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Capitolo 1: un adorabile disatro

Un'allegra canzone country risuona verso la mia stanza allo scattare delle sette del mattino, facendomi sobbalzare.

Allungo una mano sul comodino, cercando a tentoni di spegnere la radiosveglia, senza riuscirci; segno che una nuova giornataccia si sta presentando al mio cospetto.

《Accidenti!》esclamo infastidita alzandomi dal letto.

《 Ti odio! Un giorno o l'altro ti distruggerò!》dico camminando verso la scrivania della mia stanza, stando attenta a non inciampare tra le mie cose sparse sul pavimento.

《Dove diavolo sei finita?》dico cercando invano tra il disordine più assoluto; devo decidermi a dare una sistemata.

Mi fermo sul posto e affino l'udito; mi sembra di sentire le notizie sul traffico ora, provenire direttamente dal corridoio e mi precipito, finendo con l'impigliare la manica del pigiama sulla maniglia della porta che a sua volta si conficca nel mio braccio facendomi imprecare mentalmente per il dolore.

《Non può essere vero, non posso vivere costantemente un incubo!》

Sospiro con sollievo non appena quell'aggeggio d'antiquariato, regalatomi da mia madre, smette di strimpellare.

《Finalmente la pace dei sensi!》

Torno verso il mio letto e scopro con stupore che il mio piano messo a punto per essere puntuale, sembra aver funzionato alla perfezione.

Oramai è risaputo da tutti che oltre a essere melodrammatica e pessimista, ho uno spiccato talento nell'essere costantemente in ritardo ed è proprio per questo che ieri sera, prima di andare a dormire, ho astutamente pensato di posizionare la radiosveglia il più lontano possibile da me, in modo da non riuscire a spegnerla per poi riaddormermi.

Benissimo, con la crisi di nervi che ho appena scongiurato per raccapezzarmi, direi che il sonno mi è completamente passato; peccato che ero nel bel mezzo di un memorabile, romanticissimo e superlativo sogno hot e avrei preferito prima concludere qualcosa.

Succede sempre così, ormai dovrei averci fatto l'abitudine e invece no, mi rode il culo ogni santissima volta.

Sono sfortunata nella vita reale e anche in quella onirica e questo dato di fatto proprio non mi va a genio.

Neanche tra le braccia di Morfeo riesco a combinare qualcosa con uno straccio di ragazzo, farò meglio a considerare l'idea di adottare un gatto o due, perché di questo passo non troverò mai l'amore della mia vita.

Il mio telefono prende a squillare e so già di chi si tratta, proprio per questo lo ignoro e lascio partire la segreteria del numero fisso.

《Sono Georgia Tanning e se non vi rispondo non sono in casa o semplicemente non ne ho voglia, ma lasciate pure un messaggio dopo il segnale acustico...》

《Georgia Margaret!》la voce metallica che pronuncia con tono autoritario il mio nome per intero, la dice veramente lunga.

Potrebbe iniziare peggio di così questo lunedì?

《Continui a ignorare le mie telefonate, mi costringerai a venire a bussare alla tua porta! E se dovessi trovarti in compagnia, sappi che ti metterò in imbarazzo!》

Alzo gli occhi al cielo e mi decido ad affrontare la giornata.

Oramai conosco a memoria le cantilene di mia madre e ho scoperto che riesco a tollerarle meglio mentre sorseggio il mio caffè.

《Non posso credere che ieri hai dato buca a Scott! Quel povero ragazzo è stato ad aspettarti per due ore e tu non ti sei presentata!》

E chi diavolo è Scott ora?

Non ne ho mai sentito parlare e soprattutto non ricordo di aver accettato un suo invito.

Poso la mano sulla cornetta del telefono, ma resisto alla tentazione di rispondere per cantargliene quattro.

《Bella mossa mamma! Davvero astuta!》

Mi stava provocando inavvertitamente.

Sa bene quanto odio gli appuntamenti al buio e ha pensato che bluffando avrei risposto per chiedere spiegazioni.

《Non questa volta mamma!》esclamo soddisfatta.

《Oh andiamo Georgia, rispondimi! Ho una cosa veramente importante da dirti!》continua supplicando.

