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LA RAGAZZA DELLA NEVE

«Io credo valga sempre la pena di vivere un'emozione. Voi No?» domandò Philip ai suoi fratelli, mentre percorrevano il sentiero che dal rifugio di montagna li riportava verso la strada principale.

«Le emozioni danno un senso alla vita, fratellino. Il tuo problema è che ne vivi ogni giorno con una ragazza diversa! Tu non provi emozioni, ti lasci inebriare dalla conquista, tutto qui» rispose Ste, il fratello maggiore.

«Vuoi dire che andare a caccia di bellissime, sensuali, sexy ragazze di città non è emozionante?» ribatté il giovane Philip ammiccando.

«Certo, se vuoi scappare da fidanzati e mariti gelosi per tutta la vita! Non ti è bastata la lezione che ti ha dato l'ultimo? Se ben ricordo ti ha ridotto proprio male quello lì. Non hai potuto lavorare per tre giorni» puntualizzò il secondogenito Tony.

«Ma che ne capite voi!? Vi interessa solo il lavoro. Lavoro, lavoro, lavoro... Io nella mia vita voglio di più: passione, mistero, una donna che mi faccia gonfiare il cuore... e non solo. Una femmina "bollente" che mi scopi sempre come fosse la prima volta! Voglio adrenalina, il respiro che si blocca in gola ad ogni carezza. Voglio avventura e pericolo, ma sopratutto voglio andare via da questo posto di boscaioli» disse Philip tristemente sognante.

«Continui a dirlo, ma rimani sempre qui a combinare guai» fece notare Tony.

Il fratello minore spingendolo scherzosamente rispose alla frecciatina: «Resto qui per voi due. Come fareste senza di me? La vita qui è talmente noiosa... almeno io ve la movimento un po'. Se me ne andassi fareste la fine dello zio Albert, morto da solo di noia!».

«Forse, invece, se non dovessimo badare a te e sistemare i tuoi casini, avremmo tempo per farci una vita!» disse Ste prima di bloccarsi di botto ai margini del sentiero.

«Come no, una elettrizzante vita da taglialegna in uno dei posti più monotoni del pianeta. Cosa c'è? Perchè ti sei fermato?» chiese Philip.

«Cos'hai visto fratello?» chiese Tony, incuriosito dall'espressione seria di Ste.

Il più grande dei fratelli aveva notato qualcosa a pochi metri dal sentiero, un corpo disteso nella neve fra gli alberi del bosco. Gli parve strano: aveva nevicato copiosamente fino ad un paio d'ore prima, nessuno sarebbe uscito con quella tempesta. Facendosi strada nella neve fresca, si avvicinò a quella figura avvolta in un mantello porpora. C'era del sangue che macchiava la neve ai lati del corpo di quella che risultò essere una ragazza priva di sensi.

«È una donna. È svenuta ed il battito è debole.» Ste prese in braccio la ragazza, con delicatezza, poi si rivolse di nuovo ai suoi fratelli: «La porto al rifugio, voi andate in paese a comprare da mangiare e delle garze. Credo sia ferita al fianco, bisognerà medicarla e ci sono rimasti pochi medicamenti, grazie a Phil».

I ragazzi si guardarono per un istante per poi far cadere nuovamente l'attenzione sul fratello che reggeva in braccio una figura arrotolata in un pesante mantello, inusuale per quel posto e per quel secolo!

«D'accordo, se serve altro chiama Teresa al Market. Noi torneremo quanto prima con le vivande.» Tony rassicurò il fratello, visibilmente scosso da quel singolare ritrovamento, prima di proseguire lungo il sentiero che portava al paese.

Nella foto: Antony, Stephan e Philip.

Stephan, Antony e Philip erano tre ragazzi sulla trentina, rimasti soli dopo la morte del padre. Della madre non avevano mai saputo molto, gli avevano detto che si era ammalata quando loro erano piccoli, per poi venire a mancare poco dopo, ma non tutti nel paesino di Woodsvilles portavano avanti quella versione. C'era un'anziana signora che conosceva molte storie su ciò che era avvenuto l'anno in cui la loro madre scomparve. La signora viveva con suo marito, un uomo scontroso e taciturno in una casa vicino la loro. Si faceva chiamare Baba ed era quasi come una nonna per i tre ragazzi, anche se il padre non gradiva che le facessero visita, per via delle storie che raccontava: storie di demoni e spiriti del bosco. I fratelli Busco, ormai, frequentavano poco il paese e la loro casa, preferendo il rifugio fra i boschi a due chilometri dalla strada principale. Si dedicavano alla caccia e avevano iniziato a produrre mobili e utensili di legno, intenzionati ad aprire una vera falegnameria. Solamente il più giovane dei tre era solito fare una vita più "mondana", andando spesso anche nelle cittadine vicine, alla ricerca dell'amore, diceva.

