Capitolo 4
Punto di vista di Melanie
Aprii gli occhi intontito al suono della porta del seminterrato che si apriva scricchiolando. La notte scorsa era stata un susseguirsi di sonnellini intermittenti, la mia stanchezza in lotta con la mia determinazione a restare vigile. Ma nonostante i miei sforzi, alla fine il sonno mi aveva preso.
Mentre mi sedevo dritto, massaggiandomi il collo rigido, una donna con un'uniforme da cameriera impeccabile stava scendendo le scale.
"Buongiorno." La donna mi accolse con un caldo sorriso e i suoi occhi si posarono brevemente su di me.
Portava un vassoio carico di piatti fumanti, che posò con cura sul tavolino di fronte a me. L'aroma della cioccolata calda appena fatta e delle uova strapazzate si diffuse, stuzzicando la mia fame.
Cioccolata calda! Mi viene subito l'acquolina in gola, è la mia bevanda preferita. Che coincidenza che mi servano proprio quella. Ho pensato tra me e me.
"Colazione", annunciò con voce dolce e distaccata.
La osservai con cautela, incerto se fosse un'amica o una nemica. "Chi sei?"
"Sono Alice, la cameriera." Rispose, con gli occhi amichevoli quando li fissai. Per qualche ragione stava sorridendo felice, facendomi inarcare le sopracciglia.
Sono tenuta in ostaggio e lei sorride come se nulla fosse accaduto?
La sua evasività ha acceso la mia curiosità. Era un'altra prigioniera o era fedele all'uomo misterioso?
"Stai bene?" chiese piano, mentre mi metteva la tazza di cioccolata calda tra le mani. Il calore della tazza che circolava nella mia mano, il fresco profumo di cacao che rilassava inconsciamente le mie spalle tese.
Per un fugace istante, mi sono sentita a mio agio e a casa. Ma è svanito, sostituito dalla realtà.
"Sto bene", dissi con voce piatta. "Che ore sono?"
"Sono le otto del mattino." Rispose. "Sarò fuori, chiamami quando hai finito." Fece un leggero inchino prima di lasciarmi solo.
Il cibo sul vassoio aveva un aspetto e un profumo appetitosi, il mio appetito era tentato.
"Potrei anche riempirmi lo stomaco." Scrollo le spalle, non ho intenzione di essere testarda e rifiutare queste prelibatezze per rabbia.
Rabbia per il fatto che sono stata tenuta in ostaggio da un criminale. Non può certo avvelenarmi a morte con il cibo, vero?
Ho cominciato a divorare il cibo, visto che la sera prima non avevo niente da mangiare.
Ho fatto un ruttino silenzioso dopo aver finito ogni singola cosa sul vassoio, inclusa la brocca di cioccolata calda e la bottiglia d'acqua. Ogni cosa.
"Alice." Chiamai, chiedendomi se potesse sentire. E... Lo fece, entrando nella stanza il secondo dopo.
Solo che questa volta era accompagnata da un'altra domestica, più o meno più giovane della mia età.
"Vedo che hai un sano appetito." Il sorriso di Alice tornò mentre raccoglieva i piatti vuoti e passava il vassoio all'altra cameriera
Annuii, provando un leggero imbarazzo nel divorare tutto. "Non ho mangiato ieri sera."
"Sono felice che ti sia piaciuto il pasto." La sua espressione si addolcì. Annuì all'altra cameriera di andarsene, ma prima che se ne andasse notai il suo sguardo che guizzava per la stanza e le sue mani tremavano un po'.
È un'altra prigioniera? Mi trasformerà anche io in una domestica?
All'improvviso sono diventato cauta.
"Alice," sussurrai, "chi è?" Chiesi, con voce appena udibile. Temendo che potesse saltare fuori dal nulla.
Alice si fermò e inarcò un sopracciglio.
"L'uomo di ieri." Cercai di spiegarle.
"Oh, intendi il mio capo?" Mi chiede e io scrollo le spalle, potrebbe esserlo. "Quello è il signor Adriano Alfonso." I suoi occhi brillavano di calore mentre parlava.
Alfonso! L'Alfonso! Adriano Alfonso!
Urlo dentro di me, gli occhi che mi escono dalle orbite. Un brivido freddo mi percorse la schiena, i piedi mi si gelarono.
"Cosa?" Non chiedevo a nessuno in particolare, ma Alice si prese la briga di rispondermi.
"Sì, è lui." Sorrise come se non fosse un granché.
È una cosa davvero importante!
Per l'amor di Dio, lui è il famigerato Adriano Alfonso, un uomo che perfino le forze armate temevano.
Un uomo che la fa franca con troppe cazzate, crimini che avrebbero fatto uccidere chiunque dalla legge. Un uomo il cui soprannome è
Come diavolo ho fatto a finire tra le sue braccia? Avrei potuto semplicemente fare quello che mi aveva chiesto e andare per la mia strada.
Ho sentito il suo nome solo nei notiziari, è sempre lui il titolo, soprattutto dopo uno dei suoi crimini brutali. Ma non hanno mai pubblicato il suo volto, è sempre di spalle alla telecamera.
Quindi non sono in molti a sapere che aspetto ha.
"Divertente. Nessuno mi dice di no. Nemmeno il dottor Danny qui." La sua risatina cupa e sonora mi fluttua nella testa.
"Vieni, capo, voglio che ti accompagni nella tua stanza." La voce di Alice squarciò il mio tumulto interiore.
"Eh?" chiedo quando le sue parole mi vengono in mente.
Cosa? La mia stanza? Come cosa, una cameriera?
"Non aver paura così tanto." Ridacchiò, palesemente spaventata.
Facile per te dirlo, io mi faccio beffe di me stesso.
"Il capo ti lascia andare al lavoro, ecco perché ti preparerai nella tua stanza", ha aggiunto.
"Cosa?" urlai questa volta. "Posso andarmene?" Quasi ricevuto, pensavo che sarei rimasta lì a lungo.
"Mm, in realtà no." Alice esita.
"Cosa intendi?" L'eccitazione abbandonò il mio flusso sanguigno proprio come era successo.
"Il capo ti permette solo di andare avanti con la tua giornata, il che include andare dal tuo tirocinante in ospedale e a scuola. Ma da qui." Ha detto.
Ho sentito il mondo intero fermarsi dopo le sue parole, evidentemente non mi sono ancora liberata da lui.
In cosa mi sono cacciata?, mi sono fatto prendere dal panico.
Avrei potuto rifiutare quando mi hanno offerto di entrare nel team, avrei potuto inventarmi una scusa ridicola allora. Ma no, volevo dimostrare di essere utile, e ora vedere dove sono arrivata.
Un vicolo cieco.
