LIBRO 1 - Capitolo 5 Adriel João
Ripresi gli allenamenti e la vita quotidiana più sereno. Come mi promise, io e papà andammo a villa San Francisco per fare i controlli medici.
Compresi subito che papà lì era di casa per la confidenza che aveva con lo staff. Erano medici e infermieri, ma sembravano una grande famiglia.
Mentre papà era a fare gli esami io incontrai la psicologa, che mi spiegò la causa della mia fobia.
"Dipende dalla prima volta in cui hai provato una vera paura. Una grande paura legata alla morte." Mi spiegò.
La morte? "Perché ero stato male?" Chiesi.
Lei scosse la testa. "Il discorso è molto più complesso. Eri stato male, ma eri anche solo, quindi in aggiunta al dolore fisico c'era quello emotivo per cui ti sentivi abbandonato. In un luogo a te sconosciuto dove eri circondato da degenti gravi. In contemporanea a te, arrivò al pronto soccorso anche un altro paziente con la milza perforata. I medici provarono a rianimarlo incuranti della tua presenza."
"Perché i miei genitori non erano con me?" Chiesi.
"Loro erano a Sao Paolo per via del lavoro di tua madre, ti portarono in ospedale con la scuola e tua nonna ti raggiunse lì. Ma nel tuo inconscio anche stare con lei per te era un abbandono. Sono state tante casualità che si sono incrociate a farti arrivare al punto di stare male in ospedale."
Sospirai. La guardai attentamente per poi riportarle il mio dubbio. Anche se il professor Barrow mi aveva alleggerito l'animo. "Avevo intenzione di studiare medicina, crede sia importante per me superare questa fobia?
"Sono contenta che tu abbia già le idee chiare sul tuo futuro." Disse lei. "Ma non posso assicurarti che tu guarisca facilmente, le fobie nascono dal profondo del nostro inconscio. Credo dipenda tutto dalla tua forza di volontà, perché sai che l'ospedale è una struttura come tutte le altre. Devi trovare la forza di reagire alle tue paure." Mi spiegò.
"Capisco. Quindi è inutile fare la ipnoterapia." Dissi.
"Probabilmente ciò di cui hai bisogno è sicurezza in te stesso. Volendo fare il dottore penso tu sappia che la morte è una realtà, come anche l'abbandono di chi amiamo per mano di questa."
"Giustamente mi ero viso d solo. All'epoca però avevo solo cinque anni e non comprendevo queste cose." Dissi ringraziando.
Raggiunsi mio padre che aspettava in sala di attesa e quando fummo soli in auto gli chiesi come era andata.
"Dobbiamo aspettare l'esito degli esami." Affermò. "Tu invece?" Chiese.
"'Molto bene." Dissi piatto. "Senti papà..."
"Dimmi figliolo. Ti ascolto!" Mi disse lui con rassegnazione. Probabilmente pensava che volessi parlare della sua malaria e del fatto che fosse sterile o che avesse menzionato il mio vero padre. Ma non mi soffermavo su quelle cos'è memore del discorso che avevo sentito dieci anni prima. Mio padre era Pedro Suarez.
"Volevo dirti. Ho conosciuto una ragazza... e ci siamo baciati." Dissi.
Papà mi fissò interdetto dopodiché scoppiò a ridere. "Il mio bambino sta diventando un uomo." Disse.
"Guarda che non è divertente. Ti sto parlando di una cosa seria." Gli dissi.
Lui sogghignando annuì. "Scusami, è che sei tutto rosso. Ti piace lei?" Chiese.
"È carina. Il problema non è lei, sono io." Ammisi. "Cioè... ecco ho reazioni che..."
"Sono normalissime." Disse papà. Fermò l'auto e mi guardò attentamente. "Reazioni fisiche che provi quando vedi qualcuno che ti piace. Quando vi baciate o vi toccate. È tutto normale figlio mio.”
“Cosa dovrei fare? Papà io vorrei…” Dissi imbarazzato.
“Seguire il tuo istinto. Se ti piace qualcuno e approva, tu fallo. Ricorda sempre di avere rispetto per il tuo partner, è la cosa più importante. Se lei non vuole tu non prendi! Se lei vuole assicurati di darle quanto più piacere possibile, perché così sarà più bello anche per te.”
Assorbii tutto come una spugna. Dopo il comportamento, papà mi ricordò di assicurarmi sempre un rapporto sicuro, così da evitare le complicanze come gravidanze e malattie.
“Poi un giorno incontrerai la persona a cui concederti per sempre. Ma nel frattempo impara a divertirti Adriel.”
