Capitolo 6: Il weekend è arrivato
L’allenamento cominciava a dare i suoi frutti. Andava in palestra almeno tre volte a settimana e si sentiva meglio anche a livello mentale. Lo studio, il lavoro e la palestra le davano stabilità e la facevano sentire utile e attiva. Il rapporto con Liam migliorava a vista d’occhio. Pendeva dalle sue labbra ed eseguiva i suoi consigli come se fossero legge e questo lo compiaceva molto.
- Sei una discepola ligia al dovere. Ogni volta che ti guardo mi ricordi me quando avevo cominciato da poco, che bei ricordi. -
Era solito fare complimenti che lo includevano sempre. Complimenti velati, che però erano sempre rivolti a sé stesso. Tipico di Liam, egocentrico e megalomane, ma Kiara aveva cominciato ad apprezzare questo suo tratto caratteristico.
- Questo weekend vado a vedere l’università che frequenterò il prossimo anno. -
Liam la fissò interdetto.
- Non rimani qui? -
- No, mi hanno offerto una borsa di studio per l’università della California. Andrò a studiare architettura, come ho sempre desiderato. -
Liam si girò dall’altra parte per non mostrarle la faccia delusa. In cuor suo sperava che Kiara rimanesse lì, magari sarebbe diventata anche lei un’istruttrice e sarebbero rimasti insieme.
- Vado con mia cugina e le sue amiche. Verrà a prenderci il ragazzo di cui ti ho parlato. -
Liam la guardò. Gli occhi di Kiara brillavano per l’emozione.
- Ah, quello che ti ha detto che sei carina? -
Kiara gongolò e un sorrisetto apparve sul suo viso.
- E dimmi, lui che tipo è? - chiese Liam infastidito.
- Beh, ecco, lui è alto più o meno come te. Ha i capelli castani, corti e un po’ rasati sui lati. Gli occhi sono verdi, sembrano due smeraldi, grandi ed intensi. -
- Okay, ho capito. Ma com’è di carattere, intendo. -
- È un ragazzo dolce e gentile, non parla molto di sé. Suo padre è il C.E.O di una grande azienda e lui si occupa di istruire i ragazzi che lavoreranno lì. -
- Cosa fa? Lavora? Studia? - Liam voleva sembrare disinteressato, ma rodeva dall’invidia.
- Entrambi. Mi ha offerto una borsa di studio. -
Ecco, spiegato l’arcano! Pensò Liam.
- Ti ha imbrogliata. -
- Come scusa? -
- Ti ha scelta per farti diventare la sua schiavetta sessuale. -
Kiara rimase a bocca aperta.
- È impossibile. -
- Te lo dico io, ti ha attirata con l’inganno. Prima ti offre la borsa di studio per legarti a sé e poi dal momento che hai accettato, farà di te ciò che vorrà. -
Kiara provò a dire qualcosa per ribattere, ma non le venne in mente nulla che potesse convincere Liam del contrario.
- Funziona così il mondo. Nessuno dà nulla senza ricevere o aspettarsi qualcosa in cambio. -
Il discorso non faceva una piega, al massimo l’avrebbe stirata. Kiara si sentì a disagio e abbassò la testa.
- Kiara, promettimi che starai attenta. E sono contento che con te vengano anche le tue amiche. Ti avrei accompagnata volentieri, ma sono impegnato. Mi raccomando, sii prudente e cerca di non rimanere da sola con quel ragazzo. Non è affidabile. -
Argomento chiuso. E anche se ci fosse stato qualcos’altro da dire, Kiara non avrebbe detto nulla che avrebbe potuto intaccare Jacob. In fondo era sempre stato gentile con lei e non le aveva dato motivo di dubitare di lui.
***
Era stesa sul letto intenta a studiare, quando il cellulare squillò. Parli del diavolo... Jacob la stava chiamando.
- Ehi. - la voce calda di Jacob l’avvolse e Kiara per poco non scoppiò a piangere.
