03
È inutile. Sento che sto affondando e inspiro bruscamente, cadendo sott’acqua e dimenando il corpo nel tentativo di riprendere il controllo della situazione.
È allora che la mia gamba ferita sbatte contro delle rocce affilate mentre scivolo più vicino al fondo. Serro la mascella, il mio corpo si tende per il dolore estremo. Quasi mi scappa un respiro sott’acqua. Quella zona è molto sensibile a causa dei tessuti esposti, e già mi sento stordita per la perdita di sangue.
Sto per morire.
Non ce la faccio.
Proprio mentre sto per arrendermi, un ricordo della mia infanzia mi colpisce. Non so se si tratta della mia vita che mi passa davanti agli occhi perché sto per morire, ma il ricordo è vivido. mio padre mi spiegava cosa fare se un giorno, durante una nuotata, fossi troppo stanca e troppo lontana dalla riva.
« Se ti senti troppo debole per restare a galla, smetti di agitarti. Servirà solo a farti affondare. Per quanto possa essere difficile, trattieni il respiro, rilassati, e lascia che il tuo corpo faccia il resto. »
Costringo il mio corpo a rilassarsi, lottando per non respirare. Qualche secondo dopo, l’aria sorprendentemente calda mi colpisce la pelle e apro gli occhi con un sussulto, ritrovandomi a galleggiare sulla schiena. Guardo intorno a me cercando il mio piede, il panico ritorna quando non riesco a trovarlo e il mio corpo affonda di nuovo.
Tengo gli occhi aperti, ignorando il bruciore provocato dai batteri nell’acqua. Il mio sguardo fatica a vedere chiaramente nel buio, quindi aspetto di toccare il fondo prima di spingermi più in profondità nello stagno.
Le macchie nere iniziano lentamente a offuscare la mia vista proprio mentre il mio piede appare davanti a me. Mi assicuro di restare in quella zona e mi rilasso, risalendo in superficie per un altro respiro, poi mi lascio affondare di nuovo. Mi giro sulla schiena e cerco con le mani legate, finché non riesco ad afferrarlo e mi do una spinta dal fondo stringendolo tra le dita.
Raggiungo la superficie e mi metto sulla schiena, nuotando lentamente verso la riva con la gamba sana.
Esco dall’acqua usando ginocchia e viso, tossendo e crollando debole a terra per l’esaurimento. Ho così freddo che ormai il mio corpo è completamente intorpidito. In un certo senso, ne sono grata, perché il mio arto mancante non pulsa come al solito. Non sanguina quasi più.
Non avrei dovuto lottare così tanto per sopravvivere. Ho appena combattuto per una vita fatta solo di dolore e sofferenza… che cosa stavo pensando ?
Le macchie nere ritornano rapidamente nella mia vista, non perdono tempo a strapparmi quel poco di coscienza che mi era rimasta.
?
« Alzati, stronza pigra ! »
La sua voce mi rimbomba nelle orecchie e spalanco gli occhi, mi tiro su con un brivido di paura. Le mie mani non sono più legate e la caviglia pulsa. Anche se… vedo che il mio piede è di nuovo attaccato al mio corpo.
« Fuori dai coglioni ! Non riesco a mangiare con te davanti ! » sbraita. Abbasso lo sguardo verso il pavimento e striscio fino alla mia cassa, chiudendomi dentro e tremando per i vestiti bagnati e freddi che mi ha lasciato addosso, così non mi rilasso e non riesco ad addormentarmi.
Piango in silenzio, il mio corpo tremante scuote la cassa nonostante i miei sforzi per fermarlo, e la sento posare la birra. Il panico mi assale mentre la vedo spalancare la porta, afferrandomi per la caviglia cucita e trascinandomi fuori gridando insulti.
« Chiudi quella fottuta bocca ! » urla, colpendomi in faccia con i pugni uno dopo l’altro. Chiudo gli occhi con forza e incasso i colpi, aggrappandomi alla felpa per evitare di afferrarla di nuovo per sbaglio.
« Sei così brutta, stupida, debole, anoressica e inutile ! Nessuno ti vorrà mai, lurida troia ! Tuo padre se n’è andato per scappare da te ! Se non fossi mai nata, non mi avrebbe mai tradita ! Tutto quello che fai è rovinare ogni cosa ! » strilla, piantandomi il piede nudo in faccia e tirandomi su per i capelli fino a mettermi seduta. Il cuoio capelluto comincia a bruciarmi.
« Henry ! Vieni qui ! Falla vedere a cosa serve davvero ! » grida, tenendomi ancora per i capelli, e inizio a sentire il fuoco sotto la pelle.
Chi è Henry ? Non ha mai avuto nessuno in casa…
« È questa ? » l’uomo ride entrando nella stanza, si accuccia accanto a noi e mi costringe a guardarlo. Chiudo gli occhi per evitare il contatto visivo e lui mi spalma il sangue del naso sulle labbra, lasciando che le sue dita ci giochino sopra mentre il sapore metallico mi riempie la bocca. Altre lacrime mi rigano il volto mentre sento il gusto delle sue dita sporche mescolarsi al sangue.
« Fa schifo, » ride, spingendomi indietro e alzandosi in piedi. Apro gli occhi, terrorizzata, e seguo i loro movimenti, vedendo quella disgrazia di mia madre tornare sul divano, dove l’aspettano cibo e birra.