Annuii. “Ma non devo aspettare di sposarmi? Cioè a me Milena piace, ma non penso che la sposerò.”
“Ragazzo mio hai quindici anni! Perché dovreste sposarvi per stare insieme?” Mi chiese papà.
“Papà non si può senza… Cioè bisogna sposarsi!” Dissi.
“Figlio mio chi ti ha detto queste cose? La nonna?” Chiese papà.
“Lo dicono anche in chiesa!” Dissi imbarazzato.
“Oh… ti dirò. Se avessi sentito la nonna o il parroco me ne sarei pentito amaramente. Con tua madre era unico e speciale avere rapporti, fare l’amore..” disse papà. “Ma anche il sesso prima di lei è stato bello e meno male che l’ho fatto. Sono state esperienze importanti, come anche per tua madre, tanto serve.”
“Il mister dice di non fare sciocchezze e sentire padre Francesco.” Dissi.
“Non fare sciocchezze per non farti male.” Disse papà. “Puoi stare con la tua ragazza, la cosa importante è non sforzare il fisico prima di una partita e non parlo solo di rapporti. Ma in via generale, prima di una partita dormi e riposa il fisico.”
“Quindi posso…” chiesi titubante.
“Puoi! Anzi approfittane finché può. Non si sa mai cosa può succedere nella vita.” Mi disse.
Io lo fissai serio. “Parli del tumore?” Chiesi.
Dopo che me ne avevano parlato apertamente mi ero informalo e sapevo cosa era successo a papà.
Infatti lui annuì. “Potrei dire che sono un uomo a metà.” Mi disse rassegnato.
“Perché non puoi avere più figli?” Chiesi.
“Non sono solo i figli! È tutto.” Spiegò. “Quando ero ragazzo ero ossessionato dal voler diventare un campione. Anche quando conobbi tua madre e la sposai. Il calcio era per me più importante di tutto, volevo diventare un campione a livello internazionale, fare soldie avere successo. Mi dicevo che eravamo giovani.” Disse amareggiato.
“Cosa è successo?” Chiesi curioso, ormai eravamo in argomento e io non avevo mai sentito mio padre così sincero e loquace.
“Il rumore ovviamente.” Disse papà. “Stroncò tutti i miei sogni. Sia di carriera, che di famiglia. La chemioterapia mi ridusse uno straccio, non potevo più giocare e tua madre dovette cercare un lavoro dall’oggi al domani, col solo diploma che aveva.” Raccontò. “Tu sei un ragazzo fortunato Adriel, poiché studi e puoi permetterti di studiare. Tua madre invece, veniva da una famiglia povera che a malapena riusciva a sbarcare il lunario. Quando mi ha sposato, ha litigato con i suoi genitori poiché loro preferivano sposasse qualcuno di più ricco, che sistemasse tutta la famiglia .”
“Sei serio?” Chiesi io interrompendolo.
Lui annuì. “Non ti sei mai chiesto perché hai conosciuto solo i miei genitori?” Rispose lui. “È vero, oggi abbiamo una vita agiata. Una casa molto bella e nostra. Ma non è a me che bisogna ringraziare per quella casa. Quando è arrivato il tumore, io ho perso tutto, i risparmi che avevamo abbiamo dovuto metterli tutti, nelle cure e nella terapia. Non giocavo più a calcio e tua madre aveva dovuto rimboccarsi le maniche. Fortunatamente trovò un lavoro come segretaria di Thomas Keller e fu la nostra salvezza.” Disse papà.
Conoscevo quel nome troppo bene. Era vivo nella mia memoria da quando avevo quasi sei anni. “Quell’uomo non solo diede un lavoro a tua madre, ma diede anche una nuova speranza per la nostra famiglia. Thomas volle conoscermi e so che non era previsto ciò che lui fece per me, disse infatti a tua madre che la società copriva le spese mediche di tutti i dipendenti. Ci mise a disposizione i migliori medici e mi fece trasferire a Boston per l’intervento. Una volta operato poi mi disse che sarei stato seguito in una clinica, la San Francisco, ho scoperto poi che era una clinica privata.”
“La clinica dove sono stato anche io?” Chiesi.
“Proprio. Ogni volta che andiamo in difficoltà, Thomas interviene immediatamente. Tua madre pensa che Julio le riferisca tutto ciò che accade.”
“Non l’ho mai visto.” Affermai sinceramente. Avevo sentito la sua voce, adesso sentendo parlare di lui montò in me il desiderio di conoscerlo.