Aveva bisogno di quello, di quel calore che la sua voce sprigionava.
- Tutto bene? - si preoccupò Jacob, non sentendo la sua risposta.
- S-sì, è tutto a posto... -
- Sabato mattina vi vengo a prendere come d’accordo. Ti va dopo di andare a pranzare insieme? Naturalmente con le tue accompagnatrici. - propose malizioso, sperando di sentirla ridere o quanto meno emettere qualche suono.
- S-sì, certo. Va benissimo. -
Jacob staccò il cellulare dall’orecchio, lo fissò e lo rimise in posizione.
- Kiara è tutto okay? Ti sento strana. -
Kiara si morse il labbro, poi esplose.
- Perché hai voluto darmi la borsa di studio? Perché proprio a me? Cosa ci facevi al bar e alla festa di James? Perché sei venuto a casa mia? -
- Tecnicamente è casa di tua nonna. - cercò di sdrammatizzare lui.
- Hai capito cosa intendo! - ruggì furente, lasciando Jacob sbalordito.
Kiara si massaggiò la fronte e socchiuse gli occhi.
- Scusami, è stata una giornata intensa. Ti saluto. -
- No! Non attaccare! - la fermò lui.
- Che c’è? - chiese Kiara scocciata.
- Come mai sei così nervosa? Cos’è successo? Non sei la solita Kiara che conosco. -
- Perché tu la conosci? Jacob, ci siamo visti a malapena un paio di volte, sempre di sfuggita e dici di conoscermi. -
- Kiara... Quando vieni, se ancora vorrai, ti darò le risposte che cerchi. -
Questo è un ricatto bello e buono. E se fosse davvero come aveva detto Liam? Jacob era stato gentile e le aveva offerto la borsa di studio per soggiogarla?
- Vengo, ma non ti aspettare nulla da me. Sono brava a deludere. -
Detto ciò, chiuse la chiamata. Stavolta era stata lei a farlo, ma la fece sentire male e in colpa con Jacob. L’aveva trattato ingiustamente senza che lui avesse realmente fatto qualcosa nei suoi confronti.
***
Il tanto agognato weekend era arrivato, ma Kiara si sentiva ancora in difetto rispetto a Jacob. Da allora non si erano più sentiti. Controllò il cellulare e trovò un messaggio da parte sua: “vengo a prendervi alle undici, ci vediamo dopo”. Kiara sospirò e andò in bagno a lavarsi. Aprendo l’armadio scelse un pantalone scuro, una maglia a maniche lunghe grigia e una felpa blu. Per vestirsi ci mise più del previsto, sebbene avesse già deciso i capi da indossare e questa volta fu Amélie ad aspettarla. Era attacca alla porta e fremeva dall’eccitazione.
- Meno male, ce l’hai fatta! Pensavo che non saresti più venuta. - la aggredì sua cugina.
A differenza sua si era messa tutta in ghingheri. Indossava un vestito di lana aderente, sciarpa morbida, collant nere, cappotto lungo fino ai polpacci e stivaletti con un piccolo tacco. Il berretto aveva un piccolo pompon sulla cima e le conferiva un’aria più sbarazzina.
- Buona Amélie, è prima mattina. - bofonchiò lo zio.
In effetti era davvero presto. Il sole non era nemmeno sorto. Passarono a prendere le amiche di Amélie e si diressero verso la fermata del pullman.
- Mi raccomando, siate prudenti e Amélie: chiamami appena arrivate. - la preoccupazione di Marcus era evidente.
- Sì, va bene. - Amélie sbuffò. Kiara stava per salire, ma la mano di suo zio la trattenne.
- Se ci sono problemi, chiamami immediatamente. -
- Certo zio, ci penso io. - cercò di rassicurarlo.