Ste ritornò allo chalet con la ragazza fra le braccia ancora incosciente. L'adagiò piano sul suo letto e le slacciò lo strano mantello che aveva allacciato sul petto. Sembrava la comparsa di un film d'epoca. La giovane indossava un vestito color crema logoro, macchiato di sangue e terra. Non era certo un vestito di quei tempi: aveva una sorta di bustino che le metteva in risalto il seno prosperoso e valorizzava una vita stretta, in contrasto con i fianchi più arrotondati. La parte inferiore era morbida, lunga sino alle caviglie, ed ai piedi indossava degli stivaletti di pelle beige cucini a mano. Non aveva documenti, ne portafoglio, ne qualsiasi altro oggetto risalente a quel secolo. Aveva delle mani piccole e all'anulare della mano sinistra portava un anello con una pietra di forma ovale, di un rosso brillante, probabilmente un rubino. I suoi capelli erano color caramello e la sua pelle era candida, arrossata dal freddo. Al collo notò una collana in oro con un pendente: era come una medaglia con inciso un simbolo mai visto, una sorta di spada o pugnale con sopra una mezza luna capovolta. Il ragazzo sapeva di dover controllare la gravità della ferita che aveva sul fianco, ma non riusciva a ragionare, incantato da quella piccola donna incredibilmente bella distesa sul suo letto.

Ste tornò in se solo dopo che la ragazza si mosse. Il suo viso delicato si contrasse in una smorfia di dolore. Riaprì gli occhi per un istante, impaurita, e sembrava volesse alzarsi a sedere, ma ricadde subito sul letto, con fare esausto.

«Ehi, come ti senti? Domanda stupida... Ti ho trovata nel bosco. Stavo per medicarti, hai una brutta ferita.» Ste provò a comunicare con la sconosciuta che però in risposta gli diede solamente un lamento dolorante. Il ragazzo allora si avvicinò di più al letto, con in mano la valigetta del pronto soccorso e continuando a parlarle cercò di pulire la lesione che aveva al lato destro del fianco.

«Non riesco a vedere quant'è profondo il taglio, dovrò toglierti il vestito.» A quell'idea Ste arrossii. Forse sarebbe stato troppo difficile spogliare quella ragazza, slacciarle il lacci del corsetto, farla alzare... per non parlare di quanto sarebbe stato imbarazzante. Così alla fine il ragazzo optò per un altro modo: prese delle forbici e tagliò il vestito in prossimità della ferita. Dopo averla pulita e disinfettata, si rese conto che le servivano dei punti. Era uno strano taglio, profondo poco più di due dita. Vi applicò un unguento, che serviva a far sì che non si infettasse, dopodiché cominciò a ricucirla.

«Perdonami, ti farà un po' male» le disse, ma la ragazza continuò a restare immobile incosciente. Quando i fratelli tornarono nella baita, Ste aveva finito di medicare la ragazza, ancora addormentata. Dopo ave acceso il camino, si era messo a leggere uno dei libri di sua madre, in attesa che la ragazza riprendesse conoscenza.

«La nostra cappuccetto rosso si è svegliata?» chiese Tony.

«Più che "cappuccetto rosso" direi che assomiglia alla Bella addormentata» rispose Philip per poi continuare: «Posso provare a darle un bacio, magari è vittima di un incantesimo!» scherzò.

«Stai al tuo posto, "principe azzurro". Deve averne già passate abbastanza» disse il fratello maggiore.

«Ho dovuto cucirle la ferita. Sembrava fatta da un'arma da fuoco, ma non era abbastanza profonda e non c'erano bruciature intorno. Troppo grande per essere stata fatta da un coltello...»

«E da una freccia? L'ho trovata a pochi metri da dov'era il corpo...» disse Tony, esibendo un bastoncino di legno dalla punta di ferro.

«Una freccia, potrebbe essere!» rispose Ste, prendendola in mano per esaminarla.

