua con il suo giochetto e non sembra ascoltarmi minimamente.
«Dai papà! Ho fame!»
Urlo sfinita, cercando di fermarlo e alla parola fame si ferma, dandomi quel momento di tregua che attendevo con ansia.
«Questa principessa ha fame?
E cosa vuole mangiare questa principessa?»
«Sushi! Voglio sushi, sushi!»
Urlo entusiasta e senza pensarci più di tanto, ascoltando cosa mi dice il mio pancino.
«A te va un po' di sushi amore?»
Chiede mio padre rivolto a mia madre e lei annuisce, continuando a fare quello che sta facendo.
«Allora vado al ristorante a prenderlo.
Tu aspetta qui con la mamma, d'accordo?»
Chiede posandomi a terra ed io annuisco e gli lascio un bacio sulla guancia, ricevendone uno in tutta risposta sulla fronte.
«Torno subito»
Lascia un bacio volante alla mamma e fa il giro della casa, uscendo dalla porta principale.
Ero ancora troppo piccola per arrivare a pensare a quello che sarebbe successo dopo, alla nostra quiete che presto sarebbe stata spezzata da un'inconsapevole e imminente tempesta rossa.
«Mamma non riesco a prenderlo!»
Urlo alzandomi in punta di piedi cercando di afferrare il barattolo sulla mensola, ma la mamma non mi ha fatto il dono dell'altezza, anche se dice che crescerò.
Sento i suoi passi per le scale e arriva fino alla mia porta, guardando leggermente divertita i miei invani tentativi di riuscire a prendere ciò che voglio.
«Aspetta!
Lo prendo io»
Si avvicina al muro delle mensole e fa per prendere la mia amata Nutella, quando un rumore al piano di sotto attira l'attenzione di entrambe.
Ingenuamente sorriso al pensiero che sia il mio papà ad essere tornato con il pranzo e sospiro leggermente di sollievo, perché sto proprio morendo di fame.
«Soledad dove sei?»
Chiede una voce del tutto a me sconosciuta e subito capisco che non è la voce del mio papà e appena sto per dire qualcosa, mia madre mi fa segno di stare zitta.
Senza far rumore esce dalla stanza, guardando attentamente il fondo delle scale e tornare subito da me.
Chiude la porta silenziosamente e per un secondo la vedo andare nel panico, ma appena mi guarda mi sorride dolcemente.
«Mamma che succede? Chi è?»
Chiedo in un sussurro terribilmente spaventata e lei con una carezza cerca di tranquillizzarmi, abbassandosi alla mia altezza e facendo scontrare i nostri occhi.
«Ascoltami bene tesoro.
Adesso ti nasconderai nell'armadio della mamma e starai chiusa lì, buona e senza far rumore.
Uscirai di lì solo quando sarò io a dirtelo, è chiaro?»
«Ma perché mamma? Ho fatto qualcosa di male?»
Chiedo con tono confuso abbassando lo sguardo dispiaciuta e sul punto di piangere, ma subito mi asciuga una piccola lacrima sfuggita dai miei occhi.
«No tesoro, tu non hai fatto niente, ma fai come ti dico.
Su veloce!»
Mi prende per il braccio e mi trascina dentro l'armadio, mentre dentro di me si fa largo una brutta sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di brutto.
«Non aver paura, okay?»
Annuisco velocemente e chiude le ante dell'armadio a persiane, appoggiandosi su di esse rilasciando un sospiro abbastanza teso.
Giusto qualche secondo dopo la porta della camera viene spalancata di colpo, rivelando dietro di sé un uomo.
Lo scruto bene in volto e ha un qualcosa di non so che di familiare, come se lo avessi visto già da qualche parte, ma dove?
Scavo a fondo nella mia mente, per poi ricordarmi che lui è il papà di mia cugina Jenny e una domanda mi sorge spontanea: cosa ci fa qui e come fa ad essere qui se Jenny mi aveva detto che era scomparso?
«Come ti sei fatta bella Soledad.
La gravidanza dei gemelli ti ha donato.
Non ci vediamo da tanti anni»
Dice l'uomo allegramente, chiudendo la porta alle sue spalle senza staccare gli occhi di dosso dalla mia mamma.
«E doveva essere così in eterno.
Cosa ci fai qui?»
Chiede lei con tono preoccupato, indietreggiando di poco come se fosse spaventata da lui, ma ha detto che andrà tutto bene.
