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Capitolo 1 - Ginger

Thomas grugnisce, un suono gutturale che riecheggia nella penombra della sua stanza, prima di abbassarsi a baciarmi il collo. È come se sapesse esattamente dove colpire, quali corde pizzicare, ma non si arrende mai del tutto al fatto che sulla bocca non mi piace essere baciata. Ci prova, però, ogni volta. Un assalto che mi lascia sempre con un sottile fastidio e la consapevolezza che non glielo permetterò.

Non è amore, è solo sesso. Sento la sua lingua tracciare una scia umida sulla mia pelle, un brivido mi percorre, ma non è abbastanza per abbattere le mie difese. Se gli dessi anche solo un millimetro, lui penserebbe che sono pronta a dargli di più. Non lo sono. Non lo sarò.

«Mmm…» sussurra, la sua voce roca vibra contro la mia pelle come un richiamo primordiale. Sento il suo respiro caldo che si mescola all’odore del nostro desiderio nell’aria. Le sue dita iniziano a scivolare lungo il mio corpo, esplorando con una lentezza che sa di tortura, fermandosi appena sotto l’orlo delle mutandine. Un tocco leggero, quasi impercettibile, che mi fa trattenere il fiato, in bilico tra ansia e aspettativa. Poi, con un movimento deciso, le sue mani scostano il tessuto, e le sue dita trovano la strada tra le mie cosce, sicure e decise.

Il suo pollice sfiora il mio clitoride con una precisione devastante, come se conoscesse a memoria ogni nervo, ogni punto che può farmi cedere. È un tocco che manda scintille lungo la spina dorsale, un’ondata di piacere che mi costringe a inarcare il corpo contro di lui, come se il mio corpo fosse in guerra con la mia mente. «Cazzo…» sospiro, incapace di trattenere il gemito che mi sfugge dalle labbra. Non posso negarlo: è bravo con le mani, dannatamente bravo.

Le sue dita si fanno più audaci, affondano dentro di me senza esitazione, due dita che si muovono rapide, affamate, quasi disperate. Ogni movimento è un colpo, un’esplosione di piacere che mi fa mordere il labbro per soffocare un urlo. I muscoli delle mie gambe tremano, la mente si svuota, lasciando spazio solo alla sensazione, alla carne, al desiderio.

Non si ferma. La sua mano è inesorabile, mentre il mio corpo risponde come se fosse stato programmato per lui. Poi, all’improvviso, mi afferra con decisione, mi volta di scatto. Il mio viso affonda nel cuscino, il tessuto morbido contro le guance, e so cosa sta per succedere. Lo sento nella tensione dei suoi movimenti, nel modo in cui mi spinge a sollevare il bacino, offrendogli tutto di me. Lo aspetto, ansiosa, quasi implorante.

Adoro essere presa da dietro. Non è solo la profondità, non è solo l’intensità. È l’anonimato, il fatto che non devo guardarlo in faccia, che posso lasciare che il piacere mi travolga senza dover gestire le emozioni che si intrecciano agli sguardi. Sento il rumore della confezione del profilattico, lo strappo netto che rompe il silenzio, seguito dal fruscio del lattice che scivola sulla sua pelle.

Le sue mani si posano sui miei fianchi, grandi, forti, e il suo membro mi sfiora. È un contatto che mi fa trattenere il respiro, un calore che brucia e promette. Poi, senza preavviso, affonda dentro di me con un’unica spinta, profonda e decisa. Un gemito strozzato mi sfugge, le dita stringono il cuscino mentre il mio corpo si adatta a lui.

«Cristo, Ginger, sei un lago.» La sua voce è bassa, gutturale, e rilascia endorfine nel mio cervello. Le sue spinte sono lente all’inizio, quasi studiate, poi più forti, più profonde. La stanza si riempie del rumore dei nostri corpi che si incontrano, della sua voce roca e dei miei gemiti soffocati contro il cuscino.

«Vengo!» ruggisce, un suono animalesco che riecheggia mentre il suo corpo si tende contro il mio, un ultimo spasmo di piacere.

Io, però, non sono arrivata.

«Sei il solito coglione!» esclamo, sfilandomi rapidamente da lui.

«Non è colpa mia se tu eri già un lago…» ribatte, con un sorriso che mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi. «Dovresti essere felice dell’effetto che ti faccio.»

Mi giro per guardarlo, stringendo il reggiseno tra le mani. «Tu, invece, dovresti imparare a far godere una donna prima di venire come un ragazzino.»

Lui ride, sfilandosi il profilattico con un gesto rapido. «Avevo fretta, tesoro.»

«Tu hai sempre fretta!» rispondo, tirando su le mutandine e infilandomi i jeans. Non voglio che la mia roba si mescoli con la sua. È già abbastanza confuso così.

Mi afferra da dietro, le sue mani grandi che si posano sui miei seni nudi. Le sue dita afferrano i capezzoli, tirandoli con una delicatezza che non gli avrei mai attribuito. «Vedi? Lo vuoi ancora.»

Vorrei non reagire, ma il mio corpo non è d’accordo. Un brivido di piacere mi percorre, e odio quanto sia bravo a leggermi. Mi divincolo dalla sua presa, però, determinata a non ricadere nel suo gioco. «Domani cercati un’altra povera stronza. Con me hai chiuso.»

«Ginger, non fare così.» La sua voce si fa più dolce, ma io non ho intenzione di ascoltarlo. Mi vesto in fretta e lascio la sua casa senza neanche un saluto.

Mentre mi avvio al parcheggio, i pensieri si accavallano. Non è solo Thomas che mi infastidisce. È tutto. La vita, il lavoro, questa sensazione di essere sempre sull’orlo del precipizio.

Arrivo all’ufficio del procuratore con un minuto di anticipo. Thomas è già lì, impeccabile nel suo completo grigio scuro, e sembra una persona completamente diversa. Mi guarda con un sorrisetto, ma non dice nulla.

«Ginger Roger» annuncia, formale.

«Presente.» Rispondo con lo stesso distacco, mentre mi siedo accanto a lui.

La notizia è ufficiale: lavoreremo insieme al caso Peterson.

E non so cosa mi infastidisca di più: Thomas Miller, l’egocentrico avvocato con cui finisco spesso a letto, o l’idea di passare settimane a occuparmi di uno dei peggiori casi di cronaca nera che abbia mai visto.

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