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CAPITOLO 04

« Grazie, Will, » dice Beck, prendendolo da lui. Will ci lascia di nuovo, e io sussulto leggermente. Beck non perde tempo e si toglie la t-shirt. I miei occhi si allargano e comincio a indietreggiare. Oh no. Non di nuovo. Per favore, non di nuovo.

« Shhhh. Alexia, tesoro, va tutto bene, volevo solo darti la maglia per tenerti calda, va bene ? È ok ? » Lo guardo con sospetto, ma annuisco lentamente, incerta su di me. Lui sorride dolcemente e mi aiuta a infilarmi la t-shirt. Arriva appena sopra le ginocchia e trattiene ancora il suo calore. Apre la bottiglia d’acqua e me la porge.

La prendo avidamente e cerco di berla d’un fiato, ma lui mi ferma.

« Ehi, calma, lentamente. Ti farai venire la nausea, » rallento notevolmente, e lui sorride di nuovo, « Ecco, brava. »

Finisco l’acqua e resto lì a giocare con le mani.

« Beck ? »

Lui sorride, chiaramente contento che io parli, « Sì ? »

« Hai detto che sono la tua compagna ? È vero ? » chiedo piano.

« Sì, Alexia, sono la tua compagna. »

« M-ma cosa significa ? » chiedo nervosa. I suoi occhi si spalancano e lui resta senza parole per un momento.

« Alexia, sai cos’è una compagna ? » mi chiede lentamente.

Imbarazzata, guardo via, ma scosse la testa. I suoi occhi si allargano ancora di più, se possibile.

« Nessuno ti ha mai detto cos’è una compagna ? »

Guardo in basso, « Moi padre… » mi fermo, sentendo un dolore al cuore al solo pensiero di lui, « mi ha detto che un giorno avrei trovato qualcuno chiamato la mia compagna. Ma non mi ha mai detto cosa significasse, » continuo a sussurrare.

Lo sento passarmi le nocche sul viso, « Te lo spiegherò tutto più tardi, ma adesso voglio portarti fuori di qui e farti pulire, va bene ? Ti va ? » mi chiede, guardandomi preoccupato. Annuisco lentamente e lui si alza, aiutandomi a mettermi in piedi.

Beck mi aiuta a alzarmi e mi alzo senza problemi. È solo quando cominciamo a camminare lungo il corridoio attraverso il resto della prigione che inizio a barcollare. Ero stata rinchiusa in una cella piccolissima, 5x6, non camminavo molto, né percorrevo lunghe distanze. Appena comincio a inciampare, Beck si ferma, mi sostiene, e poi mi solleva velocemente, portandomi tra le braccia come in un matrimonio, attraversando la prigione.

Quando arriviamo alla porta per uscire da quel posto orribile dove ho trascorso gli ultimi due mesi e mezzo della mia vita, improvvisamente mi sento molto ansiosa e nauseata. Beck mi guarda, preoccupato, e mi mette giù velocemente.

Si abbassa per guardarmi negli occhi, « Alexia, tesoro, stai bene ? » mi chiede piano. Annuisco e alzo le braccia per farmi riprendere. Lui accetta, ridendo, e mi rilasso tra le sue braccia. Salendo le scale, verso la parte principale della casa del branco, comincio a sentire più rumori. Mi irrigidisco tra le sue braccia e so che ha capito che qualcosa non va. Come se leggesse nella mia mente, mi sorride dolcemente.

« Alexia, andrà tutto bene, non preoccuparti, » mi sussurra.

« Beck, non capisci, ci sono altre persone lassù ! Io… io non credo… non ce la faccio… I-Io non sono… » mi interrompo, imbarazzata. I suoi occhi si allargano con il suo sguardo di comprensione.

« Oh, Alexia, cazzo, mi dispiace, non avevo pensato… non me ne ero reso conto… » sbotta, per poi fermarsi, come se stesse pensando o fosse fuori da sé. Ho visto moi padre fare così mille volte, e so che deve star comunicando mentalmente. Restiamo lì per qualche minuto, poi all’improvviso, tutto tace e non si sente più alcun rumore dalla casa del branco. Respiro di sollievo, e Beck apre la porta della parte superiore.

Osservo tutto intorno a me, senza parole, e in estasi, mentre mi guardo intorno. La porta si apre su una cucina enorme con elettrodomestici in acciaio inox e piani in marmo. Il pavimento è in legno scuro, che sembra riempire tutto il primo piano. A sinistra c’è un soggiorno enorme, a destra un lungo corridoio. Beck si gira e vedo che la porta da cui siamo usciti è sotto una grande scalinata. Alla destra della porta c’è una grande tavola da cucina e un angolo per la colazione, che si dirama in una grande sala da pranzo. Beck entra nel grande atrio, completo di un lampadario di cristallo, e inizia a salire le scale. Mi tiene ancora tra le braccia, come se non pesassi nulla. Mentre cammina, continuo a guardarmi intorno, nella casa—o meglio, nella villa. Sembra combinare un’atmosfera vittoriana con accenti moderni. Non sembra che possa andare insieme, ma la casa è assolutamente splendida. Ha cinque piani e un seminterrato, e ci sono più stanze di quanto io possa contare.

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