«Sono tornato per questioni d'affari e anche per vedere la mia nipotina Alexa.
In fin dei conti sono suo zio»
Dice avvicinandosi a lei, mentre la mamma indietreggia di un altro passo per allungare le distanze.
«Lei non è qui, e adesso va via!
Sparisci come hai fatto dieci anni fa!»
L'uomo sogghigna e scuote il capo, ridacchiando un poco e alzando gli occhi al cielo, infastidito dalla sfrontatezza che ha la mamma nei suoi confronti.
Ma cosa vuol dire quello che si stanno dicendo?
«Soledad, Soledad, Soledad.
Non sei cambiata neanche un po' sai?
Speravo di risolvere la cosa in modo pulito, ma mi costringi a fare il contrario»
Mormora avvicinandosi maggiormente a lei con passi lenti e pesanti, estraendo dalla tasca una pistola ed a quel punto i miei occhi si dilatano dalla paura, dovendo mordermi il labbro inferiore per trattenere un urlo.
La mamma s'irrigidisce all'istante, schiacciandosi contro la parete e sento il suo respiro farsi leggermente irregolare.
«Dimmi dove si trova tua figlia o ti ucciderò all'istante.
Stai sicura che la troverò e la ucciderò senza pietà, ma se mi dici dov'è risparmierò la tua vita e quella della bambina»
Le dice con voce roca, accarezzandole la guancia con la pistola, mentre dei brividi si impossessano del mio corpo.
«S-stai bleffando!
L-la uccideresti seduta stante per come ti conosco!
Non ti dirò mai dov'è mia figlia bastardo!»
Urla sputandogli in un occhio e vedendo lo sguardo dell'uomo farsi sempre più scuro, brividi di terrore mi percorrono il corpo da cima a fondo.
L'uomo si asciuga con la manica della giacca e indietreggia di qualche passo, guardando attentamente l'arma che ha fra le mani.
«Allora vai all'inferno puttana!»
In pochi secondi carica l'arma e fa partire un colpo.
Il suono rimbomba nelle pareti facendomi sussultare e il corpo della mamma cade al suolo come un sacco vuoto, mentre l'uomo corre via.
Esco fuori dall'armadio, tremando dalla paura e sobbalzo quando sento la porta sbattere, segno che è andato via.
Le orecchie mi fischiano, facendomi sentire come se fossi in un altro mondo.
A passi lenti e tremolanti mi avvicino al corpo, circondato da una pozza di sangue.
Una lacrima riga il mio volto, mentre cado in ginocchio nel suo stesso sangue e le scosto i capelli dal volto, guardando i suoi occhi ormai spenti che mi colpiscono nel profondo e mi costringono a cacciare un urlo di puro terrore.
«Mamma svegliati!
Mamma non mi lasciare!»
La scuoto leggermente, sperando che si muova, ma quando vedo che non reagisce i miei occhi si riempiono di lacrime, arrendendosi all'evidenza dei fatti e della realtà.
«Mamma nooo!
Mamma non morire ti prego!
Mamma non lasciarmi!»
Mi accascio sul suo corpo, piangendo sommessamente e ripetendo queste frasi, mentre nel mio cuore vige ancora la speranza di non averla persa.
Ricordo che rimasi accasciata sul suo corpo finché non tornò mio padre, ma la polizia non fu chiamata, ma in cambio le fu data una degna sepoltura.
Qualche giorno dopo il funerale papà partì per un viaggio di lavoro e stette lì per quasi due anni.
Ovviamente in quel tempo stetti con mia cugina e mia zia, che mi aiutarono in tutto.
Sentivo molto la sua mancanza, anche perché mamma era morta qualche giorno prima e averlo accanto mi avrebbe aiutato a superarla molto più velocemente.
Lo sentivo sempre per telefono e gli raccontavo tutto quello che facevo, ma dal quel giorno nulla è più come prima, nemmeno a distanza di otto anni.
«Perdonami piccola mia, perdonami»
Continuava a ripetere quelle parole, mentre spingeva in me, nel divano che ancora si trova nel soggiorno di casa mia eppure non riesco ancora crederci.
Mio padre, l'uomo che amavo, adoravo e ammiravo si è lasciato andare e... mi ha fatto quello che un buon padre non farebbe mai a sua figlia.
Non lo capisco e forse non lo capirò mai, perché non credo che ci sia qualcosa da capire.
Da domani la mia vita sarà completamente stravolta, un nuovo inizio e sono sicura che sarà così.
