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Capitolo 7 — Tra le loro mani 3

Léna

Il corridoio è deserto.

La sera è calata da tempo, ma le luci al soffitto rimangono fredde, bianche, implacabili.

Ogni passo risuona sul pavimento lucido, brutale in questo silenzio che mi pesa.

Cammino con passo veloce, il respiro ancora affannato dallo stress accumulato durante la giornata.

Voglio solo raggiungere l'uscita.

Lasciare quest'arena, questa casa dove ogni sguardo sembra gravare su di me come un velo invisibile che mi cancella, mi disarma.

Le mie mani sono umide, la mia borsa scivola un po' tra le mie dita tese.

Sento ancora il peso degli occhi sulla mia pelle.

Quello sguardo tagliente di Raphaël, che mi legge come un libro che lui strappa lentamente.

E poi, quel fuoco negli occhi di Léo, ardente e selvaggio, che mi divora senza pietà.

Improvvisamente, un'ombra appare davanti a me, bloccando il passaggio.

Un soffio caldo sfiora la mia pelle, un tocco che fa vacillare la mia ragione.

— Te ne vai già? mormora una voce calda e bassa, vicina.

Alzo la testa.

È lui. Léo.

Il suo viso è troppo vicino.

Troppo vicino.

I suoi occhi penetrano nei miei, con quella luce di sfida e divertimento che non sa nascondere.

Una scintilla selvaggia, come una promessa pericolosa.

Voglio indietreggiare, ma la mia schiena urta contro il muro freddo.

Sono bloccata.

Prigioniera di questo spazio ristretto e ardente.

Si avvicina ancora, riducendo lo spazio, la sua mano si alza lentamente, sfiorando la mia spalla con la punta delle dita.

Il calore del suo palmo risale lentamente lungo il mio braccio, sfiorando la pelle nuda sotto il tessuto sottile del mio vestito.

Questa carezza è proibita, rubata, un brivido di proibito che si snoda sotto la mia pelle.

— Sai, mi dice quasi soffocando contro la mia nuca, non sai in cosa ti sei cacciata con noi.

Sento il suo respiro caldo disegnare una linea sulla mia pelle, come un invito.

Il mio cuore batte così forte che ho paura che lui lo senta.

Sento la rabbia salire in me — quella rabbia dolceamara di essere intrappolata, di essere desiderata contro la mia volontà.

— Léo... io... dovrei andare.

Ma lui ride dolcemente, quella risata roca e profonda che fa vibrare qualcosa in me, un'eco antica che credevo assopita.

— Credi di poter andare così facilmente? Non stasera.

Fa scivolare la sua mano sul piega del mio gomito, il suo palmo si apre lentamente, sfiorando il vuoto tenero della mia pelle con una delicatezza che mi disorienta.

Sussulto, incapace di muovermi, incapace di pensare.

Il suo sguardo brucia il mio.

È carico di sottintesi, di promesse non dette, di un'attesa insopportabile.

Capisco che questo gioco, questa danza di sguardi e gesti, è tutt'altro che finita.

Che non mi lascerà andare indenne.

Poi, senza preavviso, si piega.

Quasi un sussurro.

— Léna... sei già mia.

Il suo respiro accarezza le mie labbra, caldo, dolce, quasi crudele.

Sento il fruscio delle sue ciglia, l'ombra del suo respiro sulla mia pelle.

Chiudo gli occhi per un attimo, cercando disperatamente di riprendere il controllo.

Di ritrovare quella barriera fragile tra ragione e follia.

Ma è troppo tardi.

Sono presa in una trappola invisibile, tessuta di desiderio, potere e segreti.

Una trappola di cui non so ancora come districarmi.

Quando riapro gli occhi, lui si è raddrizzato.

Il suo sguardo non mi ha abbandonata.

È allo stesso tempo ardente e distante, giocoso e serio.

Indietreggio lentamente, come per fuggire da questa prossimità troppo intensa, troppo violenta.

Ma nel profondo di me, qualcosa è cambiato.

So che domani incrocerò ancora questi due fratelli.

Che il loro sguardo sarà di nuovo su di me, più pesante, più affilato.

Che questa prossimità proibita non farà altro che intensificarsi, fino a diventare insopportabile.

E so anche... che in realtà non voglio davvero fuggire.

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