La telefonata fortunamente si interrompe, dopo che mia madre ha esaurito il tempo massimo di registrazione.

Prima che possa telefonare nuovamente, metto la linea fuori posto; so già cosa vuole dirmi e non ho voglia di ascoltarla.

Ho saputo che mia cugina Debby si sposa il mese prossimo e sono sicura che voglia mettere il dito nella piaga sulla mia questione amorosa, cercando di darmi stupidi consigli su come essere più allettante come donna e via dicendo.

《Eppure non sono così male!》

Cerco di autoconvincermi guardandomi allo specchio, scrutando la mia figura riflessa, speranzosa di trovare qualche punto forte nascosto.

Più guardo però, e più mi sembra di giocare a una caccia al tesoro senza premi.

Sicuramente ho un bel fondoschiena penso guardandomi.

《Mh.. no.. uff.. i miei glutei sono troppo cadenti, ci vorrebbe un po' di palestra, dovrei decidermi a usare il mio abbonamento prima o poi.》

Guardo ancora e con più attenzione.

《Però ho dei bei fianchi dai.》

Le mie maniglie dell'amore sono piuttosto pronunciate, non credo possano essere molto attraenti.

Abbasso un po' la scollatura della maglia del mio pigiama nero leopardato, l'unico capo del mio guardaroba che io possa definire wild.

Provo a mettere in bella mostra i miei seni e per poco non finisco in depressione nel vedere che riempio appena una seconda di reggiseno.

Però dai, tutto sommato sono.. sono... insomma..come potrei definirmi?

《Oh! Al diavolo!》sbuffo imperterrita.

Dopotutto non sono per niente da buttare e i miei pregi devono farmeli notare gli altri, nello stesso modo che mi fanno notare i difetti, altrimenti peccherei di modestia e presunzione, aggiungendo altri punti alla lista nera della mia cattiva condotta.

Per carità!

Sono sicura che se solo le persone, sopratutto i ragazzi, si fermassero a conoscermi un pò di più, resterebbero piacevolmente sorpresi.

Ammetto che forse ho un carattere un pò difficile, però non è del tutto colpa mia; è la vita ad avermi resa restia verso il prossimo e il lavoro in banca non aiuta minimamente.

Non è per niente facile trattare con le persone di famiglia e i conoscenti, figuriamoci con degli estranei.

Molte pubblicità mostrano modelle che lavorano negli uffici contabili come se fosse l'impiego più bello del mondo.

Si vedono sempre rilassate e con un sorriso smagliante, sedute dietro a una scrivania come se si trovassero al centro benessere, mentre sorseggiano tranquillamente un tè oppure un caffè con i clienti, parlando di affari a più cifre come se si stesse trattando della ricetta per cucinare il tacchino del ringraziamento.

Ti invitano a richiedere un prestito come se ti volessero semplicemente regalare dei soldi.

《Perché noi vogliamo solo realizzare i vostri sogni!》dico imitando la voce del mio superiore.

Questo è il nostro motto vincente che accalappia poveri ingenui; ingordi di gloria che non si rendono conto di vendere silenziosamente l'anima al diavolo.

L'unico motivo per cui non ho ancora perso del tutto le staffe, è che ho bisogno di questa maledetta busta paga, ma devo ammettere che sono veramente al limite delle mie forze.

Non dimenticherò mai il giorno che si presentò nel mio ufficio una donna molto anziana, prossima ai novant'anni,che voleva farsi carico di un mutuo mettendo in garanzia i suoi organi vitali.

Venne addirittura con un certificato medico che attestasse le sue ottime condizioni fisiche.

Mi ci volle un'ora intera per spiegarle che non era possibile avviare alcuna pratica ed ebbi anche un richiamo dal mio superiore, perché le moine e il tatto vanno usati solo con potenziali clienti, tutto il resto dei candidati sono come feccia che porta via tempo prezioso.

Questo comunque, è solo uno dei tanti episodi che ha rischiato di farmi impazzire, ma come potrei mantenere i nervi saldi e predispormi a essere cordiale e accondiscente a fine giornata?

