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cloe
Era una settimana che non dormivo nel suo letto.
Quella domenica sera, non so come sono sopravvissuta. Era troppo intimo, specialmente per la mia prima volta, dormire accanto a qualcuno e uno sconosciuto per di più.
Lo faceva sembrare più intenso, a causa del suo respiro irregolare, dei suoi continui movimenti che lo facevano sentire a disagio con me al suo fianco o no, non lo so.
Per tutta la settimana, ogni notte, ho pensato a lui. Stava cercando di non farlo, ma l'ha fatto. Era inevitabile.
Quella mattina mi sono ricordata di quanto fosse apparso presto il suo amico, pieno di tatuaggi e con i capelli neri lunghi fino alle spalle, che gli davano l'aspetto di un ragazzo maleducato, soprattutto per via della cicatrice sulla spalla. La mia amica aveva perso la strada e la verginità quella notte con lui.
Fino ad oggi, si vedevano ogni notte. Lui si intrufolava nel cortile sul retro e lei non perdeva nessun appuntamento.
È lì che siamo partiti e tornati quel giorno, prima la sera e poi la mattina, e miracolosamente nessuno ci ha scoperti. Oltre ad avere l'aiuto di Sor Pepita, una suora giovane e dolce che ci ha sempre aiutato. Ha detto che saremmo dovuti essere ciò che temeva fossimo... Liberi e giovani.
Quella domenica mattina ancora, fu l'unico giorno in cui non lavorammo in convento. Era il giorno del riposo e quello, in un convento, è sacro.
Dio ha detto che la domenica è riposo e non c'è posto migliore per adempiere la parola del Signore di un convento.
— Ho delle novità — disse Sofie uscendo dalla messa.
— Non so se voglio saperlo — sussurrai, perché essendo lei com'era, pensava che le notizie fossero una nuova sfida.
Siamo andati in giardino e seduti su un'altalena doppia, con le spalle all'ingresso ma rivolti verso l'edificio per non farsi scoprire, mi ha confessato...
— Stasera andremo ai combattimenti.
— Mi dispiace ma non ci andrò e non dovresti neanche tu, finirai cacciata di qui e saremo separati, Sofie.
Era molto irriverente ea volte era al di là di me. Ero un amante della pace, un sognatore d'amore e un adoratore del rispetto. Non mi piaceva infrangere costantemente le regole.
Oltre al fatto che era pericoloso, un po' disgustoso e anche violento per i miei gusti.
"Non puoi dire di no, Fury vuole vederti," disse e io fermai di colpo l'oscillazione.
I capelli sciolti di entrambi, il mio scuro e il suo biondo, erano arruffati dallo stop.
- E' il suo nome? - gli stava molto bene, se così fosse; ma dovevo chiedere per essere sicuro, però, chi altro se non lui poteva conoscermi lì?
— È ovviamente un soprannome, tutti lo conoscono come Fury, nessuno di solito dice il suo nome e nemmeno io ho chiesto cosa sia.
"Non importa, non ci vado" mi alzai e lei mi fermò, spingendomi a sedermi di nuovo.
— Sai quante donne muoiono perché parla anche con loro? Devi andare - ha insistito e mi ha guardato come se fossi impuro per aver rinnegato il creatore.
O che era stato Dio a chiamarmi e io rifiutavo.
— Preferisce non avere i dati, quante donne ha a sua disposizione, ma io non sono una di queste.
— Certo che no — mi guardò con occhi abbagliati e mi sembrò la cosa più idiota che potesse proiettare — sei tu quello che vuole. Quello che ha chiesto di vedere e l'unico che ha dormito nel suo letto, al suo fianco ed è stato protetto da lui. Nessuno ha avuto questo privilegio.
Dio mio! Che idiota stavo ascoltando.
- Ho detto che non ci vado. Che non voglio vederlo, che non mi interessa e che non deve chiamarmi perché non sono interessata a quell'uomo.
Stava praticamente urlando, con il rischio di essere ascoltata da qualche suora lì o dallo stesso padre Alejandro.
— Spero di essere io, l'uomo di cui parli.
Entrambi ci siamo bloccati. Non era comune che ci fosse un uomo in convento e quella voce autorevole dalla personalità cupa non poteva mancare, era... Fury.
Lo vedevo camminare lentamente, con le mani incrociate dietro la schiena e con indosso un completo nero perfetto, senza cravatta e sotto una camicia bianca che gli dava un'aria raffinata ed elegante. Sembrava divino. Meraviglioso. Spettacolare.
— Non voglio pensare che ci sia un altro uomo dietro di te. Un altro che ti ha chiamato. Un altro che vuole vederti e un altro che ti interessa più di me e tu osi mentire al riguardo.
Ero rimasto senza parole.
Nemmeno il mio amico ha detto niente e io stavo ancora elaborando nella mia testa quello che volevo limitare.
"Dì che sei contento di vedermi." Che verrai stasera e che io sono l'unico uomo che vuoi vedere.
Sembrava che mi avesse letto nel pensiero.
Era troppo imponente e mi rendeva troppo nervoso.
Non potevo rispondere nulla, perché dietro di lui vedevo arrivare, quasi di corsa, la madre superiora, e per poco non svenni quando la sentii dire, sotto lo sguardo attento di Furia, di me...
— Prego, signor Tuzdav. Non vedevamo l'ora.
Fissò il suo sguardo socchiuso su di me e si leccò le labbra prima di dire...
L'ansia è tutta mia...