«Ma chi è che va in giro a scoccare frecce nel nostro bosco, con questo tempo per giunta?» domandò Philip.

Il fratello maggiore posò gli occhi sulla ragazza e rispose: «Non lo so, ce lo potrà dire solamente lei, quando si riprenderà».

Il rifugio era costituito da un unico grande ambiente dove c'erano tre letti, un camino, un cucinino con un tavolo per consumare i pasti ed una poltrona. Era arredato in modo semplice e tipico dei rifugi di montagna: parquet in legno scuro, travi a vista, tappeti davanti al camino... Non c'erano però ne animali impagliati ne trofei di caccia. Gli spazi erano riempiti di mensole ricolme di libri impolverati. Altre due stanze completavano quello che era un semplice luogo dove rifocillarsi dopo una lunga giornata di lavoro nei boschi: un bagno piccolo ma accogliente ed un ripostiglio con vestiti, armi e cianfrusaglie varie. All'esterno invece, unita alla casa, c'era la segheria dove tagliavano i tronchi e dove si dilettavano a costruire oggetti in legno.

Mentre i fratelli preparavano la cena, un gemito attirò la loro a attenzione. «Si sta svegliando!» esclamò Philip.

Il fratello maggiore si precipitò ai piedi del letto: «Ciao... Io sono Stephan e loro sono i miei fratelli...» cercò di rassicurare la ragazza, notando l'espressione terrorizzata sul suo volto. «Tu come ti chiami?» le chiese poi.

«Io... ma dove sono?» chiese lei in stato confusionale, gemendo dopo aver provato a rialzarsi dal letto.

«Ti abbiamo trovata nel bosco, eri ferita. Ti ho medicato... ho dovuto metterti dei punti di sutura, perciò è meglio se non ti muovi troppo. Hai fame?» le chiese ancora Ste in evidente imbarazzo, mentre i suoi fratelli si gustavano quella scena esilarante dalla cucina.

La giovane non riusciva a mettersi seduta e la sua espressione rimase quella di terrore, mentre si guardava intorno. Ste si avvicinò di più al letto, con cautela, come si fa con un animale selvatico per non spaventarlo.

«Non avere paura. Noi vogliamo aiutarti» disse dolcemente il ragazzo, sedendosi sulla sedia posta in precedenza di fianco alla giovane.

«Non mi ricordo...» iniziò a parlare lei.

«Cosa non ricordi?»

«Nulla. Non ricordo nulla.»

«Non preoccuparti. La memoria ritornerà, sei solo molto scossa. Non sai come ti sei ferita?»

Lo sguardo di Ste si perse in quello di lei. La ragazza sembrò rilassarsi, immersa nei suoi occhi sinceri. Sul viso del ragazzo un dolce sorriso fece distendere anche le labbra sottili di lei, mentre gli altri due ragazzi in dispare osservavano la scena, un po' divertiti ed un po' increduli: il loro fratellone non era mai stato così amabile e premuroso con nessuna donna prima di quel momento. A differenza degli altri due, Ste tendeva ad evitare l'altro sesso, a tal punto che i fratelli pensavano non ne fosse affatto attratto. In quel caso dovettero ricredersi, l'attrazione verso quella misteriosa donna era evidente!

«No. Solo... Credo di chiamarmi Lilith. È tutto ciò che ricordo» aggiunse infine lei.

«Bene, Lilith. Noi ti aiuteremo a ricordare cosa ti è successo. Ora riposati, ti porto qualcosa da mangiare. Devi rimetterti in forze.»

La ragazza gli sorrise ancora: «Grazie».

« "Ti porto qualcosa da mangiare, devi rimetterti in forze"...» gli fece l'eco il fratellino, ridendo, mentre Ste controllava il polpettone nel forno.

«Non fare l'idiota, voglio solo essere gentile. Non hai visto quanto è spaventata?»

«Già, e abbiamo visto anche quanto tu sia dolce e premuroso!» esclamò Tony con aria divertita.

Il fratello maggiore ignorò l'ironia dei due e continuò a cucinare, ma dentro di se sentiva qualcosa che non aveva mai provato prima di quel momento. Era rimasto affascinato dalla sconosciuta e sentiva un senso di protezione nei suoi riguardi, come se quella donna gli fosse stata mandata per essere protetta, e lui l'avrebbe fatto ad ogni costo.

È qualcosa che accade e basta. Non puoi farci nulla, quando l'amore ti trova, non puoi scappare.

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