Marcus le sorrise e le porte si chiusero. Il viaggio sembrò durare ore e quando arrivarono a destinazione, il panorama era completamente diverso. Kiara sentì sua cugina e le amiche lanciare gridolini. Erano tutte e tre con le facce incollate al finestrino e guardavano con entusiasmo la città che si stagliava davanti a loro. Appena il pullman si fermò, le ragazze scattarono in piedi come una molla e si lanciarono di corsa verso l’uscita. Kiara scosse la testa, ma in fondo anche lei era emozionata.
- Kiara dov’è Jacob? Ha detto che veniva a prenderci, no? - Amélie la guardò con impazienza.
- S-sì, ora lo chiamo. -
Prese il cellulare e cercò il numero di Jacob nella rubrica. Jacob rispose al secondo squillo.
- C-ciao, ehm, noi siamo qui. -
- Girati. -
Kiara si voltò e lo vide appoggiato ad una jeep nera. Il cuore cominciò a batterle forte in petto e fece un passo verso di lui. Stesso giubbotto di pelle dell’ultima volta, maglioncino chiaro e jeans scuri, stavolta senza strappi. Gli anfibi erano bassi e leggermente logori.
- Eccolo! - strillò sua cugina, in preda all’euforia più totale.
Le ragazze superarono in corsa Kiara, lasciandola indietro. Attorniarono Jacob, facendogli le feste. Lui rise e le salutò con calore. Kiara ripose il cellulare e raggiunse il gruppo.
- Ciao. - Jacob le fece l’occhiolino.
Prese gli zaini delle ragazze e li mise nel bagagliaio.
- Mi dai il tuo? - la sollecitò, porgendole la mano.
- S-sì certo! - Kiara gli allungò lo zaino e le loro mani si sfiorarono per un istante.
Un brivido di piacere le attraversò la schiena. Jacob chiuse il portellone e la guardò accigliato.
- Stai bene? -
Kiara annuì e si sforzò di sorridere. Si sarebbe voluta scusare con lui, ma non davanti a sua cugina, che sicuramente si sarebbe intromessa.
- Vogliamo andare? -
Amélie si era seduta di fianco al posto di guida e le ragazze dietro. L’unico posto disponibile era quello dal finestrino sinistro. Kiara salì e si mise dietro a Jacob. Notò che aveva dei tatuaggi dietro le orecchie e uno sul collo che finiva sotto la giacca di pelle.
- Dove vi porto donzelle? - chiese con grinta.
Le ragazze scoppiarono a ridere e Amélie gli diede una pacca sulla spalla.
- Dove desidera lei, milord. - replicò Amélie con fare civettuolo. Come le riusciva bene.
- Kiara hai fame? - si rivolse direttamente a lei.
Sua cugina si voltò a guardarla e le lanciò un’occhiata minacciosa.
- S-sì, ho fame. - abbozzò un sorriso e sperò che potesse bastare.
- Agli ordini! Vi porto subito in una piccola tavola calda, fanno dei pancakes da paura. -
Mise in marcia e si avviò con calma. Kiara lo osservò da dietro. Jacob guidava con prudenza e rispettava tutti i cartelli e limiti stradali. Di tanto in tanto dava un’occhiata nello specchietto retrovisore e ogni volta i loro occhi si incrociavano, ma poi Kiara distoglieva quasi subito lo sguardo. Arrivati alla tavola calda, le ragazze scesero velocemente dall’auto, allontanandosi velocemente dai due. Kiara si trovò faccia a faccia con Jacob.
- S-scusami Jacob, mi sono comportata davvero male con te l’ultima volta. - disse di getto, liberandosi da quel pensiero che l’aveva tormentata per tutta la settimana.
- Tranquilla, non sono arrabbiato. Però vorrei che mi spiegassi i dubbi che hai e soprattutto se sono tuoi o se te li ha fatti venire qualcuno. -
Amélie uscì dalla porta del locale.
- Venite? - urlò rivolta a loro due.
