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7

Bryley

Quando arrivo al mulino, la notte sembra più scura del solito. Mi affretto a spegnere il motore e a scendere dall'auto. Candace dorme profondamente sul sedile posteriore, il respiro lento e regolare, un sollievo rispetto al caos di emozioni che abbiamo appena lasciato alle spalle. La guardo per un attimo, il cuore stretto in una morsa di colpa. Non so come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto, ma so che in qualche modo ne sono responsabile. Ogni decisione sbagliata, ogni parola non detta, sembra pesarmi addosso come un macigno.

Apro delicatamente la portiera e mi chino per sollevarla, cercando di non svegliarla. È leggera tra le mie braccia, il suo corpo rilassato nel sonno, ma la tensione che ho visto in lei non mi abbandona. Candace non dovrebbe mai essere ridotta a questo, e la consapevolezza che in parte è colpa mia mi schiaccia. Chiudo la portiera con un colpo secco, poi mi dirigo verso la casa, dove so che Callahan mi sta aspettando.

Appena entro, lo vedo lì, fermo vicino alla porta della cucina, con le braccia incrociate sul petto. Il suo volto è segnato dalla preoccupazione, le sopracciglia aggrottate. Appena mi vede, la sua espressione si fa ancora più seria.

«Come sta?»

Mi chiede, la voce bassa e carica di ansia.

«Cosa è successo?»

Mi fermo davanti a lui, Candace ancora tra le braccia. Vorrei rispondergli subito, ma le parole mi muoiono in gola. Non so nemmeno da dove cominciare. Alla fine, l'unica cosa che riesco a dire è: «Ora sta dormendo...»

Poi aggiungo, con un peso sul cuore che mi sembra impossibile da sopportare: «È colpa mia...»

Callahan scuote la testa, il suo sguardo penetrante che mi scruta come se potesse vedere dentro di me.

«Non è il momento di incolparti, Bryley. Quello che conta ora è che Candace si riprenda. Portala in camera e resta con lei».

Annuisco lentamente, anche se dentro di me so che non sarà così semplice. C'è qualcosa di profondamente rotto tra di noi, e non sono sicuro di sapere come ripararlo. Ma per ora, seguo il consiglio di Callahan. Senza aggiungere altro, mi avvio su per le scale, cercando di non far rumore mentre porto Candace in camera. Quando arrivo, la adagio sul letto con tutta la delicatezza di cui sono capace. La vedo stirarsi nel sonno, il volto finalmente rilassato. Le tiro la coperta fino al collo, cercando di farla stare al caldo, e poi mi siedo accanto a lei, senza sapere davvero cosa fare.

Il silenzio della stanza è quasi opprimente. Mi appoggio alla testata del letto, sentendo il corpo che finalmente si arrende alla stanchezza accumulata. Eppure, non riesco a chiudere gli occhi. I pensieri corrono veloci, impazziti, senza che riesca a fermarli.

Dovrei chiamare mia madre e mio padre. Dovrei far sapere loro che siamo qui, che Candace è con me e che non devono preoccuparsi. Ma non riesco a muovermi, non riesco a prendere il telefono. La mia codardia mi tiene bloccato, e la consapevolezza mi rode dentro. Mi sento un vigliacco.

Poi sento Candace che mormora qualcosa, e mi volto immediatamente verso di lei. La sua voce è debole, come se stesse sognando.

«Bryley...?»

Sussurra, senza aprire gli occhi.

Le rispondo sottovoce, cercando di rassicurarla.

«Shh, dormi... Sono qui...»

Lei si muove leggermente, girandosi e rannicchiandosi ancora di più contro di me. Il suo calore mi dà un conforto che non merito, ma non posso fare a meno di stringerla un po' di più, sperando che in qualche modo il mio abbraccio possa darle un po' di pace.

Rimaniamo così per un tempo che non so misurare. Io sono sveglio, incapace di chiudere occhio, mentre Candace continua a dormire. È un sonno agitato, però, e lo vedo dalle piccole contrazioni dei muscoli del suo viso, dalle espressioni che attraversano il suo volto ogni tanto. Vorrei poter entrare nei suoi sogni, rassicurarla anche lì, ma non posso farlo. Posso solo starle accanto, come dovrei sempre aver fatto.

Improvvisamente, sento bussare alla porta. È Callahan. Mi alzo lentamente, cercando di non svegliare Candace, e vado ad aprire.

Callahan tiene un vassoio tra le mani, su cui sono sistemati dei piatti con qualcosa da mangiare. Il suo volto è serio, ma c'è una gentilezza nei suoi occhi che non posso ignorare.

«Ho portato qualcosa per voi».

Dice, entrando nella stanza e posando il vassoio sul comodino accanto al letto.

«Se si sveglia, falla mangiare. E mangia anche tu».

Annuisco, anche se la mia gola è stretta e non credo di riuscire a mandare giù neanche un boccone.

«Grazie».

Riesco a dire, anche se la parola sembra vuota rispetto a tutto quello che mi passa per la mente.

Callahan mi guarda per un attimo, poi sospira.

«Bryley, so che ti stai tormentando per tutto questo, ma devi pensare a Candace ora. Non puoi permetterti di crollare».

Mi volto verso Candace, il cuore stretto dalla colpa.

«Non so come fare, Callahan. Non so nemmeno se sono in grado di darle quello di cui ha bisogno...»

«Non devi avere tutte le risposte subito».

Risponde Callahan, con una saggezza che mi ricorda mio padre.

«Devi solo essere qui per lei, ascoltarla quando sarà pronta a parlare. E soprattutto, devi smettere di incolparti. Non è mai semplice quando si ama qualcuno, ma il senso di colpa non ti porterà da nessuna parte».

Vorrei credergli, vorrei poter accettare quelle parole e lasciarmi alle spalle tutto questo dolore. Ma non è così facile.

«E se non fossi abbastanza?»

Chiedo, la voce incrinata dalla paura.

«E se non riuscissi a riparare tutto quello che è andato storto?»

Callahan mi guarda intensamente, poi posa una mano sulla mia spalla.

«La vita è fatta di tentativi, Bryley. Non esiste la perfezione, non esiste il momento giusto per fare tutto nel modo giusto. Ma esiste l'impegno, la volontà di provarci. E tu ce l'hai».

Non so cosa rispondere, perché la verità è che non sono sicuro di niente. Ma annuisco comunque, perché in qualche modo quelle parole mi danno un po' di speranza.

«Resterò qui con lei».

Dico infine, e lui annuisce, soddisfatto.

«Fallo».

Risponde, lasciandomi con un'ultima stretta sulla spalla prima di uscire dalla stanza.

Rimango lì, accanto al letto, mentre Candace continua a dormire. Guardo il vassoio che Callahan ha lasciato e sento un'ondata di gratitudine per lui. Non sono solo in questo, per quanto a volte mi senta così.

Mi risiedo accanto a Candace, prendendole una mano tra le mie. È così piccola, così fragile, eppure so che dentro di lei c'è una forza che può superare tutto. Devo solo ricordarle che non è sola, che io sono qui con lei, anche se non sempre sono stato all'altezza.

Rimango sveglio per tutta la notte, la mente in un vortice di pensieri e paure. Ma stringo la mano di Candace e non la lascio andare. Non la lascerò andare mai più.

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