Finito l'orario di lavoro desidero soltanto do rintanarmi nel mio piccolo monolocale.

《Quanto vorrei che non servissero i soldi per vivere》dico mentre mescolo il mio caffè affinché si addolcisca.

"Georgia il denaro non è tutto, quando si ha l'amore non occorre più nulla."

Ecco che torna a ronzarmi nella mente una delle tante perle di saggezza di mia madre.

《Grazie tante mamma!》esclamo come se potesse sentirmi e sbuffando pensando che potesse vedermi.

Purtroppo io non ho ancora trovato la persona giusta da amare, quindi ho bisogno almeno di un minimo salario e inoltre, con l'amore non si paga l'affitto, devo ricordarmi di farglielo sapere.

Sembra che al giorno d'oggi sia estremamente importante pianificare ogni secondo della propria vita in base a degli standard e io, che mi ritrovo fuori dal coro, sembro essere solo una pecora nera.

Ho ventitré anni e ancora non ho ben capito quali sono le mie ambizioni, le prospettive, i traguardi che vorrei raggiungere.

Non so ancora quale strada intraprendere per garantirmi un futuro degno di essere vissuto, ma diciamo che forse sarà anche il caso di affidarsi un po' al fato.

Mia madre mi direbbe che è tempo di maturare e assumersi le proprie responsabilità, perché non posso lasciare fare al destino, ma io non la penso così.

La mia unica certezza consiste nel lasciare questo lavoro, dopo averne trovato uno migliore però e al momento non ho particolare fretta.

Come non ho poi tutta questa fretta di trovare un bel ragazzo tutto per me, dopotutto sono ancora giovane.

Se solo tutti non sentissero il forte bisogno di mettermi costantemente pressione e di interferire nella mia vita, magari potrei risparmiarmi qualche rogna.

Mi hanno organizzato così tanti appuntamenti al buio, che da allora ho paura di spegnere la luce anche in casa, retoricamente parlando ovviamente.

Non sono ancora un caso così disperato, quindi preferisco sperare che prima o poi sarà l'amore a trovare me, un po' come nelle favole.

《Forza Georgia! Datti una mossa e vai a lavorare!》dico balzando in piedi e incitandomi a non perdermi nei miei pensieri.

Come ogni mattina, prima di uscire di casa, mi ritrovo a incoraggiarmi avanti a uno specchio e ad augurarmi buona fortuna, sapendo di averne estremamente bisogno.

Stranamente pare che questo lunedì voglia essere clemente con me.

Mi sono preparata in men che non si dica e sono in perfetto orario, oserei dire che sono quasi in netto anticipo rispetto al solito, tant'è vero che ho deciso anche di indossare le scarpe con un bel tacco dodici, abbinate al mio tailleur pantalone grigio perla.

Mia madre sarebbe fiera di me.

Solitamente non rinuncio alle mie amate scarpe sportive, ma questa mattina ho voluto osare e infatti le rimpiango subito.

Tutto l'incoraggiamento di questo mondo non basterà mai a farmi camminare sotto una buona stella, poiché la sorte di questa mattina alla fine mi ha rifilato un tacco incastrato in un tombino, un'auto che mi innaffia passando in una pozzanghera mentre cerco di liberare la mia scarpa e inoltre, avevo completamente dimenticato che vivo a Manatthan la città più frenetica del distretto di New York, quindi ci vuole un'ora per trovare un taxi libero.

Arrivo sul posto di lavoro con circa dieci minuti di ritardo, poco male mi viene da pensare, considerando i miei record.

《Georgia! Nel mio ufficio! Immediatamente!》

《Merda!》

Il mio capo sembra più nervoso del solito; non mi da nemmeno il tempo di accendere il computer che già mi reclama.

Inspiro ed espiro freneticamente per cercare di placare il mio imminente esaurimento nervoso.

《In bocca al lupo amica mia》sento dire alle mie spalle.

Per fortuna esiste ancora qualche anima buona sempre pronta a tifare per me.

Michelle, la mia collega nonché migliore e unica amica, mi mostra le sue dita incrociate affacciandosi dal suo reparto.

L'ho conosciuta tre anni fa,quando ho cominciato a lavorare qui come stagista.

