Prologo
Candace
Quando sono stata adottata avevo solamente tre anni. Ricordo vagamente la sensazione di essere sollevata da un posto freddo e sterile, con pareti bianche e voci distanti, per essere portata in una casa calda e accogliente. La casa dei Blake. Non appena sono entrata nella loro vita, mi hanno accolto con braccia aperte e cuori pieni d'amore. Avevano già un figlio, Bryley, che aveva sei anni all'epoca. Mi ricordo di lui come un ragazzino dal sorriso furbo e dagli occhi brillanti, sempre pronto a mettersi nei guai.
Non ci è voluto molto prima che diventassimo migliori amici. Era come se fossimo sempre stati destinati a stare insieme. Passavamo le giornate a inventare storie sotto le lenzuola, facendoci coraggio a vicenda durante i temporali notturni e combinando piccoli pasticci che facevano ridere i nostri genitori. Mi ricordo di una volta, quando avevo circa cinque anni e Bryley otto, che avevamo deciso di fare una "spedizione segreta" in cucina per rubare i biscotti appena sfornati da nostra madre, Aurora. Il piano era perfetto, ma Bryley finì per rovesciare una scatola di farina su di me, facendomi sembrare un piccolo fantasma. Aurora ci scoprì subito, ma invece di arrabbiarsi, scoppiò a ridere e ci abbracciò entrambi, dicendo che eravamo i suoi piccoli pasticcioni.
Man mano che crescevo, il mio amore per la medicina iniziò a prendere forma. Passavo ore a leggere libri e a sognare di diventare un medico. Bryley, d'altra parte, diventava sempre più ribelle. Tornava a casa ogni sera con qualche nuovo graffio o con qualcosa di rotto. Ricordo che una volta tornò con un braccio ingessato, dicendo che era caduto da un albero mentre cercava di recuperare un pallone. Ero preoccupata per lui, ma anche affascinata dal suo spirito libero e indomito.
Nonostante la sua natura ribelle, Bryley era sempre protettivo nei miei confronti. Guai a chiunque osasse guardarmi in modo inappropriato o dire qualcosa di sgarbato su di me. Mi accorgevo che serrava i pugni ogni volta che qualcuno mi guardava come lui. E a dire il vero, mi faceva piacere. Mi sentivo al sicuro con lui, come se nulla di male potesse accadermi finché Bryley era al mio fianco.
I nostri genitori gestivano un motel un po' particolare, un posto per coppie che volevano divertirsi con giochi erotici. Da bambina non capivo esattamente di cosa si trattasse, ma crescendo iniziai a comprendere. Ricordo le notti in cui passavo davanti alle stanze del motel e sentivo urla e gemiti provenire dall'interno. Mi facevano sentire strana, confusa, ma anche curiosa. Mi chiedevo cosa stesse accadendo là dentro e perché le persone facessero quei rumori. Bryley sembrava non curarsene, o forse era solo bravo a nasconderlo.
Quando avevo diciassette anni, i miei pensieri iniziarono a diventare più complessi. Non potevo negare a me stessa che mi piaceva l'idea di entrare in una di quelle stanze con Bryley. Solo al pensiero diventavo rossa come un peperone. Tutt'ora, a ventun'anni, mi sento ancora imbarazzata al riguardo. È un segreto che ho nascosto nel profondo del mio cuore, qualcosa che non ho mai osato confessare a nessuno, nemmeno a lui.
Oggi, siamo seduti sul dondolo del giardino, proprio come facevamo da bambini. Aurora è in cucina a preparare la cena e sentiamo Marcus, nostro padre, chiedere: «Vino rosso frizzante o bianco?»
Il sole sta tramontando, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosa. Mi sento tranquilla, ma poi Bryley mi guarda con quel suo sguardo penetrante.
«A cosa stai pensando, principessa?»
Mi chiede, rompendo il silenzio. Sento il cuore battere più forte e cerco di nascondere l'imbarazzo.
«Mmm, a nulla!»
Rispondo rapidamente, sperando che non insista.
«Sicura? Allora perché sei così rossa?»
Insiste, con un sorriso malizioso.
«Lasciami in pace, re ribelle...»
Sussurro, cercando di non guardarlo negli occhi.
«Come vuoi, principessa».
Dice, alzando le mani in segno di resa. Quel soprannome, "principessa", mi ha sempre dato sui nervi e allo stesso tempo mi ha fatto sentire speciale. È un mix di amore e odio, una sensazione che solo Bryley può suscitare in me.
Ripenso a tutti quei momenti passati insieme, ai nostri giochi, alle nostre risate. C'è un ricordo in particolare che mi torna alla mente. Una notte, quando avevo circa quindici anni, Bryley e io stavamo tornando a casa dopo una festa. Era buio e faceva freddo. Bryley mi aveva messo il suo giubbotto sulle spalle per tenermi al caldo. Ci eravamo fermati al bordo di una collina, guardando le luci della città sotto di noi. Lui mi aveva abbracciata e in quel momento avevo sentito una sensazione di pace assoluta. Era come se il mondo intero si fosse fermato solo per noi due.
Tornando al presente, mi rendo conto che Bryley mi sta ancora osservando.
«Cosa c'è?»
Gli chiedo, cercando di sembrare noncurante.
«Niente, solo che ti vedo pensierosa».
Risponde.
«Sai che puoi dirmi tutto, vero?»
Sospiro, sapendo che ha ragione. Ma alcune cose sono troppo complicate da spiegare, anche a lui.
«Sì, lo so».
Dico semplicemente.
«Grazie, Bryley».
