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Capitolo 2

Il risveglio sentì che ogni illusione e senso di sollievo che aveva di sfuggire a quella tortura era rapidamente svanito.

Era mezz'ora che urlavo a squarciagola per essere lasciata uscire, ma nessuno mi ascoltava o semplicemente mi ignorava.

Mi vennero in mente ricordi fugaci di ciò che era accaduto la notte precedente, quando mi svegliai mi resi conto che era già giorno e che ero chiusa in una piccola stanza senza finestre.

Chi diavolo era quell'uomo e perché mi aveva preso con la forza? Questa era la domanda che continuavo a pormi in continuazione.

-Lasciatemi uscire! -grido esasperato in un ultimo tentativo.

Sento aprire la serratura, faccio rapidamente qualche passo indietro e vedo che due uomini in giacca e cravatta entrano nella stanza avvicinandosi a me e tenendomi per le braccia.

-Che diavolo stanno facendo? -Chiedo che mi lascino andare e che mi dicano cosa diavolo vogliono!

Mi trascinano lungo un corridoio e, all'uscita, vedo una grande stanza e mi conducono a una porta.

Quando la apro ed entro, dall'altra parte vedo un grande studio, una scrivania e, seduto dietro di essa, un uomo con la pelle scura, i capelli neri, la barba e un'aria piuttosto seria e imponente.

Entrambi i buttafuori mi liberano davanti alla scrivania e se ne vanno lasciandomi solo con lui.

-Chi diavolo sei e perché mi tieni qui contro la mia volontà, idiota? -sputo infastidita.

Mi lancia un'occhiata piuttosto dura che mi fa rabbrividire, si alza dalla sedia facendomi vedere quanto è alto e cammina lentamente verso di me costringendomi a indietreggiare.

-Quindi questo è il ringraziamento per averti salvato la vita? -Ridacchia. Quegli uomini che ti hanno sparato stavano venendo a prenderti, vivo o morto.

Cosa?

-E come fa a sapere che sono stato io?

Mi guarda con freddezza, tira fuori il cellulare e dice qualcosa in una lingua che non riesco a capire.

Si avvicina a me stringendomi il braccio, mi tira fuori dallo studio e mi porta fuori di casa.

-Dove diavolo mi stai portando, stronzo?

Non risponde alla mia domanda, seguiamo un sentiero fino a raggiungere quello che sembra un garage, quando entriamo apre una porta aiutandomi a scendere delle scale e quando apro la porta vedo degli uomini che picchiano un uomo legato a delle catene che scendono dal soffitto.

Guardo l'uomo ma è impossibile vedere il suo volto perché è pieno di sangue e con molte crepe.

Fa un gesto con la testa, uno degli uomini gli dà un pugno nello stomaco e lui tossisce, facendomi vedere il sangue che gli esce dalla bocca.

-Qual era il vostro compito?

-Avevamo l'ordine di riportare Miss Katrina viva o morta.

-Per chi lavora? -Chiede il querelante.

-Antonio Oxaca, capo della più grande organizzazione criminale del Messico.

Sono pietrificato dalla paura che Antonio sappia dove mi trovo.

-No, no, no, no", sussurro negando la mia volontà, "devo scappare, devo andare.

Quando cerco di fare un passo, mi afferra per il gomito e mi ferma.

-Non pensarci nemmeno o sarò io a ucciderti.

Lo guardo mentre estrae una pistola dal fianco e gli spara in fronte, facendomi sussultare per lo shock.

Lo guardo completamente spaventato e lui mette via la pistola fissandomi.

-Andiamo.

Mi afferra di nuovo il braccio e mi trascina fuori di lì.

L'unica cosa che mi viene in mente è la possibilità che Antonino mi trovi e mi uccida per essere scappato in quel modo.

"Non la farò franca.

-Chi diavolo sei? -Sospiro, cercando di liberarmi dalla sua presa mentre entro in casa. Puoi lasciarmi andare?

Lui mi lascia cadere a terra, io guardo velocemente la casa con i dettagli rustici in pietra che la fanno sembrare antica ma elegante allo stesso tempo.

Chi è questo maledetto uomo?

-Devi lasciarmi andare, se Antonio mi trova non esiterà a uccidere tutti quelli che mi circondano.

-Perché sei scappato? -Chiede la querelante.

-Antonio ha ucciso i miei genitori e mi ha rapita quando ero solo una ragazzina di 14 anni, da allora ho vissuto come una prigioniera e per un anno ho pianificato la mia fuga.

-Quanti anni ha?

-Ho ventiquattro anni, per dieci anni ho vissuto all'inferno, per questo ho bisogno che tu mi lasci andare", mi supplica. Antonio è capace di uccidere chiunque mi stia vicino, non sai di cosa è capace, devi lasciarmi andare.

-Ha preso la cosa più preziosa che avevo, ora tocca a me restituire lo stesso favore.

-Cosa vuoi dire?

-Che non te ne andrai da qui e che d'ora in poi sarai mio prigioniero.

-Il primo morto.

Si avvicina e mi punta la pistola al petto, facendomi battere il cuore.

- I tuoi desideri sono ordini.

Lo fisso e capisco dal suo sguardo che non sta scherzando, quest'uomo è molto peggio di Antonio e se fa una mossa falsa può mettere fine alla mia vita.

Il suo sguardo cade sui miei seni rigogliosi, io ritiro lentamente la pistola, approfitto del suo sguardo ancora su di essi e lo spoglio della pistola puntandogliela contro.

-Non sono una principessina ingenua, stronzo", sussurro, puntando direttamente al suo petto. Hai preso la donna sbagliata.

-Se spari, non uscirai vivo da qui.

-Ma me ne andrò con la soddisfazione di portare con me un figlio di puttana.

-Come sei sicuro di colpirlo? -Lui prova a fare un passo e io tolgo la sicura alla pistola.

-Corri il rischio e scoprilo.

La porta si apre ed entrano due uomini, entrambi puntati su di me da un lato; lui alza la mano, facendo segno di fermarsi, e nega.

-Esci.

-Signore...

-È un ordine!

Con la coda dell'occhio vedo che abbassano le armi ed escono. Continuo a puntare su di lui senza togliergli gli occhi di dosso e li sento chiudere la porta.

-Cosa vuoi abbassare la pistola?

-Chi sei?

-Luciano Montecristo, un importante uomo d'affari spagnolo". Fa un passo avanti, fissandomi. "E il più grande mafioso d'Italia...".

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