Mi ha dato parecchie dritte ed è solo grazie a lei che ogni giorno trovo la forza di tenermi questo posto, forse ancora per poco però.

Le rivolgo un sorriso a denti stretti e incrocio le dita a mia volta e mi avvio verso l'ufficio del mio capo, il signor James Adam Burty; un uomo sulla quarantina, un pò in sovrappeso e anche troppo affettuoso con le dipendenti per i miei gusti e questo è uno dei motivi per cui non amo agghindarmi particolarmente per venire in ufficio.

Cammina con quella sua aria di superiorità, come se fosse chissà chi.

Gli tirerei volentieri una sberla su quel suo testone pelato e tirato a lucido. Scommetto che è solito lustrarlo con la cera per i pavimenti, visto come riflette bene le luci a neon.

《Signor Burty voleva vedermi?》dico abbassando lo sguardo.

Mi odio profondamente quando mi sforzo di essere così accondiscentente.

《Signorina Tanning, non le hanno insegnato bussare?》

Iniziamo bene, penso.

Dovevo bussargli sulla testa forse.

Alzo gli occhi su di lui e il suo disappunto mi mette a disagio, mi incute timore.

《Ma.. ma.. signor Burty! Siamo quasi praticamente entrati in ufficio contemporaneamente!》dico giustificandomi, perché è vero.

《Ah si? E con ciò?》risponde con il suo solito fare onnipotente.

Calma Georgia! Pensa al salario! Digli che ha ragione, come si fa con i fessi, e buttiamoci questa giornata alle spalle.

《Mi scusi signor Burty》rispondo educatamente.

Il presuntuoso sorride compiaciuto, dando un morso ad una brioches e prendendo posto alla sua scrivania.

Stronzo! Poi sarei io la maleducata.

Vorrei rompergli sulla testa quel vaso cinese che non fa altro che mettere in mostra come reliquia.

Secondo me l'ha comprato in qualche mercatino dell'usato per pochi spicci e ora vuole spacciarlo per reperto antico.

《Così va meglio!》aggiunge sputacchiando.

Andrebbe meglio anche se misteriosamente si strozzasse con una briciola, invece di usare quella bocca come una cerbottana.

Faccio per accomodarmi, ma ovviamente sbaglio ancora una volta.

《Ma insomma signorina! Questa mattina per la fretta ha dimenticato le buone maniere? Non le ho mica detto di accomodarsi?》

Balzo rapidamente in piedi, scusandomi senza alcuna dignità.

《E cosa fa impalata in mezzo alla stanza? Si sieda! Così mi fa innervosire!》aggiunge sbraitando.

《Si signor Burty!》dico annuendo vigorosamente.

《E non parlarmi come se fossi un tenente》

《Mi scusi.......bruttafacciadascimmia calvaconleemorroidi》

Borbotto tutto il mio disprezzo senza prendere fiato, dandomi anche un  contegno; avrei detto di peggio.

《Cos'ha detto?》chiede alzando un sopracciglio.

È ufficialmente giunta la mia fine.

《Nulla nulla! Schiarivo la voce!》

Peggio di così non può andare, mi tocca arrampicarmi sugli specchi oramai.

《Faccio finta di crederle, giusto per non peggiorare la sua condotta!》continua sorseggiando rumorosamente dalla sua tazza.

Che schifo!

Quanto vorrei spillargli tutti i fogli dell'ufficio sulla fronte.

Questa mattina sta tirando proprio fuori il peggio di me, anche perché immaginando la scena, riesco a stento a trattenere una risata.

《Dunque.. si è presentata con questo aspetto più orribile del solito....》dice scrutandomi quasi disgustato.

Ma come si permette?

Parla così solo perché non riesce mai a specchiarsi e quindi a vedere il suo riflesso.

Gli specchi si autodistruggono appena si avvicina, dovrebbero arrestarlo per specchicidio.

《....con un'ora di ritardo...》aggiunge spuntando delle voci dal registro dei dipendenti.

《Veramente sono in ritardo di circa dieci minuti per essere precisi》rispondo controllando l'orologio appeso alla parete.