“Non lo vedrai!” Disse papà. Lo guardai intanto due papà continuava senza darmi modo di parlare. “Thomas è… tu somigli a lui!” Disse papà quasi non trovasse le parole.
Me lo aveva detto! Sprofondai nel mio seggiolino sconvolto. Non ero suo.
“Anche i tuoi fratelli.” Continuò papà. “Quando ti operasti, Thomas ci chiese di farti crescere con dei fratelli. Io e tua madre non lo capivamo all’epoca, siamo figli unici e ci è sempre andato bene avere solo te. Thomas però insistette! Ci disse che c’erano degli embrioni solo per noi, per farti avere la possibilità di avere un fratello.”
“Fecondazione in vitro.” Affermai. Ero nato così! Senza che i miei genitori avessero rapporti.
“Giusto! All’inizio io e tua madre eravamo contrari, nonostante Thomas ci aveva assicurato che si sarebbe comportato come un qualsiasi donatore, senza pretendere la paternità di nessuno di voi. Per questo non lo vedrai mai Adriel. Noi eravamo comunque reticenti, Thomas ha una sola priorità, ovvero il benessere dei suoi figli. Che lo si voglia o meno lui ti riconosce come tale anche se non si espone. Quando è morto Miguel, ci ha chiesto ad esempiodi cambiarti scuola.”
“Ha chiesto lui che venissi inserito al Santa Maria?” Chiesi sorpreso. “Sapeva di Miguel?”
“Si! Dopo la morte di Miguel anche noi abbiamo pensato fosse giusto così. Stavi isolandoti da tutti e cambiare aria ti ha giovato. Poiché la richiesta di adozione ancora non era stata accettata decidemmo anche di usufruire del dono di Thomas.Fu così che nacque Raguel.”
“Era troppo tardi papà.” Dissi sospirando. “La adoro, le voglio bene. Ma un fratellino lo avrei voluto molto prima e lo sai.”
“Lo disse anche Thomas quando seppe di Raguel.” Rispose papà. “Ci disse, adesso è grande! Ci fosse stato un fratello tra lui e Raguel sarebbe stato diverso. Ma adesso è grande. Tu poi hairifiutato Raguel in maniera assoluta.”
“E avete deciso di avere un altro bambino.” Dissi
“Fu sempre Thomas. Quando venne in filiale, ci fece vedere una foto dove c’erano i suoi bambini che giocavano a calcio. C’era Gabriel, il più grande, che aveva cura del fratello più piccolo. E disse: voglio farvi vedere ciò che mi piacerebbe avesse Raguel.” Disse papà. “Tu sei un figlio straordinario Adriel, ma non ti vedo mai anche con amico. Anche a calcio…”
“Papà è una squadra agonistica. Li competiamo tutti tra di noi. Vogliamo essere tutti il campione.” Ammisi.
“Lo so! Ti ricordo che giocavo anche io. Anche tu vuoi diventare un campione, vero Adriel?” Mi chiese papà.
Lo volevo? Mi chiesi. Anche se conoscevo la risposta, volevo diventare un medico. Ma… quello del calciatore di successo era il sogno non avverato di papà. Così… “Si! Voglio diventare il migliore papà.”
Lui mi sorrise. “Sono contento Adriel. Ascoltami…” disse.
Io annuii. “Dimmi tutto.”
“Dopo tanti anni finalmente ci è stata accettata la richiesta di adozione. Settimana prossima arriverà a casa nostra una bambina, si chiama Corinna.”
Io annuii. “Ci penso io a lei papà.” Dissi.
“Perfetto ragazzo.” Disse papà mettendo un moto. “Andiamo adesso, altrimenti mamma sarà in pensiero.
Più avanti si scoprì che papà aveva un tumore maligno sul braccio sinistro. Era asportabili e ancora non aveva fatto metastasi. Così fu operabile, sempre a villa San Francisco. Dovette iniziare un ciclo di chemioterapie, ma era il minore dei mali in confronto alla morte.
Compresi in quel periodo che le cure che seguiva erano devastanti e compresi anche perché aveva dovuto rinunciare al calcio e qualsiasi altro lavoro. Compresi anche il motivo per cui aveva aperto crianças de rua, la sua associazione calcistica. In questo modo poteva continuare ad allenare.
Ebbi la mia prima esperienza di sesso, anche se con Milena non continuò a lungo. Fu bello, mi piacque molto come anche le volte successive con le altre ragazze.
Non riuscivo mai ad averne una fissa. Nonostante ciò non ne facevo un dramma. Come mi aveva detto anche papà, ero solo un ragazzo. La mia dedizione andava solo al calcio e allo studio.