- Sì, arriviamo. Ordina dei pancakes con lo sciroppo d’acero. - rispose con prontezza Jacob.
- Per te vanno bene? - la guardò e le sfiorò una guancia.
- S-sì, certo. Grazie. - Kiara si staccò da lui e marciò verso l’ingresso.
Jacob sospirò e la seguì dentro. Raggiunsero il tavolo e Amélie gli tirò il braccio per farlo sedere vicino a lei. Kiara si accomodò dall’altro lato di fronte a lui. Mangiò in silenzio, cedendo la parola a sua cugina, che si divertì a monopolizzare la conversazione, ridendo con le sue amiche e spettegolando di alcune compagne di scuola. Jacob si finse interessato, intervenendo sporadicamente, senza aggiungere nulla alle chiacchiere tra ragazze. Si concentrò su Kiara, senza toglierle gli occhi di dosso. Amélie lo notò e cercò di riportare Jacob tra loro, facendogli domande generiche e superficiali.
- S-scusatemi, vado al bagno. - Kiara si alzò e si avviò verso la toilette.
- Scusatemi, vado anch’io. - Jacob si scrollò di dosso il braccio di Amélie e con passo veloce raggiunse Kiara.
- Stai bene? - Jacob le mise una mano sulla spalla, facendola voltare.
Kiara lo studiò un attimo.
- Vorrei delle risposte. - mugugnò sconsolata.
Jacob le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio.
- Le avrai, ma non ora. Dobbiamo disfarci di quelle guastafeste. -
Kiara sorrise e lo ringraziò. Jacob tornò a sedersi e questa volta partecipò alla conversazione con più energia. Finirono di mangiare e tornarono in auto. Jacob accompagnò le ragazze al b&b che aveva prenotato a nome suo.
- Ragazze, io e Kiara dobbiamo andare in un posto. Voi fate pure con calma. Sistematevi che poi passo a prendervi per fare un giro al campus. -
Scaricò Amélie e le sue amiche all’ingresso. Amélie provò ad obiettare, ma Jacob rimise in moto e sgommò via. Kiara lo guardò a bocca aperta e si voltò indietro.
- Hai visto la faccia di tua cugina? - Jacob si mise a ridere, contagiando anche Kiara.
- Non ne potevo davvero più dei discorsi incentrati esclusivamente su di lei. -
Kiara lo osservò di sottecchi e sorrise sotto i baffi.
- Che c’è? - domandò lui
- N-nulla. È che mi fa ridere. -
- Come accidenti fai a sopportarla tutto il giorno tutti i giorni? -
- Beh, quando metti il cervello in folle, sorridendo e annuendo a tutto ciò che dice, è più facile. -
Jacob rise di nuovo.
- Dovrebbero farti santa per la pazienza che hai! -
Raggiunsero un piccolo punto panoramico e Jacob spense il motore. Scese dall’auto, facendo segno a Kiara di fare lo stesso. Affiancò Jacob e quando guardò davanti a sé, rimase senza parole. Era davvero bellissimo.
- Jake, è bellissimo! -
- Jake? - chiese lui confuso.
- Oh, s-scusami. Mi è venuto d’istinto. Se non ti piace, non lo dico più. - farfugliò Kiara impacciata.
- No, no. Non è quello. Sono sorpreso, non me l’aspettavo. Nessuno mi chiama così, o almeno, è da un po’ che non mi sento chiamare così. -
Kiara lo scrutò, tentando di interpretare la sua espressione. Gli occhi di Jacob erano ridotti a due fessure e sembrava smarrito in qualche ricordo lontano. Per un attimo le venne in mente suo zio. Anche a lui succedeva di tanto in tanto di perdersi dietro a qualcosa che Kiara non poteva capire.
- Ad ogni modo, di cosa volevi parlarmi? - Jacob si ridestò dai suoi pensieri e la esaminò da vicino.