《Signorina! L'orario di lavoro comincia alle 08:30, sono le 9:00 in questo istante, a casa mia equivale a un'ora!》

Scruto perplessa la sua espressione, sperando che stia scherzando e purtroppo vedo che è serissimo.

《Mi scusi, ma ha calcolato con qualche fuso orario? 》chiedo senza riuscire a controllare la mia bocca.

Mi viene spontaneo porgergli questa domanda, vorrei anche dirgli che la matematica non è un'opinione, ma finirei sicuramente per cadere in un circolo vizioso fatto di proverbi detti male e non posso permettemelo.

《Insolente, come si permette? 》dice urlando, mostrando sempre più la sua natura da orco.

《Mi scusi》rispondo nuovamente, battersi per la ragione sarebbe inutile;

quest'uomo è proprio un asino e si trova a dirigere una banca abbastanza prestigiosa, non capisco proprio come.

Si sistema il nodo della cravatta e si gratta disgustosamente tra le gambe; potrei vomitare.

《Comunque, voglio darle la possibilità di giustificarsi, nonostante le sue solite stramberie, si è dimostrata sempre una dipendente discretamente efficiente. Mi dica.. come mai si è presentata con questo ritardo notevole ed in questo stato?》

《Ecco, bhè io...》penso a cosa dire, dopotutto ho bisogno di questo stipendio, tanto vale tentare di recuperare il recuperabile《.... ho soccorso una vecchietta che era scivolata in una pozzanghera》rispondo pendendomi subito.

《Non mi dica》dice scettico, ma reggendo il mio gioco 《 questo le fa onore》continua quasi complimentandosi.

《Peccato che è una balla assurda. Cosa ci faceva una vecchietta per le vie di Manhattan di buon ora e con questo tempaccio?》

《A quanto pare era malata di Alzheimer e credeva di doversi recare a lavoro anche lei,come quando era ragazza!Faceva una tale tenerezza mentre implorava a un altro soccorritore di non licenziarla, credeva fosse il suo dirigente. Controlli se non mi crede, sicuramente più tardi verrà pubblicato qualche video virale su internet o qualche articolo!》dico sicura, quasi credendo alla stupidaggine detta.

《Bhè, vista la situazione, non la licenzierò, ma comunque lei ha sbagliato! Poteva avvisare del suo ritardo; quindi rimarrà due ore in più oltre l'orario di chiusura questa settimana, ovviamente senza retribuzione. Ora può andare e mi porti un altro caffè!》dice condendandomi.

《Ma certo, la ringrazio per la sua clemenza. Con permesso, vado subito a prepararle il caffè!》dico incredula per averla scampata anche questa volta.

Dopo avergli consegnato il caffè, che fortunatamente non ho avvelenato, raggiungo subito il mio ufficio dove Michelle mi aspetta con le mie cose impacchettate.

《Michelle cosa stai facendo?》chiedo.

《Ti ho preparato le tue cose, così sarà meno doloroso per te lasciare questo posto》dice quasi con le lacrime agli occhi.

《Ma cosa stai dicendo? Non sono mica stata licenziata!》

《Sul serio? E come hai fatto a convincerlo questa volta? Le sue urla rimbombavano in tutto l'edificio, ho temuto il peggio!》

《Te lo racconto questa sera dopo aver bevuto qualcosa di forte》dico invitandola per una serata tra donne. 《Ah però io finisco due ore dopo di te》chiarisco con amarezza.

Michelle annuisce, torturandosi nervosamente tra le dita, una ciocca dei suoi capelli biondi.

《Capisco, ti ha dato gli straordinari da fare gratis, bhè ti farò compagnia e insieme poi andremo a sgolarci una buona quantità d'alcol!》dice con la sua innata dolcezza.

《Grazie Michelle, ti ho mai detto che sei la migliore?》

Michelle uscendo dal mio ufficio mi lancia un occhiolino, soddisfatta e sicura di sé.

《Non ho bisogno che tu me lo dica, so già di esserlo!》aggiunge poi tornando al suo lavoro.

Il resto della mattinata passa stranamente tranquillo.

