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02. PROPOSTA INDECENTE?

Mezzogiorno era passato da poco, a fine giugno le temperature erano già elevate e loro due erano le uniche persone in strada in quel momento. Livia iniziava ad accusare il caldo e Michael se ne accorse subito.

«Livia, sei venuta qui con la macchina?»

«Sì, perché?»

«Io sono a piedi e tu hai bisogno di un'autista, viste le tue condizioni. Ti accompagnerò in ospedale per fare una lastra ai raggi x, così possiamo escludere che ci siano fratture.»

«Credevo che fosse solo una slogatura.» disse lei preoccupata. La prospettiva di avere un piede ingessato non le piaceva, perché sarebbe stata costretta a farsi aiutare da qualcuno. E negli ultimi due mesi, Livia si era isolata e chiusa in sé stessa.

«Probabilmente sì, ma se ci sbagliassimo? Meglio non scherzare con la salute. Dammi le chiavi dell'auto, così la porto qua e ti aiuto a salire.»

Livia esitò. Michael era stato gentile, ma lei non lo conosceva e dargli le chiavi della macchina le sembrava un grosso rischio. Lui sembrò intuire la sua paura, così estrasse un portadocumenti dalla tasca, dal quale sfilò la carta d'identità.

«Prendila. Così se non dovessi fare ritorno, potrai andare a denunciarmi alla polizia.» disse strizzando l'occhio divertito. Lei sorrise e prese il documento, porgendogli con l'altra mano le chiavi della macchina.

«Torno subito. Mi raccomando, non andartene.»

«Molto spiritoso.» rispose Livia senza riuscire a nascondere un altro sorriso. Era simpatico, educato e altruista. Forse da quell'incontro poteva scapparci un'uscita a cena. Anche se temeva che ci sarebbe voluto qualche giorno, forse di più se il problema alla caviglia era una cosa seria.

Prima di andare via, Michael le aveva tolto i sandali e Livia vide che la caviglia destra era già più grossa rispetto all'altra. Perciò poteva scordarsi di mettere le scarpe, almeno finché non ci avesse messo sopra del ghiaccio. Approfittò dell'attesa per rispondere al messaggio che Nicole le aveva inviato quella mattina, dicendole che era tutto a posto e si sarebbe fatta sentire lei.

L'auto di sua madre con Michael alla guida arrivò mentre lei metteva via il cellulare. L'uomo aprì la portiera del passeggero, poi caricò le borse degli acquisti fatti da Livia in macchina e infine andò da lei.

«Non ti sei messa le scarpe.» osservò indicando i piedi nudi tenuti in aria a pochi centimetri da terra, a causa del marciapiede che scottava.

«Con la caviglia così gonfia, non mi entrerebbero nemmeno le tue di scarpe.» ribatté lei.

«Ti fidi di me?» le chiese.

«Per adesso sì.» si limitò a dire lei.

Michael le disse di mettergli le braccia attorno al collo e lei obbedì. Poi la prese in braccio e la depose delicatamente sul sedile anteriore del passeggero, chiudendo la porta. La frescura dell'aria condizionata fu un vero toccasana per Livia.

Michael salì al posto di guida e partì. Dopo qualche minuto, sentì il dito di Livia picchiettare contro il suo braccio e si girò verso di lei.

«Questa potrebbe servirti, nel caso ti fermassero per un controllo.» gli disse mostrandogli la carta d'identità.

«In realtà pensavo che volessi imparare a memoria i miei dati, visto che non mi conosci.»

Livia sorrise divertita, da quanto tempo non si sentiva così bene. Michael non sapeva della sua perdita, non la stava trattando come fosse una bambola di porcellana. Erano due ragazzi che si erano conosciuti per caso, così a proprio agio da scherzare come fossero vecchi amici.

Lo sguardo le cadde sulle labbra carnose dell'uomo, lui le lanciò un'occhiata e lei si affrettò a guardare davanti a sé.

«Sai Livia, ho pensato una cosa. Se ti porto in ospedale per una caviglia slogata, domani mattina ti troverò ancora in sala d'attesa.»

«Allora portami la colazione. Un cornetto al cioccolato bianco e un caffè schiumato con latte, grazie.» rispose lei provocando una sua risata.

«Che ne dici se invece ti portassi da un mio amico medico, che esercita privatamente? Prima però cerchiamo un centro privato che faccia lastre ai raggi x.»

«Mi sembra una buon'idea...no!» disse, ricordando in quel momento che aveva speso quasi tutti i soldi contanti per gli acquisti, lasciando a casa la carta di credito.

«Cosa c'è?» le chiese preoccupato da quel repentino cambio d'umore.

«Non mi sono rimasti abbastanza soldi per pagarmi una visita privata.»

«Benissimo, provvederò io.» disse come se fosse una cosa da niente. Ma Livia non poteva accettare, Michael aveva già fatto tanto per lei e non voleva dargli altri pensieri.

«No Michael, tu hai già fatto molto per me. Posso rimandare in un altro momento...»

Rimase senza fiato, quando la mano dell'uomo si posò delicatamente sulla sua, stringendola in un atto di genuina tenerezza.

«Mia mamma diceva sempre che i soldi vanno e vengono, ma la salute quando l'hai persa non ritorna.» disse con dolcezza.

Dentro il suo petto, Livia avvertì un calore che si propagò per tutto il corpo. Dimenticò per un istante il gelo che l'aveva invasa dalla morte dei suoi genitori. Per la prima volta da quella tragedia, riusciva a scorgere una luce nelle tenebre. Ed era merito di quell'uomo.

«Allora va bene, Michael. Però non finisce così, troverò il modo di sdebitarmi.» disse pensando di dovergli un'uscita a cena, dove avrebbe insistito per pagare lei. Le piacevano le sue premure, ma non voleva che Michael pensasse che fosse una donna che non sapeva badare a sé stessa.

«Ma certo, Livia. Sono sicuro che saprai ripagarmi, se per te è così importante.»

Grazie allo smartphone di Michael, trovarono un centro medico privato che effettuava lastre a raggi x. Lei avrebbe voluto chiedere un paio di stampelle o una sedia a rotelle, ma lui finse di non sentire e la portò in braccio all'interno. All'inizio si sentì imbarazzata, ma poi notò l'invidia negli sguardi di altre ragazze presenti nella sala d'attesa e poggiò la testa contro il suo petto.

«Finalmente ti sei convinta. Non aver paura, il servizio trasporto pedoni oggi è gratis.»

«Sei proprio uno scemo.» rispose indispettita, senza nascondere quanto fosse compiaciuta. Seduta accanto a Michael che premuroso aveva poggiato la caviglia gonfia sulle sue gambe, Livia benedì il tacco rotto di quel paio di scarpe nuove e la crepa nel marciapiede, complici di un incontro che stava prendendo una piega molto interessante.

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