- Perché mi hai dato la borsa di studio? -
- Perché te la meriti. -
- Cazzate, dimmi la verità. - disse con veemenza Kiara.
- Vediamo, da dove posso cominciare... - Jacob stava prendendo la strada larga.
- Perché sei venuto nel mio bar? - lo interruppe lei.
- I ragazzi che erano con me hanno ricevuto le borse di studio finanziate da mio padre. Probabilmente entreranno nell’azienda una volta finita l’università. -
- Perché dici sempre “mio padre”? Non è un’azienda familiare? -
- Non proprio. -
- E perché eri alla festa di James? Non può essere una coincidenza. -
- Suo padre è in affari col mio ed ero andato lì per lavoro. -
Ah, quindi le cose stavano così. Pura e incredibile coincidenza. Da non crederci. Kiara si morse un labbro e tentò di aggrapparsi a qualcosa che potesse mettere in difficoltà Jacob e che lo costringesse a vuotare il sacco.
- Perché dici di conoscermi? - lo fissò con talmente tanta intensità che Jacob dovette abbassare lo sguardo.
- È una storia lunga e non ti piacerebbe ascoltarla. Non sei pronta. - Jacob virò lo sguardo altrove, sperando che Kiara non facesse altre domande sull’argomento.
Cosa? Perché tutti si ostinavano a non volerle mai dire le cose e diventavano vaghi quando provava a chiedere spiegazioni? Gli prese un braccio e lo scrollò.
- Jake, io ho bisogno di sapere! - lo supplicò.
Il ragazzo la guardò con estrema dolcezza e abbozzò un sorriso impercettibile.
- Ti prometto che ti dirò tutto a tempo debito. Ora preoccupati solo di crescere, mocciosetta impertinente. -
La attirò a sé e le mise le mani sui fianchi. Dio, quanto amava le curve morbide delle donne. Kiara si ritrasse, sfuggendo a quel contatto diretto e molto intimo.
- Che c’è? - Jacob ispezionò il viso di lei.
- I-io... Sono enorme. - disse affranta.
Jacob alzò un sopracciglio e si avvicinò pericolosamente alle sue labbra.
- E quindi? Questo dovrebbe spaventarmi o disgustarmi? - domandò con gentilezza.
- Non sono il tuo tipo. -
- Ed io sono il tuo? -
Kiara fissò le labbra di Jacob e ricordò il loro primo bacio. Il suo primo bacio. Perché no? Si alzò sulle punte dei piedi e sfiorò le labbra di lui che promettevano piacere e desiderio.
- Tutto qui? - Jacob la canzonò con divertimento.
Kiara divenne tutta rossa e si staccò da lui.
- I-io non so baciare. - si vergognava di risultare così goffa e alle prime armi.
- Mi stai dicendo che non hai mai baciato nessuno prima d’ora? -
Kiara scosse con vigore la testa e cercò di farsi piccola piccola. Lui le prese il volto tra le mani e le soffiò sulle labbra.
- Ti insegno io. -
Cominciò a baciarla con delicatezza, aumentando sempre di più la pressione. Kiara annaspò e cercò di riprendere fiato.
- N-non respiro! -
Jacob ridacchiò.
- Appoggiati a me. -
Kiara poggiò i palmi sul suo petto e senti i muscoli di lui tirarsi. Se lo immaginò senza maglietta e questo la mandò in cortocircuito.
- Non male per essere una novellina. - le fece l’occhiolino.
Jacob infilò le mani sotto la maglietta e sentì la pelle nuda di lei. La strinse, ma si accorse che Kiara cercava di allontanarlo.
- N-non ce la faccio. Mi dispiace. - disse con le lacrime agli occhi.
- Ehi, piccola. Va tutto bene. Tranquilla. - tentò di rassicurarla.
Kiara lo fissò e sorrise tristemente.
- Te l’ho detto. Sono brava a tradire le aspettative. -
E con questo si allontanò da lui e andò a sedersi in auto.