Ho un appuntamento per una consulenza con un nuovo cliente alle tre del pomeriggio, quindi mi preparo psicologicamente all'eventualita che possa essere l'ennesimo tipo un pò suonato che vuole ricevere un prestito usando come garante il prestanome del suo cane.

Bussano alla porta del mio ufficio in perfetto orario e immedesimandomi nell'impiegata modello, indosso i miei occhiali da vista e guardando lo schermo del mio computer invito ad entrare.

《Avanti!》

Entra un uomo distinto e apparentemente di bell'aspetto,

credo abbia intorno ai cinquant'anni.

Porta degli enormi occhiali da sole che gli coprono metà volto e continua a indossare un cappello, nonostante sia buona norma toglierlo al cospetto di una donna.

《Buongiorno, mi chiamo Donald Fuller, la ringrazio per avermi ricevuto》dice dopo essesi schiarito la voce.

Gli stringo cordialmente la mano, notando che indossa dei guanti di pelle.

Un brivido mi percorre stranamente la colonna vertebrale, mandandomi un impulso nelle viscere.

《Georgia Tanning, prego, si accomodi e mi dica in cosa posso esserle utile!》dico mascherando il mio disagio.

《Bene, lei va dritta al sodo, mi piace! Quindi mi dia la combinazione della cassaforte centrale e non le accadrà nulla!》

Resto un momento interdetta, probabilmente ho capito male, devo smetterla di vedere film polizieschi fino a notte fonda, mi rendono sospettosa.

《Mi scusi può ripetere, non sono sicura di aver ben capito!》chiedo titubante.

《Ha capito benissimo invece!》

Scosta un lembo del suo impermeabile mostrandomi una pistola che poi prende e mi punta in viso.

《Mi dispiace ma io non sono a conoscenza della combinazione, sono una semplice impiegata, come potrei avere un'informazione del genere?》dico cercando di ricordare le varie istruzioni che ci sono state spiegate durante un corso sulla sicurezza.

L'uomo mi guarda senza lasciar trapelare alcuna espressione.

《 È un vero peccato, sono costretto a piantarle una pallottola in fronte dice poggiando la canna della pistola sulla mia tempia.

Il contatto con il freddo metallo mi fa perdere la testa, vado nel panico totale,non voglio morire.

La disperazione mi porta a cedere senza nemmeno provare a chiedere aiuto.

《No no, aspetti! Non ho la combinazione, ma ho un pass, sicuramente lascerà accedere senza problemi!》

Il mio è solo un modo per prendere tempo e poter avvisare la sicurezza e scappare via, non voglio finire i miei giorni in questo posto.

Mi sfilo dal collo il mio tesserino e glielo porgo, pronta a premere il pulsante antirapina posto sotto alla scrivania.

《Molto bene, grazie signorina, sono contento che lei abbia collaborato!》

Dandomi un colpo alla testa col manico della pistola, il malvivente ha lasciato che perdessi i sensi e dopo non so quanto tempo,mi sveglio con un cerchio alla testa e nel caos più totale.

《Tanning! Sei licenziata! Ci hai lasciati derubare! Fuori di qui!》

Il mio capo è furibondo e alcuni agenti di polizia si sono visti costretti a trattenerlo con la forza per evitare che mi saltasse addosso mentre ero stesa sulla barella.

《Ma... stavano per spararmi!》dico con un filo di voce, ancora troppo sotto shock per poter reagire diversamente.

Dopotutto sono anch'io parte lesa.

《E allora? Via di qui! Prima che ti faccia sbattere fuori a calci!》

Il signor Burty sta mostrando la sua indole spregevole e sembra che mi ritenga l'unica responsabile di quanto accaduto.

Improvvisamente mi risveglio dal mio stato di trance; ho visto la morte con gli occhi e sono felice di essere viva,

non mi lascerò trattare così da questo bastardo, io sono un essere umano e merito rispetto.

《Sa cosa le dico? Vada al diavolo! Se avessi saputo prima, avrei dato realmente una mano al malvivente!》

Sbattendo la porta, decido di allontanarmi da quel postaccio orribile.

Prendo il telefono dalla mia borsa e contatto Michelle che risponde al primo squillo.

