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Capitolo 2: Mi chiamo Francesca.

Dissi a quella ragazza: “Questa gamba non ti fa male ogni volta che piove o è nuvoloso?”

Lei sconvolta disse: “Come fai a saperlo?”

Fingendo di essere una persona riservata le dissi: “Ancora non crede che io sia un medico?!”

Vedendo che la sua reazione era reale, tutti sospirarono d’improvviso. La stessa ragazza sembrava nervosa, e mi disse: “Allora tu puoi curarmi la gamba?”

“Certo, ma sarà necessario sostenere le spese per le cure mediche. Sembra che oggi sia stato destino incontrarci, perciò le farò il buon prezzo di soli duecento euro.” Le dissi, indicandole la quantità con le dita.

“Duecento euro?” Sospirò profondamente e si arrabbiò: “Farabutto, sei un bugiardo. Sono stata in ospedale varie volte per controllare. Ho speso molti soldi ma non si è mai trovata una cura. Sei proprio un farabutto!”

“Dunque lei pensa che il prezzo non sia abbastanza alto? Ok, allora mi dia duemila euro.”

“Tu!” disse lei indicandomi e con tutta l’ira del mondo: “Non osare più parlarmi.”

Pensando che mi sarei annoiato nel treno, continuai a dirle con espressione imbronciata: “Davvero non le ho mentito. Se ritiene che la cifra sia troppo alta, qualora non riuscissi nell’intento di curarla, le farò un controllo completo.”

Il suo viso era verde e rimase senza parole.

Questa volta avevo superato il limite con questa ragazza, così lei si girò dall’altra parte e mi ignorò.

“Non faccia così signorina, altrimenti ci annoieremo. Parliamo un po’...” E le chiesi ridendo: “Come ti chiami?”

Ma lei mi ignorò.

Cavolo, questa ragazza davvero non aveva intenzione di darmi retta. Allora le dissi: “Signorina, se vuole ignorarmi la chiamerò Rosita”

Lei accigliò le sopracciglia, poi disse: “Perché vuoi chiamarmi così?”

Io le dissi: “ Rosita era la scrofa che avevamo a casa, andavamo d’accordo ma la mia famiglia dovette venderla per guadagnare qualcosa.”

Lei si arrabbiò e disse: “ Io non sono la tua scrofa, non darmi soprannomi, ricordati bene che il mio nome è Francesca!”

Francesca?

“Che nome carino.” Le dissi: “Segnati il mio numero così potrai chiamarmi quando verrai in città. Posso curarti la gamba, non le ho mentito. Se non dovessi riuscirci, le farò un controllo completo.”

Francesca divenne un demonio e alzando gli occhi al cielo, si voltò e mi ignorò.

“Il treno è giunto a destinazione Porto Antico, si prega di portare con sé i propri effetti personali e scendere dal treno il prima possibile...”

Wow, arrivò così in fretta, mi voltai e la ragazza era già andata via, anche io presi i miei bagagli e scesi dal treno.

“Porto Antico, via Ottaviano 10, stanza 2905.” Tirai fuori il bigliettino che mi aveva dato mio nonno. Questo era l’indirizzo di mia zia.

Di lì a poco avrei potuto rivedere mia zia, il mio cuore esultava di gioia.

Mia zia, non la vedevo da più di dieci anni, chissà come stava adesso...

Presi velocemente un taxi che mi portasse all’indirizzo scritto sul bigliettino. Le ragazze di città erano più eleganti di quelle di campagna.

“2905, eccola qui!” trovai subito la casa di mia zia.

Quando suonai il campanello, mia zia stava facendo la doccia. Dopo aver chiesto chi fosse, aprì inaspettatamente la porta, avvolta solamente da un asciugamano.

Era una bellissima donna appena uscita dalla doccia, con un collo candido, due spalle sexy, un bel seno bianco e prepotente che sollevava in alto l’asciugamano lasciandolo penzolare al di sotto.

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