Capitolo 8: Se morissi, smetteresti di odiarmi?
Quello gentile con lei, che diceva parole di rimprovero ma con gesti pieni di premure, quello era il Cesare Ferretti del sogno.
"Non l'ho fatto."
Livia parlò con voce roca, distolse lo sguardo, sforzandosi di apparire docile e obbediente.
Ma il viso di Cesare Ferretti si fece ancora più cupo.
Ripensando alla luce nei suoi occhi quando aveva appena aperto gli occhi vedendolo, e poi come quella luce si fosse improvvisamente spenta quando aveva realizzato che era lui, il suo viso si fece ancora più tetro, avvolto da un'atmosfera opprimente, minacciosa e gelida!
Era delusa di vederlo?
Chi avrebbe voluto vedere allora?
Cesare Ferretti le strinse il mento costringendola a guardarlo negli occhi, la voce glaciale: "Livia Rossi, smettila con i tuoi trucchetti, altrimenti non mi lamentare se non sarò gentile con te!"
Finito di parlare, le lasciò bruscamente il viso, si raddrizzò guardandola freddamente: "Preparati, vieni con me a una cena!"
Livia era già debole, con quello scossone cadde di nuovo sul letto. Sentendo le sue parole rimase interdetta per un istante: "Che cena?"
Il tono di Cesare Ferretti era gelido: "Non hai bisogno di saperlo."
Detto questo, si voltò e se ne andò.
Poco dopo, Perla entrò con un vestito. Vedendo Livia, provò immediato disgusto e invidia!
Il signore odiava chiaramente quella donna, eppure la portava a una cena. Era davvero intollerabile!
Perla posò i vestiti con disprezzo: "È uno spreco far indossare questi bei vestiti a una come te!"
Detto questo, se ne andò.
Livia guardò l'elegante abito e le scarpe posati ai piedi del letto, sul suo viso pallido apparve un sorriso amaro.
Sì, tutto sprecato.
Se era così, perché portarla a quella cena?
Non la odiava forse?
Non voleva punirla?
Livia non capiva, ma non osava disobbedirgli. Si alzò e indossò l'abito. Quando stava per mettere le scarpe, vide frammenti di vetro all'interno.
Le mani di Livia tremarono, il viso divenne ancora più pallido.
Era stato lui a ordinargli di metterli?
Per farla apparire elegante in superficie, ma continuare a punirla?
Gli occhi le bruciarono, le lacrime sgorgarono, Livia morse forte le labbra, fissò le scarpe a lungo prima di indossarle.
Nel momento in cui i frammenti di vetro penetrarono nelle piante dei piedi, il dolore acuto risalì lungo i nervi. Morse il labbro inferiore, trattenendo ogni gemito, si appoggiò solo alla testata del letto, raddrizzandosi lentamente.
Aveva obbedito, ora non avrebbe fatto del male alla sua famiglia, vero?
Cesare Ferretti era seduto sul divano, il viso austero, emanando un'aura gelida. Guardò l'ora sul polso, aggrottando le sopracciglia.
"Va' a vedere se è morta."
Disse freddamente alla domestica.
"Sì."
La domestica si voltò verso la camera, rimanendo improvvisamente interdetta.
Poco distante, Livia avanzava lentamente. L'abito color champagne con spalline asimmetriche metteva in risalto la sua figura esile e aggraziata, una spalla delicata scoperta, che per la magrezza appariva fragile e preziosa.
Camminava molto lentamente, ad ogni passo il viso diventava più pallido, sembrava star male.
"Signore, la signorina Rossi è qui." La domestica si riprese.
Cesare Ferretti si alzò, quando lo sguardo cadde su Livia si fece improvvisamente cupo, ma il suo viso divenne ancora più tetro.
Lei era esile e delicata eppure straordinariamente raffinata, i capelli lunghi sciolti sulle spalle, conferendole una bellezza eterea.
Cesare Ferretti allungò la mano tirando nervosamente la cravatta, come se questo potesse dissipare l'oppressione nel petto. La guardò freddamente avvicinarsi.
"Livia Rossi, se non uscivi pensavo fossi morta."
Il tono era gelido, le parole ancora più crudeli.
Le lunghe ciglia di Livia tremarono, alzò lo sguardo verso di lui: "Se morissi, smetteresti di odiarmi?"
"Neanche nei sogni!"