《 Georgia, dove sei? Grazie al cielo stai bene!》dice preoccupatissima.

《Sto andando ad ubriacarmi al Bryan's, vuoi raggiungermi?》rispondo trattenendo le lacrime.

《Sono stata convocata per essere interrogata, ma vedrò di raggiungerti il prima possibile. Ma a proposito, tu non hai dovuto rispondere a delle domande e via dicendo? 》chiede perplessa ed effettivamente, in base ai polizieschi che guardo in tv, solitamente gli interrigatori sono di prassi, ma sono felice di essere libera.

《Al momento no, ma parleremo di persona! Al momento non voglio pensare a nulla!》

Sento la mia voce tremare, mi sto lasciando andare alle lacrime.

《D'accordo, non fare stupidaggini, stai attenta!》

Che assurdità! Io non commetto stupidaggini, sono loro a prendermi di mira.

《A presto Michelle!》

Arrivo al Bryan's già barcollante, dopo che il tacco della scarpa ha deciso di rompersi definitivamente.

Il tepore del mio locale preferito, situato leggermente in periferia, mi accoglie facendomi sentire quasi a casa.

《Seath,il solito grazie! Ma doppio, anzi triplo!》

Seath è il gestore, nonché un mio vecchio compagno del college.

Lo incontrai per caso al supermercato della zona, mentre ero in pausa pranzo e notai una quantità spropositata di liquori nel suo carrello; mi disse che si era dato all'imprenditoria di questo locale e di li a poco divenni una cliente non fissa ma direi abituale.

《Cavolo, addirittura triplo? Hai avuto proprio una brutta giornata allora!》

Seath parla mettendo in mostra il suo sorriso smagliante e dilettandosi in alcuni movimenti acrobatici con le bottiglie.

In altre occasioni avrei vantato questa sua dote da barman, ma oggi ho bisogno solo di dimenticare.

《No comment.》

Mimo di serrare la bocca e di buttare la chiave.

《Okay okay, triplo cosmopolitan in arrivo!》dice Seath porgendomi il bicchiere.

Lo tracanno quasi d'un fiato e già la vita mi sembra migliore.

Al quarto giro, non sono sicura di ricordare più il mio nome e la cosa mi piace.

Non sembrerebbe, ma essere me è veramente impegnativo.

《Sssssssccccccheat? Seat, per fa..fa..favore! Tirami un altro drink prego... Grazie. … auguriiiiiii》》

Mi viene da ridere nel sentire la mia voce, mi piacerebbe guardarmi dall'esterno del mio corpo.

Come si può non amarmi? Sono così simpatica.

《Forse sarà meglio darsi una calmata non trovi? Sei già bella cotta, perché non vai a riposarti un po' nel mio ufficio? Ho un comodo divano!》

Non capisco molto di ciò che dice Seath, ma ho capito  benissimo che mi è stato negato un altro drink e la cosa mi disturba e per questo mando in frantumi un bicchiere.

《E tu chi scccei? La fata...madrina? Non vedo neanche l'ombra del cristallo sui miei piedi, quindi scei licenziato sccccheat!》

Continuo a biascicare le parole tra una risata e l'altra, finché una voce sconosciuta interrompe con prepotenza la mia festa privata.

《D'ora in poi ci penso io a lei!》

Oh ho! Un cavaliere errante è pronto a farsi carico della mia ebrezza.

《Non credo che tu possa avere pretese su di lei!》

Seath risponde a tono, ma io inizio a essere meno lucida e le voci iniziano a risuonare nelle mie orecchie in un modo fastidioso.

《Non credo che tu voglia avere problemi con me e farti riempire la faccia di pugni.》

Sento alcune minacce, ma non capisco da chi provengano.

Sto per perdere del tutto la lucidità, ma prima di allora mi decido a voltarmi per vedere chi stesse parlando alle mie spalle.

Incontro immediatamente due occhi verdi magnetici e tutto il resto della mia giornata smette completamente di avere senso.

《Il principe azzurroooooo…》

Urlo alzandomi dallo sgabello che avevo occupato proprio vicino al bancone e crollo nel buio della mia sbronza colossale. 

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